Il «Veggie Pride» e l'etica del cibo
17 maggio 2008Era il 2001 quando si svolse per la prima volta la «marcia dell’orgoglio vegetariano» a Parigi. Nel paese d’Oltralpe tuttora chi si nutre senza prodotti animali non di rado è preso in giro. In Italia il movimento vegetariano e vegan – da molto tempo diffusissimo nei paesi anglosassoni, e da millenni una caratteristica dell’India – è ormai «sdoganato»; non succede più, come nei decenni scorsi, di suscitare ilarità o condanna. Rimane però un certa incomprensione sulla ragione di fondo della scelta: il rispetto della vita degli animali. Così molti vegetariani e vegan preferiscono nascondere la motivazione empatica ed elencare quelle ormai diventate abbastanza consensuali, almeno in teoria: le emergenze ecologiche, la fame nel mondo, la salute, o il disgusto personale.
Ma il movimento «veg» vuole sottolineare proprio il diritto-dovere alla compassione di fronte alle torture quotidiane: «Uccelli infilzati arrostiscono nelle vetrine, corpi smembrati guarniscono gli scaffali. Sui ponti delle barche mucchi di pesci muoiono silenziosamente e lentamente di asfissia. Vitelli, polli, maiali, mucche da latte, galline ovaiole, vivono in un inferno permanente. Negli allevamenti si consumano povere vite. Si tagliano al vivo e senza anestesia becchi, denti, testicoli. Ovunque circolano camion pieni di condannati a morte». Nel 2006, solo in Italia, sono stati abbattuti più di 480 milioni di animali»; potendo contare i pesci – che invece sono calcolati solo a tonnellate, sarebbero molti miliardi.
Così domani, a Roma per la prima volta come a Parigi da anni, si svolgerà il Veggie Pride, i cui partecipanti rivendicheranno la fierezza e il piacere del non mangiar carne, pesce e altri prodotti animali – che sono parte dello stesso circuito di sfruttamento e morte. «Il vegetarismo mette in discussione la legittimità dello sfruttamento degli animali» si legge sul sito www.veggieprige.org; «rivendichiamo i nostri diritti: diritto allo stesso spazio che hanno gli onnivori per esprimersi sui mass-media, diritto a pranzi senza animali nelle mense, diritto di rifiutare ogni partecipazione allo sfruttamento animale con le nostre tasse. I nostri diritti sono gli unici che questi animali oggi, indirettamente, posseggano».
I partecipanti alla marcia italiana (partenza dalla metro Colosseo alle 14) denunceranno il macello globale, guerra intrecciata a tutte le altre guerre e distruzioni. Che l’inferno animale – in aumento con la progressione nel consumo di carne a livello planetario – non aiuti gli umani e anzi abbia gravi responsabilità nell’ affamare i poveri (vista la scarsa resa energeticoproteica degli allevamenti), a riscaldare il clima (vedi il rapporto Fao del 2006), a distruggere le foreste è ormai ufficialmente riconosciuto (poi non se ne fa quasi nulla). Il Veggie Pride vuole affermare il suo rifiuto etico anche se la zootecnia non avesse questi giganteschi effetti collaterali.
Antico, il rifiuto. Plutarco: «Io mi domando con stupore in quale circostanza e con quale disposizione spirituale l’uomo toccò per la prima volta con la bocca il sangue e sfiorò con le labbra la carne di un animale morto (…) Come mai quella lordura non stornò il senso del gusto che veniva a contatto con le piaghe di altre creature e che sorbiva gli umori e i sieri essudati da ferite mortali? (…) Furono sollecitati dalla fame. Ma se tornassero in vita e riacquistassero la voce, direbbero: beati voi, quanta ricchezza potete mietere dai campi, quanti prodotti gustosi potete cogliere dagli alberi».
Rispetto ai tanti cambiamenti negli stili di vita e dunque nei modelli di produzione che l’emergenza socioecologica planetaria impone, la rivoluzione alimentare è la più immediata e facilmente realizzabile anche da parte dei singoli cittadini – basta volere, informarsi, decidere- senza bisogno di strutture, tecnologie nuove, svolte politiche, incentivi pubblici. Le proteine etiche sono alla portata di tutti.
[da il manifesto – marinella correggia]