Insufficienza renale, la vitamina degli spinaci può correggere il gene malato
20 maggio 2003I ricercatori della Seconda Università di Napoli e dell’Istituto di Genetica e Biofisica “A. Buzzati Traverso” del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Napoli (IGB-CNR) hanno osservato che l’insufficienza renale cronica accompagnata all’aumento nel sangue della omocisteina può essere corretta con l’acido folico, una vitamina idrosolubile presente tra l’altro nei vegetali a foglia verde. La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista
Lancet, offre ulteriori elementi di correlazione tra alimentazione e patologie genetiche.
Tra i pazienti in dialisi ben l’85% presenta anche un aumento nel sangue della omocisteina, un aminoacido il cui aumento è rischioso quanto quello del colesterolo; una condizione estremamente pericolosa, dal momento che la miscela insufficienza renale cronica e iperomocisteinemia in questi pazienti è una delle cause più frequenti di infarto del miocardio, ictus cerebrale e trombosi. L’iperomocisteinemia anche in assenza di insufficienza renale, determina comunque, anche nella popolazione generale, un aumento del rischio di accidenti cardiovascolari.
A dare nuove speranze a questa categoria di malati è una ricerca condotta dalla Seconda Università di Napoli e dall’Istituto di Genetica e Biofisica “A. Buzzati Traverso” del CNR di Napoli (IGB-CNR) – pubblicata sulla prestigiosa rivista inglese Lancet – dalla quale emerge che le alterazioni genetiche osservate in tali pazienti possono essere corrette con l’acido folico. E’ questa una vitamina idrosolubile contenuta in cibi che sono troppo poco spesso presenti sulla nostra tavola, come i vegetali a foglia verde (spinaci e indivia), i cereali integrali, gli agrumi, il pesce, il lievito di birra e il germe di grano, che non devono essere assunti ad libitum dai pazienti uremici, i quali spesso devono seguire uno stretto regime dietetico.
“L’aumento della omocisteina – spiega Maurizio D’Esposito, il ricercatore dell’Istituto dell’IGB-CNR di Napoli che ha partecipato al lavoro – colpisce direttamente il DNA, modificando l’espressione di alcuni geni. La buona notizia di questo studio, condotto su 32 pazienti. è che abbiamo verificato che tali alterazioni si possono curare con l’acido folico, una vitamina a basso costo, molto usata ad alte dosi in questi pazienti e, a dosi inferiori, anche in gravidanza, perché riduce il rischio di fetopatie”.
“E’ chiaro – spiega Diego Ingrosso, del Dipartimento di Biochimica e Biofisica della Seconda Università di Napoli, primo firmatario della ricerca – che in questa materia la prudenza è d’obbligo; tuttavia la conoscenza di certi meccanismi genetici relativi all’insufficienza renale possono aiutare anche la popolazione generale: non dimentichiamoci che nel
mondo occidentale le malattie cardiovascolari costituiscono la principale causa di morte e quindi è fondamentale comprendere bene le interazioni tra geni e abitudini di vita”.
[Comunicato Stampa del CNR]