Solidarietà al visone. E chi si cura del vitello?
27 gennaio 2003
Manette per chi maltratta gli animali e reclusione anche per chi li abbandona. Non porto pellicce e mangio carne e pesce in quantità moderata.
Mi fanno pena i vitelli ingabbiati e sottoposti agli estrogeni, i maiali ammucchiati nei camion, le bestie sgozzate in ossequio a certe regole religiose.
Mi fanno però ridere quei camion confortevoli che si incontrano nelle autostrade con la scritta che ammonisce: “Attenzione: trasporto cavalli da corsa”. Guai a bocciare. E se fossero da tiro? Crescerebbe, certo, il danno economico. Bisogna anche evitare di far soffrire anche buoi, capre, montoni (e capisco Marguerite Yourcenar che era diventata vegetariana «per non digerire l’agonia») e allora non sarebbe opportuno anche rinunciare al cuoio delle scarpe? E chi ci assicura che il radicchio strappato non soffre?
Si può essere contrari alla caccia ma, per coerenza, bisognerebbe battersi anche contro la pesca: perché il merluzzo o la trota non sono più allegri del coniglio che aspetta la botta sul collo. E l’aragosta bollita viva è
ragionevolmente felice?
Brigitte Bardot si batte in Francia e incita la gente perché boicotti la bistecca di equino, e per il pollastro tirato su industrialmente neppure un sospiro? E il fegato d’oca, e il porcellino, squisita specialità sarda, arrostito sulla brace, e le coscette delle rane? Non c’è in questa campagna, mossa da sentimenti generosi e rispettabili, qualcosa di eccessivo e un abbozzo di protesta senza rischi che fa tanto moda? Si
avverte, o no, un po’ di fame nel mondo?
E perché tanta solidarietà per il visone e nessuna attenzione per il vitello? Che io sappia, nessuno rinuncia alle scarpe. È evidente che c’è pelle e pelle (questo vale anche per gli uomini). Tanti morti fanno una statistica, non tante vicende umane che si concludono nello stesso modo e diventano un fatto di cronaca. Nel famoso romanzo di Remarque, “Niente di
nuovo sul fronte occidentale”, il giorno che muore il protagonista, il bollettino del comando non ha nulla da segnalare. Quel soldato non fa né storia né statistica.
[Da L’Espresso del 16 gennaio – Enzo Biagi]