Una goccia nel mare
15 febbraio 2002Diventare vegetariani (o vegani) è solo a volte una scelta. Credo invece che nella maggior parte dei casi sia una fatalità, un qualcosa che capita, una naturale evoluzione di un essere umano e del suo modo di concepire la realtà al di fuori del proprio corpo. E’ una sensazione inizialmente difficile in tutti i sensi, un malessere dell’anima che fa nascere domande nuove, domande terribili che non mancano di produrre sensazioni poco piacevoli, un momento insomma di disagio, come risulta essere, probabilmente, ogni momento di cambiamento. In questa fase è però possibile, tornerà utile per tutto il resto della nostra vita, saggiare tutte le “false verità” di cui la nostra educazione ci ha riccamente forniti: ricordo che agli inizi sentivo io stesso una sorta di difesa naturale al cambiamento, un qualcosa in me che si opponeva pigramente, e con una certa dose di sarcasmo, al nuovo rifiuto verso la carne. Erano migliaia di frasi sentite dire, pensate e dette; spot pubblicitari, sensazioni del palato, discorsi di nutrizionisti alla televisione, parole dei miei genitori, fatalismi, tipo “tutti dobbiamo morire, anche gli animali, che differenza fa?”; parole di un prete “gli animali non hanno sentimenti”, forse persino la Bibbia e la tanto odiata visione antropocentrica… un pentolone di stupidaggini. Uscirne però richiede tempo. E’ come riprogrammarsi. Riprendere proprie idee, propri (almeno li si credeva tali!) ragionamenti e corregerli passo passo, discutendoli con la propria coscienza è perlomeno tedioso. Sono anni da carnivoro “stupido” che si ribellano, in un certo senso. Si sente quasi una voce, una sorta di ma come è possibile che tutti sbaglino? E se fosse vero, perchè sarebbe permesso questo? Fine della visione positivistica della vita. In questa vita di positivo c’è poco e quel poco è quasi sempre poco visibile, ma è immensamente prezioso: sono le piccole opere, ma questo è un’altra storia. Fino a quel momento, è questo che mi preme dire, si crede che tutto vada bene almeno da quel punto di vista. Sentire che persino lì non c’è giustizia, che, anzi, soprattutto nel campo dell’alimentazione la giustizia non si sa neanche dove stia di casa è una pugnalata. Forse è questa una delle cose che fa più soffrire: il dovere accettare che esiste qualcosa di terribilmente, assurdamente ingiusto, perpetrato giorno dopo giorno, minuto dopo minuto contro esseri senzienti e completamente indifesi del quale, vergognosa scoperta, siamo partecipi.
Sentirsi criminali tutto in un momento non è piacevole. Lo si rifiuta. No, Vostro Onore, io mangio una bistecca, una braciola, mangio del salame, dell’agnello, della carne di cavallo, ma io non uccido queste bestie. E’ la nostra coscienza, proprio non ci sta. Ma la stessa reazione la si può ottenere incalzando un non-vegetariano (un non-consapevole)… provate. Ma le difese cadono, con una velocità che sorprende. Presto ci si rende conto che noi, ultimo anello della catena, noi consumatori, piccoli, poveri davanti alle immense aziende che materialmente la strage la operano, noi, quella catena la tiriamo. E ad un tratto gli altri, quelli delle aziende produttrici, i lavoranti dei macelli e tutte le persone coinvolte nella mattanza diventano quasi innocenti e noi i veri colpevoli. A me è quasi venuto da piangere. Mi sentivo madido di sostanze che provenivano dai corpi di altri animali, animali come me. Voglio essere chiaro: non c’entra nulla con il bello di non assumere grassi animali, con lo stare in linea, con l’ evitare cancro ed infarto… tutte belle cose, di cui magari ti accorgi dopo, ma in quel momento mi accorgevo di avere commesso dei crimini contro la vita, di aver, seppur in modo inconsapevole (ma per mia pigrizia) partecipato ad una ecatombe, di aver favorito un olocausto.
E’ l’inizio di una nuova consapevolezza, che porta ad un senso tremendo di vomito associato al pensiero di nuove assunzioni di carne o pesce, penso che per un vero vegetariano (o vegano) l’assumere escrementi potrebbe essere preferibile all’assumere alimenti di cui un tempo si cibava con gusto, alla stregua di ciò che capita per un non-consapevole rispetto alla carne di un uomo ucciso. Perchè forse è questo il punto. Chi ha raggiunto questo augurabile grado di consapevolezza estende la percezione di essere senziente a tutto il regno animale: un cavallo non è più un insieme di carne, ma diviene un misterioso ed affascinante abitante di un pianeta, sul quale, casualmente, anche noi abitiamo. Merita rispetto, tanto quanto ne meritiamo noi e probabilmente ha una grande ricchezza di sentimenti, forse quanto e più di noi. Sembra incredibile che si possa giudicare l’intelligenza di un altro animale con il nostro metro, con la nostra unità di misura, come se esistesse una sola ed unica forma di intelligenza: la nostra.
Inutile dirlo, non è così ed è grande la nostra stupidità in questo: animali che si adattano al pianeta, che lo rispettano e che, in libertà, sono felici, meritano ammirazione, da parte di chi, sotto il punto di vista della Vita (oppure di Gaia, del nostro pianeta), sta sbagliando. (Ho solo nominato Gaia, per chi fosse interessato a capire cosa sia Gaia ecco il sito dove può reperire tutte le informazioni del caso: www.progettogaia.it)La scelta vegetariana o magari vegana (quasi un gradino successivo) è in definitiva una evoluzione della coscienza umana, alla quale si arriva dopo un cammino travagliato, per qualcuno di più per altri di meno, ma che alla fine si traduce in una gioia immensa, e ad un senso di armonia veramente difficile da descrivere. Cosa viene dopo? Nel mio caso un po’ di rabbia (eufemismo voluto). La gente viene tenuta all’oscuro di tutto. A me dà molto fastidio non essere informato. Ciò che accade agli animali (mi sono sempre ritenuto un amante della natura) io non lo sapevo. Anzi lo sapevo. Ma era diverso ciò che io sapevo. Diverso. Erano sfumature di verità. Me la sono presa (dentro di me, una rabbia personale ma fiera)un poco con tutti (media in prima fila), ma poi ho capito che le cose accadono per gradi. Siamo circa due milioni in Italia, non pochi, credo. Tanti abbastanza da stimolare un altro mercato, alternativo e non cruento. Di questo mi sono sentito felice. Ci sono associazioni a cui ci possiamo iscrivere, la LAV su tutte (credetemi! Fanno veramente tanto e tante leggi buone le dobbiamo a loro, un “loro” a cui da un anno mi sono aggiunto anch’io 🙂 ma anche altre, libera scelta insomma. Questo se non vogliamo fare “fatica” s’intende, ma è già molto aiutare chi già sta lavorando per gli animali, anche se solo con 20 euro all’anno. Se invece siamo davvero interessati a “fare” (materialmente) qualcosa c’è il volontariato, esperienza dura, che però mi sento tranquillamente di consigliare a tutti: personalmente lavoro in un piccolo ospedale degli animali in cui ci sono perlopiù gattini feriti bisognosi di degenza. Sembra una cesta, piena di giocattoli rotti, che nessuno vuole più. Un’ora e mezza a settimana. Ma quegli animali hanno bisogno di aiuto. Forse per la prima volta in vita loro, visto che aiuto, un gattino, lo dà a tutti con la sua capacità di amare e di fare compagnia. Comunque non voglio forzare nessuno, ma almeno siate generosi e firmate gli appelli per le leggi che trovate ai banchetti della LAV e delle altre associazioni animaliste (vi prego di perdonarmi ma non voglio fare un elenco di tutte le varie associazioni, cito la LAV per tutte, ma esistono anche l’ENPA, la Lega per la Difesa del Cane e molte altre).
Ma il panorama animalista non è quasi mai il termine del percorso. Si diventa cittadini più consapevoli in virtù della legge “se mi fregavano sugli animali e io ci sono caduto/a, figuriamoci che mi dicono di tutto il resto!”. Di bene in meglio insomma. Il tutto proteso ad una maggiore coscienza di cosa realmente oggi significhi essere una persona, un ritornare uomo, un liberarsi da mille piccole schiavitù invisibili.
Torniamo al titolo. Perchè così indietro? Perchè è così che a volte, durante la presa di coscienza o magari dopo, ci si sente. Una goccia nel mare. Non cambierà nulla. Non è vero! Ed è bellissimo, fantastico, entusiasmante accorgersene! Basta parlare. Non che sia facile. Ma se si toccano i tasti giusti e si adopera la giusta dose di pazienza, si possono ottenere risultati notevoli. A me, perdonatemi se mi cito in continuazione, è capitato di “convertire” mia madre (in un paio di mesi) e la mia ragazza (dopo un anno). Entrambe si sono aggiunte alla famiglia dei vegetariani senza forzature, non le ho certo minacciate! Solo parlando, discutendo di ciò che sentivo, di come io avessi compiuto la scelta e, ci tengo a precisarlo, le domande le facevano loro, io mi limitavo a rispondere. E’ facile ritrovarsi in ciò che rappresenta il bene, superate le prime difficoltà, in cui bisogna accettare i propri errori, la strada è in discesa. Non siamo soli!