Gli animali hanno un’anima? (prima parte)
1 novembre 2001Molte sono le “antiche superstizioni religiose” dell’Oriente che spesso ed incautamente le nazioni occidentali deridono ma niente è più ridicolizzato e praticamente sfidato del grande rispetto che il popolo orientale ha per la vita animale. I mangiatori di carne non possono simpatizzare con coloro che se ne astengono totalmente. Noi europei siamo delle nazioni di barbari civilizzati e solo pochi millenni ci divido no dai nostri antenati cavernicoli che succhiavano sangue e midollo da ossa non cotte.
Quindi, è del tutto naturale che quanti tengono in cosi poco conto la vita umana nelle loro frequenti e spesso inique guerre, non si curino affatto delle sofferenze mortali della creazione animale, e sacrifichino giornalmente milioni di vite innocenti, inoffensive; perché siamo troppo epicurei per divorare bistecche di tigre o cotolette di coccodrillo, ma dobbiamo avere per cibo agnelli teneri e fagiani dalle piume dorate.
Tutto ciò è conforme alla nostra era di cannoni Krupp e di vivisettori scientifici. Non è quindi il caso di meravigliarsi che l’impietoso europeo possa ridere del mite indù che rabbrividisce al pensiero di uccidere una vacca, o che possa rifiutarsi di simpatizzare con il Buddhista e lo Jain nel loro rispetto per la vita di ogni creatura senziente, dall’elefante al moscerino.
Ma se il cibarsi di carne è davvero diventato per le nazioni occidentali una necessiti vitale, “la scusa del tiranno”!, se una moltitudine di vittime, in ogni città, borgo e villaggio del mondo civilizzato deve assolutamente essere macellata ogni giorno nei templi della divinità denunciata da San Paolo e adorata dagli uomini “il cui Dio è il loro ventre”, se tutto ciò e molto di più non può essere evitato nella nostra “era di Ferro”, chi
può avanzare la stessa scusa per lo sport? Pescare, sparare e cacciare, i più affascinanti di tutti i “divertimenti” della vita civilizzata, sono certamente riprovevoli dal punto di vista della filosofia occulta, i più delittuosi agli occhi del seguaci di quei sistemi religiosi che sono il risultato diretto della Dottrina Esoterica, l’Induismo e il Buddhismo.
E’ del tutto senza una buona ragione che gli aderenti a queste due religioni, ora le più vecchie del mondo, considerino il mondo animale, dai grandi quadrupedi a gli insetti infinitesimali, come loro “fratelli minori”, per quanto ridicola appaia questa idea ad un europeo? Su tale argomento saranno fatte in seguito due considerazioni.
Comunque, per esagerata che possa sembrare questa opinione, è però certo che pochi di noi sarebbero capaci di raffigurarsi senza rabbrividire le scene che si svolgono ogni mattina negli innumerevoli mattatoi del cosiddetto mondo civilizzato, oppure quelle rappresentate giornalmente durante la “stagione della caccia”. il primo raggio di sole non ha ancora risvegliato la natura assopita, che in ogni punto dell’orizzonte miriadi di ecatombe sono già state approntate per salutare il sole sorgente. Mai il Moloch pagano fu rallegrato da un grido di agonia delle sue vittime paragonabile al pietoso lamento che in tutti i paesi cristiani risuona attraverso la natura come un lungo inno di sofferenza, tutto il giorno ed ogni giorno, dalla mattina fino alla sera. Nell’antica Sparta, i cui severi
cittadini non erano in alcun modo suscettibili ai delicati sentimenti del cuore umano, un ragazzo se dichiarato colpevole di aver torturato un animale per divertimento, era messo a morte come uno la cui natura era cosi profondamente malvagia, che non gli si poteva permettere di vive re. Ma nell’Europa civilizzata, che progredisce rapidamente in tutto salvo che nelle virtù cristiane, la forza rimane ancora oggi sinonimo di diritto. La
crudele pratica, totalmente inutile, per puro sport, del massacro d’innumerevoli animali non è in nessun posto sostenuta con più fervore come nell’Inghilterra protestante, dove i misericordiosi insegnamenti del Cristo hanno a malapena resi i cuori umani più miti di come lo erano ai tempi di Nimrod, “il potente cacciatore al cospetto del Signore”. Le etiche cristiane sono trasformate tanto comodamente in sillogismi quanto quelle “pagane”. Un giorno un cacciatore disse all’autore che, poiché “non un passero cade al suolo senza la volontà del Padre” lui, che ammazza per sport diciamo un centinaio di uccelli, compie, in tal modo, cento volte la volontà del Padre suo!
Tale è la sorte pietosa delle povere creature animali, freddate come per una implacabile fatalità dalla mano dell’uomo. L’anima razionale dell’essere umano sembra essere nata per diventare l’assassina dell’anima irrazionale dell’animale, nel pieno senso della parola, da quando la dottrina cristiana insegna che l’anima dell’animale
muore assieme al suo corpo. La leggenda. di Caino e di Abele non potrebbe avere avuto un doppio significato? Guardiamo ora all’altra disgrazia della nostra dotta era, i mattatoi scientifici chiamati ”aule di vivisezione”. Entrate in una di queste aule, a Parigi, e guardate Paul Bert, o qualche altro di questi uomini, così giustamente chiamato “il dotto macellaio dell’Istituto”, intento al suo orrendo lavoro. Non devo fare altro che tradurre la convincente descrizione di un testimone visivo, di uno che ha studiato a fondo il modus operandi di questi “carnefici”, quella di un noto scrittore francese:
(La vivisezione) è una specialità dei mattatoi scientifici dove la tortura, scientificamente economizzata dai nostri boia-accademici, è applicata per giorni interi, settimane, e perfino mesi, alle fibre e ai muscoli di una stessa vittima. Essa (la tortura) fa uso di qualsiasi e di ogni genere di arma, esegue le sue dissezioni davanti ad un uditorio spietato, divide ogni mattina i lavori fra dieci apprendisti alla volta, di cui uno lavora sull’occhio, un altro su una zampa, il terzo sul cervello, un quarto sul midollo; e le cui mani inesperte riescono nondimeno, verso sera, dopo una dura giornata di lavoro, a mettere a nudo tutta questa carcassa viva che hanno avuto l’ordine di scalpellare, e che la sera è accuratamente depositata in uno scantinato in modo che il mattino successivo ci
si possa lavorare di nuovo su, se solo un filo di vita e di sensibilità è ancora rimasto nella vittima! Sappiamo che i fautori della legge Grammont hanno cercato di ribellarsi contro questo abominio, ma Parigi si è dimostrata ancor più inesorabile di Londra e di Glasgow.[2]
Helena P. Blavatsky – da Esonet