Ricky Gianco
24 maggio 2007Ha venduto milioni di dischi e il suo nome è legato soprattutto al periodo d’oro della musica leggera, quella degli anni Sessanta e Settanta. Lui è Ricky Gianco, eclettico e celebre cantautore, che dall’anno scorso è anche impegnato insieme a Vittorio Cosma, Velia Mantegazza e Antonio Occhiato nella direzione artistica del Mantova Musica Festival.
Gianco anticipa alcuni aspetti di questa giovane ma importante kermesse lombarda e si racconta fra presente e futuro all’insegna del grande impegno nel sociale.
[b]Lei ha vissuto e fatto la musica a 360 gradi, sempre da protagonista. Questa esperienza da direttore artistico, cosa significa per lei?[/b]
«Come direzione artistica è un’esperienza che definire nuova per me sarebbe esagerato. Ha comunque degli aspetti di novità. Sono tanti anni che sono nella musica e ho sempre fatto cose diverse, perché altrimenti uno si “rompe”. Tra l’altro, qui a Mantova, canto anche, perché faccio parte del gruppo che nella serata di inaugurazione interpreterà questa scommessa che è Giacomo Puccini».
[b]Una scommessa affascinante e originale.[/b]
«Siccome il tema di quest’anno di tutto il festival sono i muri, non solo quelli fisici che a volte li buttano giù e poi li ricostruiscono, ma anche e soprattutto tutti gli altri che non si vedono, quelli più pericolosi come la xenofobia, il razzismo verso tutti i “diversi”, ci sembrava interessante applicare lo stesso discorso anche ad un’icona sacra come Puccini. Anche questo è un altro muro che cerchiamo di buttar giù, senza dissacrare nulla, facendo una bella scommessa che speriamo di vincere».
[b]Come reinterpreterà Puccini?[/b]
«Io farò solamente un’aria dalla “Tosca” che è “Vissi d’arte, vissi d’amore” nella quale mi ci ritrovo piuttosto bene, anche se non sono ancora morto! E poi ci sono altre arie che saranno cantate da Patrizio Fariselli, Eugenio Finardi, Alessandra Gatti, Nada, Roy Paci, Gino Paoli, Raiz, Giovanni Sollima e Roberto Vecchioni. Inoltre ci saranno le tre serate con le rassegne e musica da mattina a sera per tutti i gusti. La targa “Bindi”, invece, che è stata data l’anno scorso a Franco Piersanti, autore della colonna sonora del film “Il Caimano”, questa volta sarà consegnata a Pino Donaggio».
[b]Tornando al tema dei muri, crede che la musica possa contribuire davvero ad abbatterne qualcuno?[/b]
«Sicuramente sì. Sono convinto che tutto contribuisca. Mi viene in mente, ad esempio, il problema dell’acqua, che fra poco diventerà veramente un guaio serio. Io sono arrivato a capirlo lentamente, grazie a mia moglie. Se ti fai la doccia spegnila mentre ti insaponi. Uno può obiettare: “Ma cosa vuoi a che serva un rubinetto che chiudo io ogni tanto?”. Certamente da solo non conta niente, ma se lo moltiplichi per milioni sì. E il discorso sulla musica è identico: non è che possa pretendere di cambiare qualcosa da sola. Sicuramente, però, è uno dei tanti tasselli, uno dei tanti piccoli pezzi di un puzzle molto grande che per essere completo avrebbe bisogno del contributo di tutti. E questo vale anche per l’arte, la politica etc.».
[b]Chi le piace fra i giovani dell’attuale panorama cantautorale italiano?[/b]
«Mah, fra i giovani giovani non lo so. Tanto per dirne uno, l’anno scorso abbiamo premiato i “Te capì”, un gruppo che canta in milanese, che fa blues e soul. Amo molto tutto ciò che è espressione dei vari dialetti per un fatto proprio di musicalità oltre che di contenuti. Ce ne sono comunque tanti di giovani interessanti e a dirne uno solo si rischia di far torto a qualcuno. Però tutto ciò che ha prodotto la tecnologia nella musica, se da un parte ha aiutato, dall’altra ne ha svuotato l’aspetto più semplice, più spontaneo. Una volta uno suonava un pezzo con la chitarra o con il piano e se il pezzo c’era doveva stare in piedi. Adesso, invece, chi fa i dischi in casa con i computer non va spesso al nocciolo alla sostanza di quello che è il pezzo. E poi va detto che la musica è una delle espressioni della società e non mi sembra che questa vada tanto bene, anzi sempre peggio. Ci sarà sempre chi viene fuori, ma il Rock si è imposto non perché qualcuno lo ha inventato ma perché è stato un movimento rivoluzionario, sociale, che è arrivato in tutto il mondo nonostante la musica fosse straordinaria e i pezzi di un’imbecillità mostruosa. È servito come chiave, come sfogo per ribellarsi ad un vecchio mondo. Insomma, i cambiamenti veri non vengono dal singolo, ma dall’insieme».
[b]Quali sono i suoi prossimi progetti nel sociale? E poi, ci sarà ancora il prossimo anno al “Mantova”?[/b]
«Il Mantova, se tutto va come deve, dovremmo rifarlo senz’altro. I miei impegni, invece, sono sia sul fronte animalista che su quello sociale. In questo periodo stiamo particolarmente male per quello che è successo in Afghanistan. Prima hanno sfruttato e spremuto Emergency e Gino Strada, poi dopo, quando per loro le cose si sono messe in un certo modo, li hanno abbandonati fottendosene. E questo è terribile. Se uno pensa non solo a se stesso ma anche al mondo, agli altri, di cose da fare ce ne sono infinite, molte delle quali neanche bisogna dirle, basterebbe farle».
[b]Non sapevo si battesse anche in favore degli animali…[/b]
«Sì, sono anche diventato vegetariano. Gli animali sono un grande tesoro in un mondo di….va beh, lasciamo stare!»
[da ilmeridiano.info – flavio bianchi]