Un mondo in scatola
18 novembre 2006Il cibo in scatola inscatola il cervello, il cibo cotto lo cuoce. Benché non esistano studi approfonditi sulla teoria dell’inscatolamento, è assodato che il processo di produzione influisca sul prodotto finito. L’assunzione di cibo inscatolato, quindi, comporta in qualche modo l’assimilazione del processo di inscatolamento a cui il prodotto è stato sottoposto. Quanto poi questa assunzione influisca effettivamente sull’uomo non è ancora quantificabile. Avviene inconsciamente, senza alcuna percezione oggettiva.
Ma di fatto subiamo un progressivo inscatolamento del nostro cervello.
Analizzando la nostra vita di tutti i giorni, poi, ci accorgiamo di quanto siamo già esposti all’inscatolamento. Viviamo in scatole (che chiamiamo case), ci spostiamo in scatole (che chiamiamo automobili), spesso lavoriamo in altre scatole (che chiamiamo uffici) adoperando scatole (che chiamiamo computer). Per non parlare delle scatole che indossiamo (ad esempio le scarpe). Non potendo ovviamente rinunciare a tutte le scatole che fanno parte della nostra vita, possiamo però cercare di limitarne l’assunzione diretta. Evitando appunto cibi che abbiano subito il processo di inscatolamento.
I fautori di questa teoria, in voga qualche anno fa in alcuni circoli, l’hanno poi estesa anche alla cottura e alla lavorazione dei cibi. Sostenendo di conseguenza che l’assunzione di cibi cotti o troppo manipolati comportassero l’assunzione anche del processo di cottura e di manipolazione. Con le medesime conseguenze dell’inscatolamento: il cibo cotto o manipolato, cuoce e manipola il cervello.
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