Veronesi: «Contro la fame, meno carne in tavola e sì agli Ogm»
11 giugno 2002Cambiare tipo di alimentazione per aiutare a combattere la fame nel mondo. Meno carne, cibo base dei Paesi ricchi, più vegetali. Meno proteine animali, più proteine «verdi». Umberto Veronesi, medico di fama internazionale e vegetariano doc, non ha dubbi: «I numeri parlano da soli. La malnutrizione cronica riguarda quasi un miliardo di persone, eppure il cibo prodotto a livello mondiale sarebbe sufficiente a sfamare tutti. Se venisse equamente distribuito, ma soprattutto se non fosse in massima parte utilizzato per alimentare gli animali di allevamento. Ogni anno sono destinati a bovini, polli, ovini, circa 150 milioni di tonnellate di cereali, con una perdita di oltre l’80 per cento di potenzialità nutritiva».
Che cosa intende per potenzialità nutritiva?
«Le proteine animali a livello di organismo vengono rapidamente bruciate, quindi la carne come fonte di energia è in gran parte sprecata. Altra considerazione: un chilo di riso trasformato in animale viene perso in alta percentuale perché poi, al momento della macellazione, sono molti gli scarti (che peraltro costa molto smaltire). Quindi si trasforma in un cibo costoso e a scarsa resa energetica. Lo stesso chilo di riso, infatti, se utilizzato direttamente per il consumo umano sarebbe energia utile, e senza sprechi, per più persone in un giorno».
E dal punto di vista della salute?
«Non è una novità che i grassi animali in eccesso non sono un toccasana per le nostre arterie (leggi colesterolo, ndr ), che una dieta priva di vitamine (frutta e verdura) e cereali non è la migliore per proteggere l’organismo anche dai tumori, che le proteine animali sono molto meno vantaggiose per il nostro organismo di quelle derivate da semi come fagioli, piselli e così via».
Ma lei perché ha scelto la via vegetariana?
«Per questi motivi, ma anche come scelta etica. Sono fermamente convinto che la sofferenza degli animali debba essere combattuta con tutte le forze. Pensi soltanto alla crudeltà con cui vengono strappati i neonati ad una mamma pecora per farne cosciotti di agnello. Sono esseri viventi che provano dolore, paura, emozioni: li trattiamo come merce, li alleviamo in modo innaturale e li condanniamo ad una morte crudele. Se poi consideriamo che per portare in tavola quel piatto di carne “bruciamo” chili di cereali utili a far crescere bene decine di bambini dei Paesi più poveri… ».
Cambiare abitudini alimentari, quindi?
«Ne sono convinto. Abbandonare gli allevamenti intensivi, per altro, vuol dire anche preservare un bene prezioso come l’acqua. Infatti, per produrre la stessa quantità di cibo, l’allevamento intensivo consuma 70 volte più acqua della coltivazione (per una tonnellata di carne bovina occorrono circa 32 mila metri cubi d’acqua, mentre per una tonnellata di cereali ne bastano 450). Non solo: la stessa estensione di territorio produce oltre dieci volte più proteine se coltivata a cereali e leguminose per il consumo umano che se destinata a pascolo o a coltivazioni per la produzione di mangimi».
E degli Ogm, i prodotti geneticamente manipolati, che cosa pensa?
«Non devono essere demonizzati. Sono anch’essi fondamentali per sconfiggere la fame nel mondo. Al bando le stranezze, come la fragola con il gene del pesce artico o cose simili, e le mere logiche di mercato. Grazie ad essi si può arrivare a produrre di più, risparmiando acqua ed eliminando pesticidi o altri aiuti chimici. Credo che il loro utilizzo possa risolvere molti problemi di coltivazione in molti Paesi disagiati e contribuire in modo concreto a sconfiggere fame e malnutrizione».
[da Il Corriere della Sera]