Un’indagine esplorativa sui vegetariani e i vegani in Italia
18 gennaio 2005
La ricerca ha avuto inizio nel mese di Giugno del 2004.
Complessivamente hanno risposto al questionario 391 vegetariani e vegani, di cui il 68,8% femmine e il 31,2% maschi.
L’età media del campione è 32 anni, e la mediana cade nella classe d’età compresa tra i 25 e i 30 anni.
Per quanto riguarda il luogo di nascita, il 97,4% del campione è nato in Italia, e specificatamente nel Nord Ovest, mentre solo il 2,6% del campione è nato all’estero.
Per quanto riguarda invece il luogo di residenza dei rispondenti si registra una assoluta prevalenza di vegetariani e vegani che abitano nel Nord Italia (67,5%); la moda è rappresentata dal Nord Ovest, in cui risiede il 42,7% del campione; sorprendentemente, comunque, risulta rilevante la quota (il 31,4%) di quelli che abitano al Centro e al Sud, comprese le isole.
Nello specifico, tra le regioni del Nord Italia, al primo posto c’è la Lombardia, con il 24,6% dei rispondenti, seguita dal Piemonte, con il 14,3%, e dall’Emilia Romagna con il 10,2%; tra le regioni del Centro, troviamo una prevalenza di rispondenti dal Lazio, il 10,7%, e dalla Toscana, con il 6,4%; relativamente alle regioni del Sud, Campania e Sardegna hanno rispettivamente il 4,9% e il 3,1%. E’ stato possibile calcolare l’ampiezza dei comuni, in relazione alla densità demografica degli stessi: i risultati indicano che solo il 31% del totale vive in centri abitati con più di 750.000 abitanti, mentre il 63,1% del campione abita in città che non superano i 250.000 abitanti.
Il livello d’istruzione complessivo del campione è prevalentemente medio-alto: la moda (il 54,1% per gli uomini e il 56,5% per le donne) è rappresentata da coloro che hanno un diploma di scuola media superiore; su un totale di 389 risposte (sono solo due le mancanti), il 60,9% ha frequentato un corso di formazione professionale o ha la licenza superiore, il 33,2% ha un post-diploma, una laurea o un diploma post-lauream.
E’ necessario specificare che l’utilizzo di Internet come canale della ricerca potrebbe essere fonte di alcune distorsioni date dalla “non casualità” del campione così rintracciato. In altre parole, non tutti gli italiani navigano nella rete e, quindi, le persone così raggiunte possiedono già di fondo determinate caratteristiche socio-anagrafiche. Dunque, i dati relativi all’età media del campione, al livello di scolarizzazione e alla maggior presenza di rispondenti residenti nelle regioni del Nord Italia potrebbero, nella loro composizione, essere stati influenzati dal particolare canale di ricerca.
Per quanto riguarda la posizione attuale degli intervistati risulta che, escludendo le 13 mancate risposte, coloro che lavorano sono il 57,2% (di cui 39,2% da lavoro dipendente e 18% da lavoro autonomo), e coloro che studiano sono il 32%; sono presenti anche, ma in percentuale molto minore, pensionati/e e casalinghe.
Tra i lavoratori, il 56,4% sono impiegati, con una assoluta prevalenza di donne (41,7% degli impiegati), e il 19,4% sono liberi professionisti.
Per quanto riguarda lo stato civile, si rivela una assoluta prevalenza di celibi/nubili (65,5%), con una percentuale minore di conviventi/coniugati (29%) ed una, ancor più bassa, di separati/divorziati (5,6%). Il 42,2% dei rispondenti abita con la famiglia di origine, il 27,1% con il partner senza figli e il 13,6% da solo.
Circa due terzi del campione dichiara di non avere altre persone vegetariane in famiglia. Per la parte restante, invece, il 49% dei familiari vegetariani è rappresentato da uno o più componenti della famiglia originaria (i fratelli o le sorelle, la mamma o il papà ed altri) e il 46% dal compagno (che sia il fidanzato, il convivente, la moglie o il marito) considerato da solo o con i figli.
Complessivamente, circa il 71% del campione non crede, non sa se credere, o non intende rispondere; nello specifico, il 28,8% (la moda) si definisce ateo, il 21,2% agnostico, e il 20,9% non lo sa o non intende rispondere.
Il 29% del totale afferma di essere credente (i credenti praticanti sono il 6,2% del totale): tra coloro che specificano il credo o la religione di appartenenza, il 29,2% è cattolico, circa il 22% si definisce cristiano, il 10% buddista o induista; significativamente, il 13% aderisce ad altri credo, di matrice spirituale o filosofica, e il 25% afferma di non aderire a nessuna religione in particolare e/o di avere una spiritualità personale.
Il campione è composto prevalentemente da vegetariani e vegani: si definisce vegetariano il 58,8% dei casi validi e vegano il 30,7%. La tab. 2 rende conto complessivamente della definizione che i soggetti danno di se stessi.
In relazione alla dieta effettivamente seguita dai rispondenti, la moda è rappresentata dalla categoria che descrive il tipo di alimentazione vegetariana (il 47,2% dei casi validi), subito seguita da quella che descrive l’alimentazione senza alcun prodotto derivato dagli animali (32,9%). Tra queste due categorie principali, troviamo coloro che, oltre ad evitare la carne e il pesce, non mangiano anche le uova (8,2%) o i latticini (0,8%). Gli individui che rientrano in queste due ultime categorie, pur praticando una dieta a metà tra quella vegetariana e quella vegana, sono stati comunque definiti come “vegetariani” ed inclusi, a titolo di semplificazione, all’interno di tale gruppo. Coloro che, invece, hanno dichiarato di non mangiare solo la carne rossa o di mangiare solo il pesce o, ancora, di mangiare saltuariamente la carne o il pesce, sono stati inclusi nel gruppo che è stato definito dei “semi-vegetariani”. La tab. 3 descrive i soggetti in relazione allo stile alimentare effettivamente praticato.
In linea con quanto formulato nelle ipotesi, il 61,6% dei rispondenti afferma che la prima motivazione prevalente per diventare vegetariano o vegano è stata quella relativa alla consapevolezza della sofferenza inflitta agli animali; significativamente, il 44,2% di coloro che specificano una seconda motivazione è convinto che sia immorale uccidere animali. I risultati mostrano anche che i motivi che riguardano la salute, nella doppia accezione che indica effettivi problemi di salute o la paura di ammalarsi mangiando carne, raccolgono una percentuale più alta come seconda motivazione manifestata, piuttosto che come prima (il 16,5% contro il 4,1%).
I dati riportati nella tabella 4 confermano l’ipotesi di una netta prevalenza dei vegetariani “etici” rispetto ai “salutisti”. Infatti, se si considerano insieme le due motivazioni espresse come principali, allora risulta “etico” il 94,2% del campione; inoltre, dieci dei quindici “salutisti” hanno indicato una seconda ragione “etica”.
È apparso interessante verificare da quanto tempo il campione ha fatto questa scelta e a quale età, al fine di capire quanto radicata e intensa è la motivazione.
In generale, i vegetariani lo sono da parecchio tempo – la mediana (il 55,7% dei casi validi) cade nella classe che va dai 3 ai 5 anni, ma la percentuale che conta tale classe è uguale a quella che specifica una durata che va dai 6 ai 10 anni (24,5%) – e che la scelta è stata compiuta dalla maggior parte di loro tra i 20 e i 24 anni d’età.
La presenza di rapporti precedenti con altri vegetariani potrebbe, per ipotesi, aver influenzato il cambiamento individuale. A questo proposito, circa il 42% dei rispondenti dice di aver avuto rapporti precedenti con altri vegetariani, il 32,8% con amici o colleghi e il 9,3% con uno o più familiari (tra i quali è stato compreso anche il partner); di questo 42%, inoltre, il 62,2% risponde che lo stimolo a diventare vegetariano dato dall’aver avuto tali rapporti è servito “molto” o “abbastanza”, contro il 37,8% che ritiene che lo stimolo sia servito “poco” o “per niente”.
Il gruppo è caratterizzato da un orientamento valoriale di tipo altruistico, definito da atteggiamenti di preoccupazione nei confronti degli altri, genericamente intesi, e nei confronti dell’ecosistema. La pratica vegetariana rappresenta, per la maggior parte dei soggetti, un impegno concreto a favore degli esseri viventi più svantaggiati e indifesi, ed un effettivo contributo alla salvaguardia dell’ambiente.
La maggior parte dei vegetariani del campione mostra una spiccata tendenza a rivolgere la sua attenzione al mondo esterno; tale tendenza si manifesta in un’esplicita preoccupazione, oltre che per la condizione di sofferenza in cui sono tenuti gli animali, anche per gli squilibri sociali ed ambientali esterni. È praticamente unanime la considerazione che ciascuno possa contribuire quotidianamente alla salvaguardia dell’ambiente e che l’adozione della dieta vegetariana renda disponibile più cibo.
In generale, essere vegetariano non comporta necessariamente una perdita di gusto nel mangiare e, soprattutto, una perdita di interesse nel condividere il momento dei pasti in compagnia di parenti e amici. Allo stesso tempo, non incide in misura rilevante rispetto alla spinta degli individui a volersi realizzare professionalmente ed economicamente.
I comportamenti effettivi dei vegetariani risultano essere per lo più coerenti con le motivazioni e gli atteggiamenti di fondo che meglio li caratterizzano, e ciò appare chiaro non solo in relazione allo stile alimentare adottato, ma anche rispetto ad altri specifici comportamenti di consumo; la pratica vegetariana, infatti, soprattutto quando si tratta di una scelta “etica”, viene estesa a tutta un’altra serie di abitudini che richiedono un costante impegno e una radicata motivazione. Nel complesso, essi dichiarano di fare raramente delle eccezioni alla dieta vegetariana o vegana, di non comprare prodotti cosmetici testati sugli animali o capi d’abbigliamento e accessori che abbiano comportato l’utilizzo degli animali ed, inoltre, di mettere in pratica quotidianamente alcuni comportamenti a favore dell’ambiente.
Nello specifico, i vegetariani e i vegani che fanno parte di questo campione raramente fanno delle eccezioni a tavola e dichiarano di farle per lo più per errore, quando cioè non si accorgono degli ingredienti contenuti negli alimenti; infatti, al 76% è successo per errore, vale a dire per la presenza nel cibo di ingredienti “inaspettati”. Trasgressioni consapevoli sono, invece, state effettuate dal 25% del campione in situazioni particolari, ad esempio feste o matrimoni, o durante un viaggio. Il 23% ed il 22% ha fatto eccezioni alla propria dieta anche a casa di parenti ed amici, mentre pochissimi (7%) al ristorante.
Come si è già detto in precedenza, la pratica vegetariana, soprattutto quando si tratta di una scelta “etica” – ed è questo il caso del 94,2% del campione -, viene estesa a tutta un’altra serie di abitudini che richiedono un costante impegno ed una radicata motivazione. Pertanto, è stata ipotizzata una coerenza, a livello individuale, tra il tipo di dieta seguita ed alcuni altri specifici comportamenti di consumo tra i quali l’utilizzo di cosmetici testati sugli animali, e l’acquisto di capi d’abbigliamento e accessori derivati dagli animali; i risultati confermano che quanto maggiore è la radicalità dello stile alimentare praticato, tanto minore è l’acquisto o l’utilizzo di tali prodotti.
In generale, il 69,2% del campione non compra o non usa prodotti cosmetici testati e il 68% non compra capi d’abbigliamento o accessori di pelle, pelliccia o di cuoio; inoltre è bassissima, in entrambi i casi, la tendenza a non prestare attenzione al tipo di acquisti.
Il 96% del campione è prevalentemente d’accordo – l’85% addirittura completamente – con l’affermazione secondo cui ciascuno dovrebbe fare molto di più nella vita quotidiana per preservare l’ambiente e, complessivamente, i vegetariani dichiarano di mettere in pratica alcuni comportamenti a favore dell’ambiente: così, ben il 99,7% del campione cerca quotidianamente di attivarsi allo scopo di ridurre il danno ambientale. Il grafico 1 mostra quali sono i comportamenti più diffusamente messi in pratica.
La scarsità, e molto spesso la scorrettezza, delle informazioni contenute nelle etichette dei cibi, sovente rendono la pratica vegetariana particolarmente ardua.
A questo proposito, il campione dichiara che seguire una dieta bio-vegetariana o vegana, rispetto ad una tradizionale, richiede soprattutto una quantità maggiore di informazioni ed una più attenta selezione dei prodotti (61,1%); inoltre, la lettura dell’etichetta degli alimenti acquistati per la prima volta viene effettuata abitualmente quasi dalla totalità dei rispondenti (81,1%).
Praticamente tutto il campione (97,4%) utilizza una qualche fonte informativa sulle caratteristiche nutrizionali o su quelle relative alla produzione degli alimenti: la moda in questo caso è rappresentata dall’utilizzo di due o tre fonti (50,5%), anche se particolarmente elevata è la percentuale (32,1%) di coloro che ne utilizzano più di tre. Ciò sta a significare che, all’interno di un gruppo fortemente motivato come quello dei vegetariani e dei vegani, la ricerca di notizie è diffusa ed attuata attraverso molteplici canali; allo stesso tempo, però, la qualità delle stesse non sembra soddisfarli molto: significativamente, infatti, i vegetariani sono in prevalenza solo sufficientemente (45,5%), o addirittura scarsamente (41,3%), soddisfatti circa la qualità delle informazioni che ricevono o riescono ad ottenere.
In accordo con quanto già esplicitato, la lettura delle etichette è la seconda fonte informativa più utilizzata dal campione che segnala al primo posto Internet ed al terzo i libri e le riviste specializzate, anche di tipo scientifico. Non molto significativa rispetto al totale è la quota di coloro che hanno detto di fare riferimento, per avere indicazioni sulle caratteristiche produttive e nutrizionali degli alimenti, al proprio medico, al dietologo o alle stesse associazioni vegane, oppure di partecipare a seminari ed a corsi; tali modalità di risposta appaiono degne di nota in quanto non considerate nel questionario, ed indicate invece direttamente dai rispondenti. Il grafico 2 è relativo alle fonti informative maggiormente utilizzate dai rispondenti.
Per quanto riguarda la sfera del sociale, si è voluta indagare la tendenza all’associazionismo propria del campione oggetto di studio.
Una significativa maggioranza dei vegetariani (86,4%) aderisce all’attività di gruppi o associazioni; tra questi, il 43,2% si è impegnato con due o tre associazioni, il 30,8% con almeno una, e il 26% con più di tre. L’attività è svolta prevalentemente all’interno di organizzazioni a favore dei diritti degli animali, o a tutela dell’ambiente, o all’interno di associazioni di volontariato, per i diritti dell’uomo o di soccorso umanitario.
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