La dolce stevia
12 gennaio 2009Il dolce che non ingrassa esiste ma in Europa nessuno lo vuole. Sembra un paradosso, eppure l’Ue non autorizza un dolcificante naturale molto più forte del saccarosio e senza nessuna caloria. La Stevia – una piccola pianta che cresce in Amazzonia e permette di zuccherare bevande e alimenti – è usata da secoli dagli indigeni Guarani, essiccata e poi in polvere verde o bianca, se è più o meno raffinata.
Nelle tribù latino-americane è chiamata appunto “pianta dolce”.
I giapponesi, che l’hanno scoperta negli anni Settanta, la distribuiscono come sostituto dello zucchero estratto da barbabietola o canna, consigliandola persino ai diabetici. E ora anche gli Stati Uniti si sono convertiti. È il dolcificante del futuro, il Santo Graal per il mercato di bibite e alimenti light, ha scritto il Wall Street Journal. Il 18 dicembre la Food and Drug Administration ha dato finalmente il via libera a questo edulcorante naturale.
In Europa, invece, la storia della Stevia è amarissima. Questo arbusto, molto resistente al freddo e che appartiene alla famiglia delle margherite, è tuttora vietato nonostante l’attivismo delle associazioni ecologiste.
L’Ue si ostina a bloccarne la commercializzazione, ufficialmente perché la Stevia è un “nuovo alimento” che non ha ancora superato tutti i test sanitari. È dal 1999 che la guerra dello zucchero va avanti, tra carte bollate e ricorsi. Alcuni consulenti della Ue hanno collegato l’aumento di tumori e dell’infertilità al consumo di Stevia. Ma successive verifiche non hanno potuto confermare le accuse. E così la richiesta di commercializzazione è rimasta ferma nei meandri della burocrazia.
“Finché tutte le verifiche non saranno espletate non potremo concedere l’autorizzazione” ha spiegato Andreas Keplsch del commissariato per la sicurezza alimentare. Il professore Jan Geuns, biologo dell’università di Lovanio e presidente dell’associazione che si batte per la vendita della Stevia in Europa, traduce a modo suo: “La commissione europea continua a metterci i bastoni fra le ruote perché è condizionata dalle lobby dello zucchero”.
Gli ecologisti francesi hanno trasformato la Stevia in un simbolo politico. Secondo molte associazioni, l’ostracismo contro questo “nuovo alimento” è la conferma che Bruxelles pensa più alla difesa delle industrie che producono saccarosio e aspartame e meno alla salute dei cittadini. “L’aumento dell’obesità, soprattutto tra i bambini, dovrebbe accelerare piuttosto che rallentare la messa sul mercato di un dolcificante naturale senza calorie” osserva Patrick Merland, che vende sul web le piante e i semi come “ornamento”: un piccolo trucco per aggirare la legge.
“Ho quasi cinquemila clienti – racconta Merland – tra cui importanti pasticcerie e ristoratori di Parigi: oltre a essere salutare, la Stevia ha anche un sapore squisito”. Per Claudie Ravel, un’imprenditrice francese che importava la polvere zuccherina e la distribuiva nei negozi biologici, è andata male: qualche giorno fa è stata condannata per frode. Mentre un’altra azienda, la Greensweet di Joel Perret, dopo due anni di contenziosi ha scelto di andare a vendere i suoi prodotti da forno a base di Stevia in Svizzera, dove la pianta è regolarmente autorizzata.
“Prima o poi dovranno cedere” rilancia Geuns, che ha presentato alla Ue due nuove richieste: una per la commercializzazione della pianta e degli estratti secchi al comitato scientifico europeo per gli alimenti, l’altra per i derivati (Stevioside e Rebaudioside A) all’Authority europea per la sicurezza alimentare che ha sede a Parma. Il recente disco verde della Food and Drug Administration sarà per i militanti pro-Stevia un altro argomento. Non è detto che sia l’ultimo.
[da la repubblica dell’8 gennaio 2009 – anais ginori]