L’animale come referente assente
3 marzo 2007Categoria : Animali
Tag : animale, carnivorismo, carol j. adams, paola segurini, referente assente
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Il saggio The Sexual Politics of Meat: a Feminist-Vegetarian Critical Theory, scritto nel 1990 da Carol J. Adams e ristampato lo scorso anno, è un’opera base per la comprensione di alcune delle istanze che costituiscono i fondamenti del movimento per i diritti animali americano.
L’autrice americana – che si occupa fin dagli anni Settanta di portare avanti le battaglie contro gli abusi nei confronti della minoranze etniche, contro la violenza sessuale in ambito familiare e sociale e per i diritti degli animali non umani – ha sviluppato, per spiegare il motivo per cui la gente si ciba di animali e le difficoltà che si incontrano nell’affrontare l’argomento, la struttura del referente assente, teoria che può sembrare ostica da comprendere ma che, a mio avviso, è illuminante ai fini dell’analisi delle strategie che l’essere umano adotta per potersi nutrire di animali senza sentirsi in colpa.
Per una migliore comprensione della teoria vediamo come Carol Adams è diventata vegetariana (oggi è vegan). In diversi dei suoi testi ella racconta di quando, tornata nella sua cittadina in campagna durante le vacanze universitarie, venne chiamata da un vicino che le comunicava l’uccisione, da parte di ignoti, del suo pony. La sera stessa, disperata per questa morte, improvvisamente aveva smesso di addentare il panino con hamburger che stava mangiando, fulminata dal pensiero di piangere la morte di un animale mentre si nutriva di un altro. Si era chiesta la differenza tra il pony, che avrebbe seppellito con dolore il giorno seguente, e la mucca morta, ma non era riuscita a trovare nessuna difesa di tipo etico per giustificare un favoritismo che avrebbe escluso la mucca dalla sua compassione solo perché non l’aveva conosciuta e un anno dopo era diventata vegetariana.
Dietro ogni pranzo a base di carne c’è un’assenza: la morte dell’animale del quale la carne prende il posto. Tramite la macellazione, spiega Adams, gli animali diventano referenti assenti, cioè vengono resi assenti in nome e corpo come animali, per permettere alla carne di esserci. Le loro vite precedono e permettono l’esistenza della carne, gli animali vivi però non ne permettono l’esistenza, così il corpo morto rimpiazza l’animale vivo e, nel momento in cui il linguaggio rinomina il suo cadavere, prima che i consumatori partecipino all’atto di mangiarlo, la sua presenza diventa assenza.
La funzione del referente assente è di mantenere la nostra carne separata dal fatto che una volta era un animale, per evitare che qualcosa sia visto come quello che era stato qualcuno.
La nostra cultura mistifica ulteriormente il termine carne tramite il linguaggio gastronomico, così le parole non evocano più animali morti macellati, ma cuisine. Mentre il significato culturale del cibarsi di animali muta storicamente, una parte del carnivorismo rimane statica: non è possibile mangiare carne senza la morte dell’animale. L’animale vivo diventa così referente assente nel concetto di carne. Tramite il referente assente possiamo quindi dimenticare l’animale come essere senziente.
Carol Adams descrive il ciclo di oggettificazione, frammentazione e consumo degli animali (che essi hanno in comune con il processo subito dall’immagine della donna, nella condivisibile ottica femminista dell’autrice) e conduce il lettore a un’analisi di come la macellazione converta gli animali da esseri viventi che respirano in oggetti morti.
A livello verbale il processo fisico della macellazione viene riassunto con termini che ne sanciscono l’oggettificazione. Gli animali sono trasformati in non-esseri, in unità produttive di cibo, ridotti a consistere di parti commestibili e parti non commestibili. Essi, dopo l’uccisione, scorrono su una catena di smontaggio e perdono parti del loro corpo ad ogni fermata. L’essenza della macellazione è quindi, tramite gli strumenti utilizzati, la sparizione totale di creature indifese, che debbono essere considerate come oggetti inerti, da sezionare fino a renderli adatti al consumo.
Il consumo è il completamento dell’oppressione, l’annichilimento della volontà, dell’identità separata. Attraverso la frammentazione, l’oggetto viene scisso dal suo significato ontologico e quando viene consumato esiste solo tramite ciò che rappresenta. I pezzi dell’animale, rinominati, permettono al consumatore di cambiare la propria concettualizzazione dell’animale, per allontanare ancor di più l’animale vivo, il cucciolo. La cottura, l’aggiunta di spezie, aromi e altro contribuiscono a oscurare la vera natura di ciò che si trova sul nostro piatto. Privata del referente-animale macellato e sanguinante – non dimentichiamo che i macelli sono da sempre luoghi chiusi e separati dalla realtà sociale – la carne diventa un oggetto consumabile
La macellazione è un atto che appartiene solo agli esseri umani, gli animali carnivori uccidono e consumano direttamente la preda, per loro non esiste un referente assente, ma solo un referente morto. Il consumo da parte degli esseri umani del referente assente-animale reitera l’annichilimento di quest’ultimo come soggetto importante in se stesso e nello stesso tempo evidenzia il tristissimo contrasto tra i vegetariani, che nella carne vedono la morte, e i carnivori, tanto convinti che la carne sia vita da voler oscurare e camuffare con tutti i mezzi e a tutti i livelli ciò che essa è in realtà.
Ritengo che, nel complesso, l’analisi effettuata da Carol Adams sia un utile strumento chiarificatorio della (ahimé!) solidità culturale del carnivorismo e nello stesso tempo costituisca un metodo per tentare di smontare con decisione le ragioni di chi si ostina a non capire.
Paola Segurini