Gli animali hanno un'anima? (terza parte)
6 novembre 2001Ma chi scrive non predica il vegetarianesimo, semplicemente difende “i diritti
dell’animale” e cerca di dimostrare 1’errore di non tenere conto di tali diritti sull’autorità
della Bibbia. Inoltre, sarebbe perfettamente inutile discutere con chi vorrebbe ragionare
basandosi su interpretazioni errate. Chi respinge la dottrina dell’evoluzione troverà
sempre la sua strada lastricata di difficoltà, quindi, non ammetterà mai che e molto più
coerente con i fatti e con la logica considerare l’uomo fisico semplicemente come il
riconosciuto modello perfetto degli animali, e l’Ego spirituale che lo informa come un
principio a metà strada fra l’anima dell’animale e la deità (dell’uomo).
Sarebbe inutile dirgli che, a meno che non accetti non solo i versetti della Bibbia citati per sua giustificazione ma anche l’intera massa di contraddizioni e di apparenti assurdità in essa contenute, non otterrà mai la chiave della verità, poiché egli non ci crederà.
Eppure l’intera Bibbia trabocca di carità verso gli uomini e di misericordia e di amore
verso gli animali. Il testo ebraico originale del Capitolo XXIV del Levitico ne è pieno. Il
versetto 18 così tradotto nella Bibbia: “e chi uccide un animale dovrà sostituirlo, animale
per animale”, nell’originale dice “vita per vita” o meglio “anima per anima”, nephesh
tachat nephesh[7]. E anche se il rigore della legge non implicava la condanna a
morte come a Sparta, “l’anima” di un uomo per “l’anima” di un animale, tuttavia una
pesante punizione supplementare era inflitta al colpevole attraverso la sostituzione
dell’animale da lui ucciso con un animale vivo.
Ma questo non era tutto. Nell’Esodo (XX, 11-12) il riposo del giorno del Sabbath si
estendeva al bestiame e ad ogni altro animale. “Il settimo giorno è il sabbath . . non
farai nessun lavoro, né tu, né il tuo . . . bestiame”; e 1’anno sabbatico: “Il settimo anno
tu la lascerai (la terra) riposare e rimanere quieta . . . che il tuo bove e il tuo asino
possano riposare”. E questo comandamento, se esso significa qualcosa1 dimostra che
neppure la creazione animale era esclusa, dagli antichi ebrei, da una partecipazione
all’omaggio alla loro divinità, ma che in molte occasioni era collocata su di una base di
parità con l’uomo. L’intera questione riposa sul malinteso che “l’anima”, nephesh, è
totalmente distinta dallo “spirito”, ruach. Eppure è chiaramente affermato che “Dio
insufflò nelle narici (dell’uomo) il soffio di vita e l’uomo diventò un’anima vivente”,
nephesh, né più né meno di un animale, poiché 1’anima di un animale è anch’essa
chiamata nephesh. E’ attraverso lo sviluppo che l’anima diventa spirito, essendo
entrambi il più basso e il più alto gradino di un’unica e medesima scala la cui base è
l’ANIMA UNIVERSALE, o spirito.
Quest’affermazione fan trasalire quei buoni uomini e donne che, pur amando
enormemente i loro gatti e i loro cani, sono però troppo devoti agli insegnamenti delle
loro rispettive chiese per potere ammettere una simile eresia. Essi certo esclameranno:
“L’anima irrazionale di un cane o di una rana sarebbe divina e immortale come lo sono
le nostre anime?!”, ma così esse sono. Non è il modesto autore di quest’articolo che
afferma ciò, ma niente di meno una autorità che, per ogni buon cristiano, è il re dei
predicatori, San Paolo. I nostri oppositori che con tanta indignazione rifiutano di
ascoltare gli argomenti sia della scienza moderna che di quella esoterica, potranno
forse prestare un orecchio più attento a ciò che il loro stesso santo ed apostolo dice
sull’argomento, la vera interpretazione delle sue parole, inoltre, non verrà data né da
un teosofo né da un antagonista, ma da uno che fu un cristiano buono e pio come
pochi, e cioè un altro santo, Giovanni Crisostomo, che spiegò e commentò le Epistole
paoline, e per il quale i teologi di entrambe le Chiese, la Cattolica Romana e la
Protestante, hanno la più alta considerazione. I cristiani hanno già potuto rendersi
conto che la scienza sperimentale non li appoggia, forse saranno ancor più
spiacevolmente sorpresi nel constatane che nessun Indù potrebbe patrocinare con
maggiore energia la vita animale di quanto lo fece San Paolo nei suoi scritti ai Romani.
In realtà, gli Indù proclamano la compassione per l’animale muto solo in considerazione
della dottrina della trasmigrazione[8], e quindi della identità del principio o elemento che
anima sia l’uomo che l’animale. San Paolo va più lontano, egli mostra l’animale
(Romani VIII,21) che spera e che vive nell’aspettativa della stessa liberazione “dai
legami della corruzione”, come qualsiasi buon cristiano. Le precise espressioni di
questo grande apostolo e filosofo saranno citate nella prosecuzione di questo articolo e
ne sarà mostrato il loro vero significato.
Il fatto che tanti interpreti, Padri della Chiesa e scolastici, tentarono di eludere il reale
concetto di San Paolo non è una prova contro il senso interiore di esso ma, piuttosto,
contro l’onestà dei teologi la cui incoerenza sarà dimostrata in questa circostanza. Ma
alcune persone sosterranno fino in fondo le loro affermazioni, per quanto erronee
siano. Altri, riconoscendo il loro sbaglio iniziale, offriranno, come Cornelio a Lapide, una
onorevole riparazione[9] al povero animale. Indagando sulla parte assegnata dalla
natura alla creazione animale nel grande dramma della vita, egli dice:
Lo scopo di tutte le creature è il servizio dell’uomo Perciò, assieme a lui (al loro
padrone) attendono il loro rinnovamento (cum homine revovationem suam
expectant)[10].
“Servire” l’uomo, non significa di certo essere torturato, ucciso inutilmente e usato in
vari modi; mentre è quasi inutile spiegare la parola “rinnovamento”. I cristiani intendono
con ciò, il rinnovamento dei corpi dopo la seconda venuta del Cristo, e lo limitano al
corpo dell’uomo, escludendo quello dell’animale. Gli studenti della Dottrina Segreta lo
spiegano con il successivo rinnovarsi e perfezionarsi delle forme sulla scala dell’essere
oggettivo e soggettivo, e in una lunga serie di trasformazioni evolutive e ascendenti,
dall’animale all‘uomo.
Questo, naturalmente, sarà ancora una volta respinto con indignazione dai cristiani. Ci
verrà detto che non è cosi che la Bibbia fu spiegata loro, e che dunque il suo significato
non può essere questo. E’ inutile insistere. Molte e deplorevoli nei loro risultati furono le
interpretazioni errate di ciò che il popolo si compiace chiamare la “Parola di Dio”. La
sentenza “maledetto sia Canan, che egli sia lo schiavo degli schiavi dei suoi fratelli”
(Gen. IX 25), generò secoli di miseria e di dolore immeritati per gli infelici schiavi, i
negri. E’ il clero degli Stati Uniti che fu il loro più aspro nemico nella questione
dell’antischiavismo, alla quale si oppose Bibbia alla mano[11] (°). Eppure è provato
che la schiavitù ë stata la causa della naturale decadenza di ogni paese, e perfino
l’orgogliosa Roma cadde perché “nel mondo antico la maggioranza era composta di
schiavi”, come giustamente rileva Geijer. Ma i migliori e più intellettuali scrittori erano da
sempre cosi terribilmente imbevuti di queste numerose interpretazioni errate della
Bibbia, che perfino uno dei loro più grandi poeti, mentre difende il diritto dell’uomo alla
libertà, non assegna tale sorte al povero animale:
“Egli (Dio) ci diede il diritto assoluto solo sulle bestie, sui. pesci a sugli uccelli.
Questo diritto lo abbiamo dalla sua donazione, ma egli non fece 1‘uomo signore
sull’uomo, riservando a se stesso tale prerogativa, l’uomo rimase libero
dall’uomo”,
[Helena P. Blavatsky – da Esonet]