I vegetariani sono più intelligenti?
16 dicembre 2006Un gruppo di ricercatori della Southampton University ha evidenziato un collegamento tra il quoziente d’intelligenza (Q.I.) e la scelta dietetica e ideologica dell’essere vegetariani.
Secondo gli studiosi, su un campione di 8.179 persone, coloro che hanno scelto di rinunciare alla carne avevano da bambini un quoziente di intelligenza di 106 punti, contro i 101 punti dei non vegetariani. Proporzioni simili anche per le donne, che registrano un punteggio medio di 104 tra le vegetariane e di 99 tra le non vegetariane. Non mangiare proteine animali coinciderebbe quindi con una maggior capacità intellettiva. Che si tratti di vegani o di ovo-vegetariani non fa molta differenza: comunque la si giri, coloro che aderiscono a questa filosofia hanno in media 5 punti in più di Q.I.
Per Liz O’Neill, della Vegetarian Society, si è sempre saputo che il vegetarianismo è una scelta intelligente, di compassione (nel senso etimologico di «patire insieme») e di grande solidarietà nei confronti degli animali, dell’ambiente e della gente. Come sosteneva oltre un secolo fa il guru indiano Sri Yukteswar, maestro di Paramahansa Yogananda, il corpo umano sembra essere stato creato per un’alimentazione a base di cereali, frutta, radici commestibili e bevande come il latte; a questo si aggiunge che l’essere umano non produce le stesse quantità di succhi gastrici dei carnivori. Dunque la bistecca è piena di controindicazioni e rinunciarvi sarebbe una scelta coscienziosa. Ma non tutti sono d’accordo sui termini dell’equazione, ammesso che la totale assenza di carne sia sempre e comunque salutare per l’organismo. Per il dottor Frankie Phillips, della Brtish Dietetic Association, invece, non è esatto sostenere che gli individui diventano vegetariani perché hanno un alto quoziente d’intelligenza e forse sarebbe meglio dire che in generale le persone intellettualmente dotate tendono a prendersi cura maggiormente della propria salute.
Secondo il Corriere della Sera, che ha riportato la notizia, va fatta in ogni caso una doverosa precisazione: il vegetarianesimo è comune tra persone mediamente più colte e agiate che si concedono il lusso di scegliere e, di conseguenza, più stimolate intellettualmente, che non significa che questo atteggiamento coincida con la cultura, con la ricchezza o con l’intelligenza, ma semplicemente che il problema della scelta alimentare non è avvertito (comprensibilmente) tra i poveri.
“È un po’ come dire – ha scritto la giornalista Emanuela di Pasqua – che la depressione è un male delle civiltà opulente e colte, poiché i poveri non hanno il tempo di deprimersi. Ma dire che il depresso è colto e intelligente è un’altra cosa ancora e con queste forme di argomentazione logica bisogna andare molto cauti.”
Sarà, ma come la mettiamo con il fatto che la carne da sempre è considerata cibo da ricchi?
[veganitalia.com – la redazione]