Il vegetarianesimo nella tradizione buddista
7 agosto 2002Le Scritture vediche dell’antica India, risalenti a molti millenni fa, hanno profetizzato l’avvento di Buddha, definendolo un’incarnazione divina:… …tatah kalau sampravritte sammohaya sura-dvisam, buddho namnanjana-sutah kikatesu bhavisyati, “All’inizio dell’età di Kali, il Signore apparirà nella provincia di Gaya come Buddha, figlio di Anjana, per confondere gli esseri demoniaci che sono sempre invidiosi dei devoti di Dio e dei giusti.” (Srimad Bhagavata Purana, 1.3.24)
Nel XII secolo, il poeta Jayadeva Gosvami, famoso maestro spirituale e studioso dei Veda, scriveva: nindasi yajna-vidher ahaha sruti-jatam, sadaya hridaya darsita-pasu-ghatam, kesava-dhrita buddha sarira, jaya jagadisa hare, “Tutte le glorie al Signore Supremo! Mosso da profonda compassione alla vista dell’uccisione di animali compiuta in nome dei sacrifici vedici a causa di una errata e offensiva interpretazione delle scritture da parte di criminali, il Signore è apparso nella forma di Buddha, l’illuminato, per mettere fine alle uccisioni compiute in nome dei sacrifici animali.”
Il buddhismo moderno è costituito da una serie di scuole molto diverse, sviluppate dai seguaci di Siddharta Gautama (563-483) detto il Buddha (“l’illuminato” o “l’intelligente”), a seconda dei contesti culturali e religiosi in cui si trovavano a svolgere la loro opera di predicazione. Abbiamo così forme di buddhismo diverse come il lamaismo (Vajrayana) cioè il buddhismo tibetano, il buddhismo Zen (o Ch’an), il buddhismo Hinayana (che considera il Buddha semplicemente come un grande maestro), il buddhismo Mahayana (che adora il Buddha al livello di una divinità) e così via. I due pilastri fondamentali sono però presenti in tutte le diverse scuole: maha-prajna (grande saggezza) e maha-karuna (grande compassione).
Nel Maha pari nirvana Sutra è detto: “Mangiare carne distrugge il seme della grande compassione.”
Nelle tradizionali storie Jataka, che descrivono le vite precedenti del Buddha, sono contenuti innumerevoli insegnamenti che raccomandano di rispettare tutti gli animali e di evitare qualsiasi violenza, e si narra che il Buddha stesso attraversò diverse vite come animale.
L’insegnamento di non violenza e vegetarianesimo del buddhismo si basa dunque sull’unità fondamentale di tutti gli esseri viventi, sul principio della reincarnazione (cioè chiunque potrebbe reincarnarsi come animale) e sulla compassione verso coloro che si trovano in una condizione di non illuminazione — a cominciare dagli animali stessi.
Il buddhismo cominciò a diffondersi nel mondo grazie all’opera missionaria dell’imperatore indiano Ashoka (268-223 a.C.) che, sconvolto dalla terribile e sanguinosissima battaglia di Dhauli, nell’antica Kalinga (nei pressi di Bhubaneswara, Orissa, in India), e avvicinato in quella occasione da alcuni monaci buddhisti, decise di abbracciare la dottrina della non violenza predicata dal Buddha. Ashoka emanò dunque i famosi editti per proibire l’uccisione di animali nel suo regno — tali editti sono tuttora esistenti in quanto scolpiti nella roccia per essere visibili a tutto il popolo, e sono conservati nei pressi del famoso stupa di Dhauli, visitato costantemente ancora oggi da migliaia e migliaia di pellegrini da tutto il mondo buddhista.
La tradizione Mahayana, sostenuta anche da molti studiosi del sanatana dharma (come vedremo più avanti), offre parecchi testi e citazioni del Buddha a sostegno del vegetarianesimo, come il Lankavatara, il Surangama e il Brahmajala. Nel Lankavatara leggiamo: “Per mantenere la sua purezza, l’anima illuminata deve astenersi dal mangiare carne, che è nata dallo sperma e dal sangue. Chi segue la disciplina per raggiungere la compassione deve astenersi dal mangiare carne per non causare terrore negli altri esseri viventi. Non è ammissibile mangiare carne di animali uccisi da qualcun altro o uccisi per altri motivi. Il consumo di carne, in qualsiasi forma, è proibito una volta per tutte, senza eccezioni. Non ho permesso a nessuno di mangiare carne, non lo permetto ora e non lo permetterò mai.”
Il Surangama Sutra afferma: “La ragione per praticare la meditazione e cercare la perfezione mistica è quella di sfuggire alle sofferenze della vita. Dovremmo dunque infliggere tali sofferenze ad altri? Non riuscirete a sfuggire ai legami della vita materiale finché non avrete eliminato completamente ogni violenza dai vostri pensieri, tanto da inorridire all’idea della brutalità e dell’uccisione.”
Più che una ampia quantità di citazioni al proposito del consumo di carne (che non era particolarmente diffuso nei paesi in cui veniva predicato il buddhismo, e che perciò non richiedeva particolari proibizioni a parte l’usanza dei sacrifici animali, che il Buddha condannò con estrema durezza e chiarezza) il punto principale da considerare in relazione al buddhismo è che lo scopo stesso della missione del Buddha è quello di insegnare agli esseri umani la saggezza e la compassione, far loro comprendere la loro natura trascendentale al corpo e alla identificazione materiale, il pericolo costituito da avidità e desiderio, e liberarli dal ciclo di nascite e morti mettendo fine alla loro illusione e al desiderio materiale. Tutto ciò implica naturalmente una grande considerazione per la non violenza verso tutti gli esseri. Come abbiamo già accennato, moltissimi monaci buddhisti consideravano basilare per la propria missione di predicazione aiutare le popolazioni locali a diventare vegetariane, arrivando al punto di aprire ristoranti vegetariani all’interno dei monasteri e dei templi di città — già parecchi secoli fa — e di inventare tecniche straordinarie per produrre alimenti perfettamente vegetali (seitan, tofu trattato in mille modi e persino congelato e scongelato nella neve, salsa di soia, miso, tempeh, yuba, okara ecc.) che avessero esattamente lo stesso sapore, colore e aspetto delle preparazioni non vegetariane più popolari e richieste nella zona — galline, anatre, pesci (completi di pinne, branchie, occhi e bocca), teste di maiale, prosciutto, fegato, bistecche, spezzatino, trippa, salsicce e così via. Tanto impegno e tanta convinzione da parte di umili monaci anonimi hanno portato questi ingredienti derivati da soia e frumento a diventare il fondamento stesso dell’alimentazione di milioni se non miliardi di orientali, non soltanto in Giappone ma anche in Cina e in Indonesia.
Purtroppo, come abbiamo già ampiamente visto in riferimento alla tradizione ebraica, cristiana e musulmana, gli insegnamenti sublimi dei fondatori dei movimenti religiosi vengono spesso ricoperti dall’ignoranza, dall’indifferenza e dall’egoismo di seguaci non qualificati, che arrivano in seguito a giustificare e considerare “normale” l’uccisione di animali e il consumo di carne.
Pur considerando con tolleranza i limiti e i difetti di tali seguaci imperfetti, la difficoltà di stabilire delle regole rigide per una grande varietà di persone e la necessità di un approccio graduale alla compassione e al vegetarianesimo spirituale, non dobbiamo però mai fare l’errore di pensare che le grandi religioni approvino o addirittura raccomandino il consumo di carne e altri alimenti non vegetariani. Quella che è una concessione eccezionale per persone particolarmente degradate o deboli non deve mai essere considerata una regola alla quale si devono uniformare anche le persone più elevate, che naturalmente comprendono l’orrore dell’uccisione di animali e del loro consumo da parte degli esseri umani.
[Parama Karuna]