Dieta e tumori
24 maggio 2005Lo ha ricordato di recente Umberto Veronesi: nei Paesi occidentali il 30% dei tumori è dovuto all’alimentazione. L’affermazione ha fatto scalpore anche perché il famoso oncologo, sottolineando il rischio “cancerogeno” in tavola, minimizzava quello legato all’inquinamento ambientale. Sta di fatto che ricerche realizzate più di vent’anni fa da due mostri sacri dell’epidemiologia moderna, Doll e Peto – citati, appunto, da Veronesi – hanno messo in evidenza che nel “continente” del benessere un 30% di responsabilità nella patologia tumorale va ai fattori dietetici; in quello della povertà il peso della alimentazione sul cancro si ferma al 20%. Studi successivi hanno poi dimostrato che basta l’emigrazione da un Paese povero a uno ricco per vedere comparire nel giro di pochi decenni tumori rari nella popolazione di origine; è successo per il cancro della mammella in donne asiatiche trapiantate negli Stati Uniti.
Rilievi contrastanti
Ma se partendo da questi dati, tutto sommato grossolani, cerchiamo di andare per il sottile, il quadro si fa confuso. Perché dare la colpa all’alimentazione e non allo stile di vita? E, poi, quali alimenti sarebbero cancerogeni e con quale meccanismo?
Negli ultimi vent’anni sono state condotte ricerche – difficili, costose, lunghe – che qualcosa hanno chiarito, ma che spesso hanno anche contraddetto le osservazioni iniziali. Lo sottolinea Timothy J. Key, Responsabile dell’Unità di ricerca epidemiologica sul cancro dell’Università di Oxford in un attento lavoro di revisione del problema pubblicato qualche tempo fa sulla rivista Lancet.
Il tumore al colon
Basta l’esempio del tumore al colon, venti volte più frequente nell’America del Nord e in Europa che in Africa e in Asia. La differenza è così marcata da far ipotizzare una responsabilità della dieta ricca in grassi e in carni rosse tipica dell’Occidente.
L’ipotesi ha trovato conferma in quanto è avvenuto in Giappone dagli anni Cinquanta ad oggi. Il consumo di carne e latticini è aumentato di dieci volte fra i giapponesi e contemporaneamente è cresciuta (di ben cinque volte) la frequenza di questo tumore, pari oggi a quella che si registra in Gran Bretagna. Ma le ricerche successive non sono riuscite a evidenziare un filo diretto fra la carne in quanto tale e il tumore al colon: studi condotti su vegetariani non hanno messo in evidenza, come ci si aspettava, una più bassa mortalità per questa malattia.
Allora – sottolinea l’epidemiologo inglese – si è pensato che l’effetto cancerogeno non sia legato tanto all’alimento in sé, ma a come viene cucinato: la cottura ad alte temperature libera sostanze cancerogene, l’acrilamide, ad esempio, che svolgono poi il loro effetto nefasto sull’intestino. Ma niente di sicuro c’è ancora.
L’obesità
Gli studi sugli animali da esperimento, più semplici da realizzare e a più basso costo, sono sembrati a molti la strada per trovare risposte, ma finora l’unico risultato di queste ricerche è che la restrizione calorica riduce in modo significativo la frequenza dei tumori.
Dato in sintonia con uno dei pochi punti fermi per l’uomo: l’obesità è senz’altro un fattore di rischio per il cancro.
Il terreno è così controverso che un’organizzazione europea senza scopo di lucro, fondata nel 1993 per informare i consumatori sulla sicurezza degli alimenti, l’Eufic (acronimo di Euro pean Food Information Counci l) ha sentito il bisogno di schematizzare in una tabella ( riportata qui sopra ) le poche prove scientifiche cui la scienza è approdata sullo spinoso argomento.
Le conclusioni dell’Eufic
L’organizzazione, che ha sede a Bruxelles, si avvale di un panel di dieci esperti, per lo più universitari o consulenti delle Istituzioni sanitarie nazionali, uno per ciascun Paese membro, e viene finanziata in parte dall’Unione Europea, in parte dalle aziende che producono alimenti e bevande.
«In questa tabella abbiamo cercato di riunire gli alimenti che giocano un ruolo nella comparsa dei tumori e le evidenze sui fattori dietetici che svolgono, invece, un ruolo protettivo – spiega Giorgio Poli, Preside della Facoltà di medicina veterinaria dell’Università di Milano, membro dell’Eufic e Presidente della IV Sezione del Consiglio superiore di Sanità che si occupa della sicurezza delle bevande e degli alimenti -. Leggendola si può avere l’impressione che siano più i dubbi che le certezze. Ma, in effetti, lo stato della ricerca è a questo punto e non oltre. I famosi acidi grassi omega 3, ad esempio, vengono propagandati come un baluardo preventivo contro qualsivoglia malattia, cancro compreso. In realtà il loro effetto protettivo nei confronti dei tumori, abbastanza chiaro nell’animale da esperimento, non ho trovato, per ora, conferme altrettanto convincenti nell’uomo».
[da Il Corriere Salute del 22 maggio 2005 – di Franca Porciani]