Ci si può fidare delle ricerche in lattina?
9 gennaio 2007I grandi marchi dell’alimentazione sono sempre più sensibili a quello che l’Economist chiama in un recente servizio il wellness (benessere), avendo intuito che il salutismo, oltre a essere eticamente lodevole, paga anche. Contemporaneamente sono sempre più attivi nella produzione di ricerche tese a individuare le correlazioni esistenti tra consumo di cibo e bevande ed effetti collaterali sulla salute. Ma l’inevitabile occhio di riguardo nei confronti del marketing non sempre garantisce l’obiettività.Ne parla il Corriere.it, in un articolo firmato da Emanuela Di Pasqua, citando un’indagine del giornale medico online Plos Medicine, condotta su 206 articoli comparsi su riviste del settore. Indagine che ha rivelato che più della metà delle pubblicazioni erano basate su studi in parte o del tutto sponsorizzati dalle industrie produttrici di bibite, succhi di frutta e latte. Inoltre le conclusioni alle quali giungevano erano da quattro a otto volte più portate a non individuare controindicazioni al consumo rispetto alle indagini indipendenti. Questo genere di analisi mette in luce il crescente criticismo nei confronti dei prodotti alimentari a larga diffusione, soprattutto in relazione al montante e diffuso problema dell’obesità. La spiegazione di queste differenze di lettura può essere spiegata in vari modi e senza allarmismi, ma certamente evidenzia come una ricerca indipendente risulterebbe decisamente più credibile. Inoltre i costi di una maggiore sorveglianza governativa verrebbero ammortizzati dal risparmio generato in termini di salute pubblica.
E’ comunque indubbio che avere come committenti delle ricerche le aziende produttrici degli alimenti metta i ricercatori in una posizione compromettente e di difficile gestione. A titolo di esempio, studi sponsorizzati da industrie del latte statunitensi e australiane hanno evidenziato l’effetto benefico della bevanda sulla massa ossea, sottolineandone l’elevato potere nutritivo. Una ricerca commissionata da un noto marchio di succhi di frutta, giunge alla conclusione che l’assunzione di succo d’arancia migliori i livelli di grassi nel sangue. Infine viene smentita qualunque correlazione tra la disidratazione e l’uso di caffè o cola in un’indagine sovvenzionata da uno dei produttori di questo tipo di bibite. Diversamente ricerche indipendenti hanno individuato effetti preventivi del latte nella frattura del bacino, nel diabete e nel cancro decisamente modesti, rischio di calcoli renali legati al consumo di cola e una stretta correlazione tra obesità e bibite zuccherate.