Ma non era finita? (ditelo a Dario Cecchini)
12 aprile 2007“Carlo aveva sessant’anni ed era stato sempre bene. I guai sono cominciati il 6 gennaio scorso: era a caccia, ma è tornato a casa perché stava male. Ci siamo attivati subito, sino a rivolgerci a un medico di Firenze che già conoscevamo. Il 22 gennaio mio marito è stato ricoverato all’ospedale di Careggi. All’inizio non capivano che cosa avesse, poi ha iniziato a camminare peggio, a perdere la memoria, a non voler mangiare… A metà febbraio gli è stata diagnosticata la malattia, era la sindrome Creutzfeld-Jacobs». A raccontare la storia di Carlo Deiana, 60 anni, imprenditore edile di Capoliveri, è la moglie, Paola.
Una storia dolorosa, che la donna, sostenuta dai figli e dai parenti, ha vissuto momento dopo momento accanto al marito nella speranza che i medici si presentassero finalmente con la cura che gli salvasse la vita: «Ma la cura – dice con l’amaro nel cuore Paola Deiana – non c’è ancora».
La Creutzfeld-Jacobs è una malattia neurologica del gruppo delle encefalopatie spongiformi, il cui nome è di attualità dal 1996 a causa della sua connessione con la Bse, l’encefalopatia spongiforme bovina, conosciuta come “malattia della mucca pazza”.
«Quando mio marito è stato ricoverato – prosegue il racconto della donna – è stato sottoposto ad analisi e controanalisi, ma non gli trovavano niente. Poi gli hanno effettuato un prelievo del midollo spinale, ed è stata fatta la diagnosi. Come può avere contratto la malattia? Non si sa – risponde la moglie -. Questa malattia, che non è contagiosa, è causata da un prione, ma non si sa come si prende e può incubare anche per vent’anni. Non si sa come l’abbia presa e purtroppo le cure si fanno attendere. Quando ci hanno detto la diagnosi non c’era più niente da fare, solo aspettare. No, lui non lo ha saputo. Mio marito non era più cosciente, non riconosceva più nessuno…».
Carlo Deiana è morto all’ospedale di Careggi nella notte del 20 marzo. A Firenze la salma è stata sottoposta all’autopsia e, da Bologna, personale specializzato dell’Istituto superiore della sanità, si è recato nell’ospedale del capoluogo toscano per effettuare il prelievo di materia cerebrale ed esaminarla; al caso si è interessato anche personale del ministero della Sanità.
A rendere ancora più dolorosa la vicenda, è stata l’impossibilità di trasferire l’uomo all’ospedale di Portoferraio, come avrebbe voluto la famiglia per essere più vicini a parenti e amici dopo la lunga degenza a Firenze. «All’ospedale di Portoferraio ci hanno dato un grande dispiacere – afferma Paola Deiana -. Chiedevamo di poterlo trasferire all’Elba, perché così avrebbe avuto vicino suo fratello, i parenti, gli affetti. Mio figlio è andato a parlare con i sanitari, ma mio marito era un malato scomodo. Per lui non c’era più niente da fare, ma portarlo vicino casa sua era una cosa molto importante. Ci sono state molte manifestazioni di grande affetto nei suoi confronti, mio marito lo meritava, ma il caso dell’ospedale ci ha feriti ulteriormente». La disponibilità dell’ospedale di Portoferraio a ricoverare il malato è giunta troppo tardi, il 21 marzo. I Deiana sono capoliveresi originari della Sardegna. Due i figli di Carlo.
[da Il Tirreno del 10 aprile 2007]