Sfruttamento degli allevamenti
7 settembre 2002Secondo quanto riportato da “Compassion in World Farming”, la diffusione a livello mondiale dell’allevamento industriale sta’ incrementando poverta’ e problemi alla salute.
Il rapporto confronta per la prima volta dati sulla produzione degli allevamenti nei Paesi in via di sviluppo e analisi economiche della Banca Mondiale e delle Nazioni Unite. L’Organizzazione per il Benessere degli Animali esamina anche dati sulle malattie trasmesse attraverso la produzione di cibo in tutto il mondo. Il rapporto conclude che lo sfruttamento industriale degli allevamenti e’ alla base del fallimento di molte piccole imprese agricole. Cio’ compromette l’abilita’, per i paesi in via di sviluppo, di produrre prodotti alimentari per il sostentamento della popolazione e crea i presupposti per l’aumento di malattie resistenti ai comuni antibiotici.
Scrive Leach Garces, autore di uno studio intitolato “L’impatto dannoso dell’allevamento”: “Nei paesi industrializzati si sta’ cercando di diminuire lo sfruttamento intensivo degli allevamenti per il loro costo ambientale e salutare, ma si sta’ cercando di esportare questi problemi nei Paesi in via di sviluppo”.
E’ previsto che la domanda per la produzione di carne raddoppiera’ nei prossimi venti anni e i Paesi in via di sviluppo diventeranno i principali produttori per i paesi industrializzati.
Sebbene l’uso di mangimi prodotti con carcasse di animali sia stato abolito in Europa, in altri paesi questi mangimi sono ancora oggi utilizzati negli allevamenti e la loro carne viene poi importata in Europa.
L’uso di antibiotici per accellerare la crescita degli animali e per prevenire malattie e’ diventata una prassi normale. Nonostante cio’ i laboratori per la salute pubblica in Gran Bretagna stimano che circa il 30% del pollame e’ contaminato da salmonella e il 75% da campilobatterio. Nei Paesi Bassi l’
85% dei suini e’ stato trovato infetto da campilobatterio. Secondo test effettuati da Compassion in World Farming, i batteri scoperti nelle carni di pollame vendute a Cape Town in Sud Africa, erano 100% resistenti agli antibiotici.
[Ripreso da “The Guardian” Agosto 2002]