Piano B 2020, l'indispensabile rivoluzione
23 gennaio 2008Finora hanno scherzato in troppi, fra i governi, il mondo della produzione, quello del lavoro, le persone singole e aggregate. Finora hanno scherzato in troppi, fra i governi, il mondo della produzione, quello del lavoro, le persone singole e aggregate. Da adesso in poi dobbiamo diventare tutti attivisti: che ogni gesto e ogni decisione, ogni giorno e ogni ora, siano ispirati agli obiettivi di stabilizzare il clima e la popolazione, vincere la miseria e ripristinare gli ecosistemi degradati. Obiettivi da conseguire entro pochi anni, non entro decenni.
Esagerato? Irrealistico? Sarà meglio di no, se vogliamo evitare la fine del genere umano. È questo il messaggio carico di urgenza lanciato dall’ultima pubblicazione di Lester Brown, presidente dell’Earth Policy Institute. Il titolo pare di fantascienza: Plan B 3.0: Mobilising to Save Civilisation (Piano B 3.0: mobilitarsi per salvare la civiltà).
Ma lo sforzo richiesto è una necessità visto che, come ha spiegato Brown all’agenzia stampa Inter Press Service, «i cambiamenti climatici avvengono più rapidamente di quanto previsto. Perciò dobbiamo tagliare le emissioni globali di gas serra dell’80 per cento rispetto ai livelli del 1990». Il punto è che per Brown questo obiettivo è da raggiungere entro il 2020 addirittura; molto di più e molto prima del taglio dal 25 al 40 per cento chiesto, per il 2020, dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), premio Nobel per la pace 2007. Secondo Brown, «l’Ipcc ha fondato le sue raccomandazioni su dati che sono vecchi di circa due anni; studi più recenti mostrano una netta accelerazione nel fenomeno del cambiamento climatico; spero dunque che l’Ipcc riveda le raccomandazioni nel prossimo rapporto. Ma sarà fra cinque anni. Troppo tardi. Dobbiamo agire ora». Non sono le soluzioni a mancare; manca la consapevolezza che la civiltà è in pericolo.
Brown spiega che cosa e come si può fare. Ad esempio, sul lato della produzione di energia, l’eolico potrebbe produrre il 40 per cento dell’energia mondiale installando 1,5 milioni di nuove turbine da due megawatt. Sembra tanto ma, dice l’autore, com’è che in un anno si è capaci di costruire facilmente 65 milioni di nuove auto? Diverse linee di produzione di queste scatole insostenibili potrebbero essere convertite alla costruzione di turbine a vento. Più efficienza nell’illuminazione ridurrebbe il consumo di elettricità del 12 per cento all’anno: abbastanza da chiudere oltre 700 delle 2.370 centrali termoelettriche a carbone! Poi le costruzioni, l’abitare: si può arrivare a zero emissioni, in questo settore che adesso negli Usa provoca il 40 per cento delle emissioni di gas serra.
Ma è importante anche che cambi il «combustibile per il corpo umano»: da una dieta carnea a una vegetariana che richiede un quarto dell’energia rispetto alla prima. Lester Brown è d’accordo con l’esortazione dello scienziato indiano Rajendra Pachauri, capo dell’Ipcc che ha suggerito di essere consumatori frugali comprando solo quel che serve davvero, andare più in bici che in auto e, appunto, mangiare meno carne (lui è vegetariano). La produzione di un kg di carne causa in media emissioni equivalenti a oltre 35 kg di anidride carbonica.
Brown è molto critico poi sugli agrocarburanti, ormai al centro di polemiche per il loro possibile impatto sugli ecosistemi e sullo stato dell’alimentazione umana. E c’è, cruciale, la questione demografica: ogni anno si aggiungono 70 milioni di persone concentrate in paesi dove la situazione idrica è sempre più critica, i pozzi sono secchi, le foreste decimate, i suoli erosi e i pascoli quasi desertificati. Emergenze che crescono parallelamente alla preoccupante crisi dei governi.
L’ingiustizia, poi, regna sovrana, anche sul fronte dell’approvvigionamento petrolifero: i paesi ricchi continueranno a ottenere il petrolio di cui hanno bisogno – finché ce n’è – mentre i poveri dovranno fare con meno. Eppure le risorse mondiali per vincere la miseria ci sono. Brown suggerisce dal 2008 al 2020 una tassa annuale mondiale di 20 dollari per tonnellata di carbonio, che cumulativamente raggiungerebbe i 240 dollari.
[da il manifesto – marinella correggia]