I pionieri dell'antropocentrismo cristiano

Categoria : Spiritualità e religioni

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Il cristianesimo è sicuramente la religione più antropocentrica che il mondo abbia conosciuto.Il primo, tra i pionieri di tale concezione (che pone irrazionalmente l’uomo al centro della creazione col diritto di disporre della vita e della morte degli esseri non umani) nell’ambito della cristianità, fu sicuramente Paolo di Tarso (collaborazionista dei Romani e orgoglioso di essere cittadino romano al punto da latinizzare il proprio nome in Saul), il quale, in alcune delle sue tante missive, tra l’altro scrive: ”Servi, obbedite ai vostri padroni con rispetto e timore” (lett. Agli Efesini 6,5):” “Voi servi obbedite in tutto ai vostri padroni. La donna ascolti l’istruzione in silenzio, con piena sottomissione. Non permetto alla donna di insegnare, né dettar legge all’uomo, ma se ne stia in pace.” (lett. Ai Colossesi 3,22).  “Guardatevi dai cani e dai cattivi operai “(lett. Ai Filippesi 3,2-3).  “Ognuno sia soggetto alle autorità superiori perché non c’è autorità che non venga da Dio e perciò chi si oppone al potere si oppone all’ordine stabilito da Dio”.
E in merito alla sua visione antropocentrica e al problema della carne e degli animali S. Paolo dice. “Continuate a mangiare tutto quanto si vende al macello, senza informarvi a motivo della vostra coscienza. Se qualcuno dei .pagani vi invita mangiate di ogni cosa che vi viene posta davanti. E in Corinzi 9,9 ribadisce “Che vuoi che Dio si prenda cura dei buoi?” E ancora. “Colui che mangia di tutto non giudichi colui che non mangia di tutto. Se un cibo scandalizza mio fratello io non mangerò mai più la carne per non scandalizzare il mio fratello.” Quest’ultima affermazione lascia supporre che in quel periodo l’esigenza etica di essere vegetariani era molto sentita e dibattuta, come è altrettanto logico supporre che Cristo fosse stato vegetariano e che Paolo, convertitosi al cristianesimo 35 anni dopo la morte di Cristo abbia travisato o personalizzato alcuni aspetti del messaggio evangelico.
Il problema dominante di S. Paolo, che ricorre in modo ossessivo, non è la giustizia sociale, l’affrancamento dalla schiavitù, il giusto salario, la considerazione delle sofferenze dei poveri, no, sul piano sociale è la dottrina della sottomissione al potere e, sul piano spirituale quella della salvezza dell’anima in virtù dell’accettazione del sacrificio di Cristo come vittima sostitutiva.
S. Agostino concorda perfettamente con S. Paolo, anzi non si limita ad accettare con rassegnazione le ingiustizie della società, ma giustifica la schiavitù come conseguenza del peccato originale e quindi ineliminabile. Per S. Agostino gli animali sono assolutamente privi di intelligenza, ma possono servire a divertire, allenare, svagare l’uomo. “Spesso,” dichiara, “sono letteralmente ammaliato alla vista dei cani che sbranano la lepre in una battuta di caccia. Altre volte,  mi attira una tarantola che cattura qualche mosca o un ragno che avvolge nelle reti gli insetti”.
Anche per S. Tommaso gli animali non hanno un’anima e dice: “E’ in errore chi ritiene che uccidere un animale sia reato. La divina Provvidenza li ha dati ad uso dell’uomo, onde se ne serve senza colpa, uccidendoli o adoperandoli in altra maniera. Come uccidere uno schiavo non è recare offesa allo schiavo ma al suo padrone, così è per gli animali. La loro vita e la loro morte è subordinata al nostro vantaggio. Ma non bisogna essere crudeli verso di essi perché questo potrebbe rendere crudele l’uomo verso il suo simile. Non si può amare nessuna creatura irragionevole e neppure volerle bene. Non si può avere nessuna amicizia per le creature irragionevoli. Né amore, né affetto, né amicizia sono possibili e neppure carità. Tutte le creature devono essere assoggettate all’uomo. Non vi è dunque dovere morale se non verso esseri morali. Il padrone non ha doveri verso il servo”.
In tempi più recenti il tomista gesuita Viktor Cathrein, sullo stesso argomento scrive: “Il bruto non possiede diritti di sorta. Come potremmo avere dei doveri verso creature che possiamo, a nostro capriccio, fare a pezzi, arrostire e mangiare?” E un altro tomista, Ioseph Rickaby, rincara la dose affermando: “Le bestie sono cose, beni mobili. Non ci sono doveri di carità né doveri di altro tipo verso gli animali inferiori come non li abbiamo verso i pali o verso le pietre.” E, secondo Malabranche, gli animali mangiano senza piacere, gridano senza dolore, crescono senza saperlo, non desiderano niente, non temono niente, non conoscono niente. Mentre S. Edoardo il Confessore esalta la caccia come gioiosa attività ricreativa.
Per i rappresentanti della Chiesa Cattolica gli animali sono sempre simboli negativi, rappresentano la bestia per antonomasia: l’ultimo e più turpe gradino della creazione. E quando il Diavolo non compare sotto forma di animale compare in sembianze di donna.
Su Civiltà Cattolica, la prestigiosa rivista dell’Opus Dei, in un articolo dell’agosto del 1993 dal titolo “L’uomo e il suo destino” vengono direttamente ed esplicitamente attaccati, come in pieno Medioevo, coloro che, si astengono dal mangiare la carne. In tale articolo sta scritto: “E’ facile osservare come, frequentemente, persone che si dichiarano rigorosamente vegetariane e che guardano con orrore al consumo alimentare di qualunque tipo di carne animale, si rivelino straordinariamente violente. Sono rissosi, vengono alle mani, picchiano i bambini, sono preda di improvvise crisi di rabbia aggressiva e guardano il mondo con diffidenza come se temessero sempre e da ogni parte di essere aggrediti. Sembrano, inoltre, gradevolmente affascinati da spettacoli di violenza e di morte. Spesso i vegetariani hanno comportamenti sadomasochisti: emerge dalla profondità del loro inconscio una potenziale distruttività. Con la pietà essi si difendono dalla spietatezza”.
L’articolo prosegue affermando che Dio ha creato tutto, esseri inanimati, piante, animali, per l’uomo, perché se ne serva per il suo bene materiale e spirituale. Solo l’uomo è capace di amare mentre gli altri esseri restano chiusi in se stessi.
Ma non era S. Agostino, dal quale traggono insegnamento i tomisti ed i gesuiti, che ammirava estasiato la scena di caccia in cui la lepre veniva sbranata dai cani? Non sono forse le corride, organizzate con l’appoggio e con la benedizione della Chiesa , spettacoli per antonomasia di violenza e di morte? E i roghi per gli eretici, la decapitazione, l’impiccagione, lo squartamento, l’impalamento, le carceri più dure dei lager nazisti e tutti i mezzi di tortura usati dalla santa Inquisizione contro chiunque osasse opporsi al potere clericale che ha causato la morte, nel solo Medioevo, di ben 50 milioni di morti, sono forse spettacoli di beneficenza? Nessun oggi è in grado di immaginare la crudeltà con cui la Chiesa si è espressa nei confronti degli eretici, con quale disumana leggerezza veniva disprezzata la vita del prossimo, con quale disinvoltura venivano inflitte le pene più atroci a persone colpevoli solo di non voler riconoscere l’autorità della sua Dottrina.
Oggi, come secoli fa, i gesuiti scagliano le loro farneticanti menzogne sulla natura dei vegetariani, accusandoli di essere ciò che non sono, dal momento che la nonviolenza, in senso lato del termine, è regola e condotta imprescindibile di ogni vero vegetariano. Pertanto i gesuiti affermando il falso calunniano ingiustamente, col solo scopo di denigrare e possibilmente distruggere, non degli assassini, non dei torturatori, non dei carnefici, non coloro che professano l’oltraggio e la durezza ma coloro che difendono dall’ingiustizia e dalla violenza ogni essere vivente, non coloro che con la scure ed il capestro impongono la loro dottrina ma coloro che hanno fatto dell’amore e della nonviolenza universale lo scopo dominante della vita.
[franco libero manco]

 

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