Tre regole a prova di scienza
12 febbraio 2005Broccoli e dintorni. Un’alimentazione incentrata sui vegetali protegge dai tumori causati da contaminanti ambientali quali quelli contenuti nel fumo di sigaretta (e quindi, in primo luogo,i tumori del cavo orale e quelli del polmone), dai tumori gastrointestinali, e aiuta a diminuire il rischio di malattie cardiovascolari e del diabete.Ci sono quindi ottime ragioni per sforzarsi di inserire più frutta e verdura nel menù quotidiano, nonostante uno studio recente abbia mostrato che fra il tumore al seno e il consumo di vegetali freschi non c’è alcuna relazione. Questo dice lo studio denominato Epic (European Investigation into Cancer and Nutrition), pubblicato sulla rivista ‘Jama’, che ha reclutato più di 280 mila donne di età compresa tra i 25 e i 70 anni in otto paesi (Italia compresa) e ne ha analizzato le abitudini alimentari per sei anni, mettendole poi in rapporto con l’insorgenza di tumori mammari.
Carne rossa mai
Il rapporto tra neoplasie intestinali e il consumo di carni rosse è stato ancora una volta confermato da un altro grande studio pubblicato sulla rivista ‘Jama’. In questo caso sono stati considerati quasi 150 mila americani di età compresa tra i 50 e i 74 anni di cui erano disponibili i dati riguardanti la dieta e l’incidenza di tumori per l’anno 1982 e poi per il periodo 1992-2001. Ebbene: un prolungato ed elevato consumo di carni rosse è indubbiamente collegato a un aumento di casi di cancro del colon retto, mentre quello di pollame sembra esercitare un effetto protettivo. Fra tutte le associazioni tra alimentazione e tumori suggerite negli ultimi anni, questa è di certo la più evidente ed è confermata, oltreché da questo studio, dai mutamenti nel numero dei casi nelle popolazioni che emigrano nei paesi occidentali cambiando alimentazione. Mancano dimostrazioni convincenti sul meccanismo più plausibile che lega la carne rossa al cancro. Di volta in volta sono stati citati la formazione di derivati della combustione, la presenza di derivati azotati nelle carni lavorate e il contenuto in ferro: è probabile che questi fattori collaborino insieme alla suscettibilità individuale (che ha una base genetica) a favorire lo sviluppo dei tumori intestinali.
Zucchero killer
Un’alta concentrazione di zuccheri nel sangue e il diabete, secondo quanto pubblicato sulla rivista ‘Jama’, fanno aumentare il rischio di morire a causa di un tumore di almeno il 25 per cento. L’organo più colpito è il pancreas, ma non sono da meno esofago, fegato, colon retto e cervice uterina e, in generale, si registra un aumento generalizzato dell’incidenza della malattia. Il dato è emerso dall’analisi della salute e delle abitudini alimentari di un milione di coreani di età compresa tra i 30 e i 95 anni controllati per più di dieci anni. Prudente il commento del coordinatore dello studio, Sun Ha Jee, della Yonsei University di Seul: “È difficile generalizzare i risultati, ma sembra indubbia l’esistenza di un legame tra alti livelli di zucchero o diabete e insorgenza dei tumori, forse perché l’eccesso di insulina rilasciata in risposta alla diminuzione della capacità di metabolizzare gli zuccheri (uno dei primi fenomeni che si determina in uno stato di iperglicemia) favorisce la degenerazione neoplastica”.
Il tumore si vince in cucina
È possibile ridurre il rischio di cancro al seno attraverso una dieta e un modo di cucinare adeguati? A questa domanda da molti anni rispondono gli esperti dell’Istituto dei tumori di Milano guidati da Franco Berrino, che proprio in questi giorni stanno iniziando il terzo studio clinico (Diana 3) sull’argomento.
Il primo obiettivo del Diana è stato quello di verificare una dieta ad hoc per le donne in menopausa che sono più esposte al rischio cancro. Spiega l’epidemiologo: “Le donne in menopausa, che hanno alti livelli di testosterone, hanno una probabilità quasi doppia di andare incontro alla malattia rispetto alle altre. Negli anni scorsi abbiamo dimostrato che una dieta appropriata ha una grande influenza sulla concentrazione dell’ormone come su quella dell’insulin-like growth factor 1 (Igf1), un’altra sostanza i cui livelli sono collegati al cancro mammario”. Per giungere alla conclusione Berrino ha messo insieme una squadra di dietisti e clinici che hanno insegnato alle donne, con appuntamenti gastronomici e corsi specifici, come cucinare per migliorare la dieta senza rinunciare al gusto. “Abbiamo fatto ricorso a molte cucine tradizionali, che danno spazio ai legumi e ai cereali integrali, limitando al contempo l’apporto di zuccheri complessi e di carni rosse”, spiega. Il secondo studio, condotto alla fine degli anni Novanta, ha confermato il potere di un’alimentazione di questo tipo in donne che avevano già avuto un tumore al seno e che hanno visto ridurre il rischio di recidive. Ora Berrino si accinge a verificare i dati in donne sane giovani, i cui livelli ormonali cambiano in rapporto alle fasi del ciclo e che devono quindi essere controllate in modo assai più complesso. Accanto a un gruppo di donne cui verrà somministrata la dieta già usata, ne sarà studiato un secondo nella cui alimentazione sarà ridotto l’apporto di proteine vegetali quali quelle della soia.
Il reclutamento è in corso (per partecipare allo studio, telefonare allo 02 23903552).
[Agnese Codignola – da Espressonline.it dell’11 febbraio 2005]