La mia bambina quasi vegan
6 dicembre 2005
Quando parlo dell’alimentazione della mia bambina la frase più comune che mi viene rivolta è: “eh no: un po’ di carne gliela devi dare per forza!”; ma quando chiedo se conoscono la composizione della piramide nutrizionale, mai e poi mai chi mi ha rivolto l’affermazione sa di che cosa sto parlando. Nell’immaginario collettivo se c’è carne e latte nella dieta c’è tutto ciò che serve: non è proprio così.
Questa nostra scelta di non darle alimenti animali deriva principalmente dall’amore e dal rispetto che abbiamo per altri esseri viventi – gli animali – che pensiamo debbano poter vivere liberamente la loro vita così come noi siamo liberi di vivere la nostra.
Non sono mai riuscita a dimenticare, mentre facevo la spesa, che dentro al banco frigo della macelleria c’erano i pezzi del quarto di bue che tante volte avevo visto scaricare dal camion refrigerato: un animale senza più la testa, i piedi e il manto, le sue carni rosa e il grasso bianco ben visibili.
Oppure che la gallina a fianco, esposta nuda, senza piume, era stata sfruttata sino allo sfinimento per le uova, rinchiusa nei pochi centimetri delle gabbie di batteria, per poi essere appesa per le zampe su di una catena della morte e finita con una scarica di corrente elettrica.
Un vero orrore.
Non era questo il cibo che volevo dare con amore alla mia bambina e fortunatamente la natura forniva l’alternativa: analoghi nutrienti vegetali.
Attorno a me ho sempre visto madri che ritenevano l’alimentazione del neonato o del bambino un argomento di pertinenza dello specialista (pediatra prima di tutto) il quale suggeriva di norma tutta una serie di alimenti che, secondo me, sarebbe invece stato meglio evitare, e mi riferisco in particolare al latte in polvere, agli integratori e alle preparazioni alimentari in vasetto.
Ciò che mangiamo e prepariamo abitualmente per noi – con qualche piccola accortezza tipo passare le verdure per i bimbi molto piccoli – nel momento in cui è di stagione e si avvicina il più possibile allo stato naturale dell’alimento, e quindi con cotture veloci e ricette poco elaborate, andrebbe benissimo anche per il nostro bambino.
Ma le pubblicità degli specialisti del settore giocano un grande ruolo in tutto questo: uomini e donne in camice bianco e occhiali, sono credibili quando parlano dei loro team di studiosi, dei loro alimenti “corretti e bilanciati”, delle loro oasi ecologiche, mostrando bambini paffuti e sorridenti.
In realtà questi cibi sono bilanciati, ma si evita di dire che all’interno si trovano sostanze di sintesi e che quando un cibo subisce tutte le lavorazioni che lo preparano ad essere durevole nel tempo e ancora commestibile dopo mesi, di principi nutritivi naturali ne sono rimasti ben pochi.
Ma questo vale per ogni genere di alimento, non solo per quello destinato ai bambini.
Quindi, a partire da queste premesse il cibo che ha avuto Angelica non è stato quello che si trovava già pronto in commercio, più che altro gliel’ho cucinato io o l’ha mangiato allo stato naturale (come ad esempio la frutta).
Naturalmente il primo cibo che un bambino dovrebbe poter avere è il latte della sua mamma.
Ogni neonato sano e nato a termine per i primi sei mesi di vita ha bisogno di latte materno, un alimento capace di apportare tutti i nutrienti che servono, dinamico perché si modifica di pari passo alla sua crescita e che conferisce una certa immunità, oltre che lasciargli assorbire tutto l’amore, il conforto e il contatto della sua mamma.
Ho allattato Angelica per quasi due anni e mezzo nonostante alla nascita, per i primi tre giorni, sia stata nutrita in terapia intensiva esclusivamente con biberon di latte artificiale; abbiamo smesso pochi giorni fa, con enorme tristezza da parte di entrambe.
All’inizio mi sono dovuta arrangiare con un tiralatte un po’ antico (che avevano rifilato in farmacia a mio marito) dandole il latte che mi toglievo con il biberon al quale era stata abituata, ma appena Angelica ha capito come attaccarsi bene al seno, tutto è proseguito senza difficoltà.
L’esperienza di allattamento mi ha fatto sentire più forte e in grado di rispondere adeguatamente alle esigenze di quell’esserino così bisognoso di me. Una specie di “palestra” che mi ha incoraggiata ad avere fiducia nelle mie capacità di madre e ad affrontare anche le decisioni successive, compresa quella di alimentarla senza carne, latte, latticini e uova.
La preoccupazione più grande di una madre è mantenere in vita il proprio figlio e una madre che si sente insicura e pensa di avere poco latte può sentirsi sollevata delegando questo compito ad uno specialista. In realtà il compito dello specialista sarebbe dissipare in lei questi dubbi che sono innati e tipici di un momento di fragilità e confortarla, dimostrandole in modo pratico che ciò che pensa non corrisponde al vero. Pochissime donne non riescono realmente allattare; tutte le altre solitamente non hanno avuto abbastanza supporto e informazioni.
Lo svezzamento di Angelica è cominciato alla fine del settimo mese con l’assaggio di alcuni alimenti base (patata, carota, cipolla, bieta e zucchina) cotti nella pentola a pressione e poi ridotti in purea con un po’ del loro sughino di acqua, con sale e olio a crudo. In seguito ho introdotto le farine di cereali, i legumi, la pasta, le verdure di stagione e qualche altro frutto, comprese le arance.
Da piccola non ha mai gradito la mela gratuggiata nonostante fosse uno degli alimenti consigliati per primi. Bisogna ricordarsi di tenere conto del gusto dei bimbi nella scelta degli alimenti: anche loro hanno delle preferenze!
Ha avuto una sola reazione allergica al cibo: verso l’ottavo mese su consiglio del pediatra le ho dato mezzo cucchiaino di tuorlo d’uovo; il giorno dopo aveva cinque grosse pustole arrossate e contenenti del liquido bianco sul mento e così non gliel’ho proposto mai più, né cotto né crudo!
Angelica manifestava il desiderio di assaggiare un po’ tutto ma non per ‘fame’ quanto credo per curiosità; sono certa che il gusto che ha sviluppato per gli alimenti si è formato anche attraverso i sapori che sentiva nel latte. Allattarla in quel periodo è stato rassicurante per noi: se aveva fame mangiava il nuovo cibo e se invece non si sentiva c’era sempre il latte di mamma ad apportare ciò che serviva. Non le ho mai imposto tempi né l’ho mai rincorsa per la casa cercando di imboccarla; ho piuttosto cercato di seguirla e quando è stata più grandicella per interessarla di più al cibo le preparavo dei buffi piattini. Funziona! Mi dice ancora “mamma, che bello!” e divertendosi mangia anche più velocemente!
Oggi le piace stare a tavola con noi, la sera, e controllare che nel suo piattino c’è lo stesso cibo che mettiamo nei nostri; anche se mangia più lentamente di noi è un piacere vedere che si arrangia con le sue posatine. Non è proprio “ordinata” e dissemina il cibo un po’ dappertutto sulla tavola e per terra però ci prova e questo è sufficiente.
Naturalmente nemmeno lei in questa fase è indenne da caramelle, cioccolato e merendine industriali. I nonni pensano di gratificarla dandole dolciumi e anche se in casa hanno la frutta fresca non gliela propongono quasi mai; quando passo a prenderla ed è l’ora della merenda si tratta sempre di biscotti, ultima merendina della pubblicità e raramente di una banana.
Mi è però molto di conforto sapere che quando hanno provato a darle prosciutto crudo, mozzarella o carne lei abbia rifiutato girando la testa dall’altra parte: non le piaceva nemmeno l’odore!
L’introduzione dei cibi solidi nella dieta del bambino dovrebbe semplicemente essere il naturale susseguirsi di una alimentazione che era cominciata bene, con amore.
Alimentare un bambino adeguatamente senza utilizzare carne, latte e uova non solo è possibile ma consente di non essere parte del meccanismo che rinchiude, fa soffrire e fa morire gli animali.
Una scelta di amore per entrambi.
[da promiseland.it – Valeria Ballarati]