La dieta vegetariana rafforza le ossa
31 marzo 2005
Sono quasi tre milioni (secondo l’unico censimento condotto in Italia, targato Eurispes) gli italiani che non si sono associati all’abbuffata pasquale di agnelli e capretti, perché vegetariani.
Una dieta salutare, secondo alcuni, tra cui l’oncologo Umberto Veronesi, che ha abolito la carne dal suo menù. Un’alimentazione pericolosa, secondo altri, perché difficile da portare avanti in modo bilanciato. Certo è che si moltiplicano gli appelli a prestare più attenzione a quello che mangiamo e le ricerche scientifiche per comprendere gli effetti degli alimenti sulla salute.
L’ultima arriva dagli Stati Uniti, è firmata da un italiano e riguarda il gruppo più estremo di vegetariani: i cosiddetti “crudisti”, che mangiano solo verdure crude, semi, noci, cereali, legumi germogliati e olio extravergine d’oliva. Diciotto di loro sono stati messi a confronto con altrettante persone che seguono la tipica “dieta” statunitense: carne, soft drinks, patate, pane bianco e così via. Sono stati analizzati l’indice di massa corporea, la massa ossea e i markers di turnover delle ossa. E il risultato è stato sorprendente: la massa corporea e ossea dei vegetariani è significativamente inferiore rispetto a quella del gruppo di controllo, ma la “qualità” delle loro ossa è praticamente identica. Questo suggerisce che, a dispetto di quanto si potrebbe pensare, i crudisti non corrono un rischio di frattura più alto.
Lo studio è stato pubblicato ieri sugli Archives of Internal Medicine, la prestigiosa rivista di medicina interna dell’American Medical Association. L’autore è Luigi Fontana, 36 anni, ricercatore presso il Reparto di Alimentazione, nutrizione e salute dell’Istituto superiore di sanità e presso il Centro di nutrizione umana della Washington University School of Medicine di St. Louis, negli Stati Uniti (dove la ricerca è stata condotta). “Il mio intento – chiarisce Fontana – è quello di capire come promuovere la longevità attraverso l’alimentazione, combattendo allo stesso tempo uno dei grandi mali di quest’epoca: l’obesità, associata a un maggior rischio di diabete, malattie cardiovascolari e cancro”. Di qui l’idea di studiare le “diete estreme”, interessanti per “comprendere come l’organismo umano possa adattarsi a diversi regimi nutrizionali”. E poche diete sono più estreme di quella crudista: i volontari dai 33 agli 85 anni arruolati nella ricerca non mangiano cibi cotti in media da tre anni e mezzo. E’ naturale che siano molto più magri dell’americano medio, perché assorbono meno calorie e meno proteine: il loro indice di massa corporea è di gran lunga minore, così come il contenuto e la densità minerale delle ossa. Ma la sorpresa arriva dai marcatori del ricambio osseo – il telopeptide del collagene 1 e la fosfatasi alcalina osseospecifica – che “misurano” la velocità con cui l’osso si rimodella: per entrambi i markers, la concentrazione nei crudisti non si differenzia da quella del gruppo di controllo. Segno che non corrono un rischio più alto di frattura.
Anche la proteina C reattiva (indicatore d’infiammazione sistemica) resta a livelli molto bassi, confermando l’ipotesi di una migliore qualità ossea. “Le donne magre in post-menopausa hanno di solito livelli d’infiammazione più alti e l’infiammazione gioca un ruolo importante nel modulare il riassorbimento osseo” spiega Fontana. I crudisti mostrano anche livelli inferiori di Igf-1, il fattore di crescita simile all’insulina regolato dall’apporto di calorie e proteine: alte quantità di Igf-1 sono state collegate a un maggior rischio di cancro al seno e alla prostata. E persino la vitamina D (molecola importantissima nel mantenere le ossa sane e nel prevenire alcune forme di cancro e malattie autoimmuni), che i crudisti non assumono con gli alimenti, non è carente, ma anzi più alta. “Non me lo aspettavo – dice Fontana – ma si spiega con il fatto che queste persone si espongono molto al sole”.
Nel complesso, i risultati suggeriscono che “sebbene una bassa massa ossea sia un fattore di rischio per le fratture, la qualità delle ossa potrebbe giocare un ruolo molto più importante”. E che una dieta appropriata può influenzarla. “Anche se – precisa il ricercatore – occorreranno studi più ampi e tecnologie più sofisticate per confermarlo. Ci aspettiamo di riuscire a verificare più puntualmente la qualità delle ossa con la microrisonanza magnetica, che sta per essere introdotta qua a St. Louis”.
[da il sole 24 ore del 29 marzo 2005 – manuela perrone]