Buddismo e dieta vegetariana
24 gennaio 2006Se si studiano attentamente gli insegnamenti del Buddha risulta chiaro che egli non chiese mai ai suoi seguaci di astenersi dalla carne. In dissenso su questo e su altri punti, Devadatta, cugino del Buddha, provocò uno scisma nella comunità. Una delle regole che Devadatta voleva aggiungere era proprio che i monaci non dovessero mangiare carne. Il rifiuto del Buddha chiarì che, in accordo coi suoi insegnamenti, mangiare carne già macellata, proveniente da un animale che non sia stato macellato appositamente per la persona che lo mangia, non può costituire un cattivo karma.
Per comprendere meglio la questione, bisogna considerare che la regola è stata stilata per i monaci, che la carne non la comprano, ma la ricevono in elemosina. In pratica, ricevono cibo già cucinato. I fedeli laici che donano cibo ai monaci compiono in questo modo un’azione meritoria. Il monaco, perciò, non può ostacolare la pratica della generosità rifiutando il cibo che gli viene offerto, proprio come non deve manifestare gradimento né sgradimento per ciò che gli viene donato con buon cuore. Accettando carne nella ciotola, deve solo accertarsi che l’animale non sia stato macellato appositamente per lui, nel qual caso deve rifiutare l’offerta di carne. Ma una volta tornato al monastero dopo la questua, il monaco può evitare di mangiare la carne se preferisce; ma come scelta personale, senza la pretesa di farne una regola generale.
Com’è ovvio, in una società buddista ideale, in cui la gente comune ottemperasse ai precetti di non uccidere e di non guadagnarsi da vivere con mezzi che incrementino la sofferenza di altri esseri, non si potrebbe trovare carne in vendita da nessuna parte. Perciò il vegetarismo sarebbe obbligatorio anche senza essere espressamente prescritto.
Anche se non prescritta, comunque, l’astensione dalla carne è considerata nel buddismo una cosa positiva se chi la pratica ha l’intenzione di salvare la vita a un essere senziente. È chiaro che se una persona si astiene dal mangiar carne per tutta una vita, un certo numero di animali non verranno uccisi per lei. Così dall’astensione dal consumo di carne risulterebbe automaticamente una riduzione delle macellazioni.
Secondo l’insegnamento del Buddha, la mente viene prima di tutto. Così, ogni volta che ci si astiene dal mangiare un piatto di carne, si gode della felicità che ne deriva pensando, con compassione, alla vita che sarebbe stata sacrificata per dare carne da mangiare. Se si fa uso di questa opportunità per approfondire la pratica della compassione e dell’amorevolezza verso tutti gli esseri senzienti, allora si matura pienamente il frutto del dono della vita che si fa tramite l’astensione dalla carne.
Comunque, che gli altri capiscano oppure no, che siano d’accordo o meno, non deve fare per te alcuna differenza. Continua ad assaporare la gioia che deriva dalla compassione che provi astenendoti dalla carne. Allora otterrai il pieno beneficio del tuo dono generoso, che è il dono della vita.
[da risveglio.net – basato su uno scritto di Radhika Abeysekera]