Oltre l'animalismo
18 novembre 2001“Amo gli uomini nella loro umanità e per ciò che essi dovrebbero essere, ma li disprezzo per quello che sono” [Emile Henry]
La gran parte dei vegan (ma anche dei “comuni” vegetariani) dimostrano più nei fatti che nelle parole l’attaccamento al vivente ed una sensibilità verso le sofferenze di vario genere patite dagli animali, molto spiccata e convinta.
Devo, purtroppo, constatare che molti sono e probabilmente rimarranno certi di comportarsi in maniera propositiva e che le azioni derivanti siano efficaci o universalmente riconosciute come “giuste”. Lottano PER gli animali, agiscono PERCHE’ siano liberi e non sfruttati, ma spesso dovremmo agire CONTRO i carcerieri e gli sfruttatori e che non è tanto l’AMORE per la vita, quanto piuttosto l’ODIO ed il DISPREZZO verso chi produce morte nei modi e nei pensieri, CONTRO chi divulga logiche di profitto (ed in particolare mediante sfruttamento e sofferenza), contro chi spregia ogni diversità e se al contrario ne riconosce alcune è perché ha trovato il modo e l’occasione per trarne “giovamento” da essa. Sono convinto che i vegan in particolare non siano tali se non ragionano ( o meglio se non iniziano a ragionare) in termini di opposizione allo sfruttamento ed all’oppressione a 360 gradi.
Lo sfruttamento (animaleed umano) nei luoghi che abitiamo e viviamo si chiamano industrializzazione, capitalismo, sessismo, lavoro, omofobia, “scienza” e più in generale ogni tipo di rassegnazione. In sostanza non vedo come si riesca a ritenere possibile la liberazione degli animali (ma anche dell’uomo dall’animale, data la stretta connessione che i rapporti fra le due specie hanno creato, i primi volenti, gli altri nolenti), se noi stessi che la auspichiamo non siamo liberi, se nella realtà accettiamo il quotidiano sfruttamento delle nostre azioni, delle nostre abitudini e dei nostri pensieri.
Forse è vero anche che è fin troppo facile essere vegan e basta, soprattutto se per fare ciò poi si ricorre a prodotti e modi derivanti da logiche che non dovrebbero appartenerci, che se va male sono di morte, se va bene sono di mercato, a volte quasi compiaciuti di essere trattati come categoria di consumatori, fieri del fatto che l’industria alimentare (per fare un esempio) pensi a noi ed alcuni ritengono persino comprensibile i fatto che economicamente risulti svantaggioso.
Occorre riconoscere lo sfruttamento nelle sue molteplici forme, capirne le logiche e le dinamiche scardinandole, passaggio questo necessario se si vuole raggiungere l’abbattimento delle stesse.
E’ chiaro e noto a tutti che l’attacco agli strumenti che permettono la sofferenza animale siano il piu’ immediato e se vogliamo anche i piu’ facili da colpire, ma dobbiamo oltretutto ricordarci sempre e comunque che non ci sarà liberazione degli uomini, delle donne, del sesso, senza liberazione dal lavoro, dall’economia, dalla sottomissione, dall’obbedienza.
E’ il momento di mettersi in gioco, di affilare le nostre armi, le nostre lingue ed i nostri animi per una sincera soluzione al perpetrarsi del dominio. La lotta è cominciata, rimane solo da scegliere se parteciparvi, ognuno con i mezzi ed i tempi che ritiene necessari, o restare complici di ciò che pensiamo di voler eliminare.
[Paolo]