Il paradosso della carne
31 ottobre 2014Categoria : Società
Tag : 1957, carne, dissonanza cognitiva, leon festinger, paradosso, stefano momentè, steve loughnan, vegan, vegetariani
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Dire di amare gli animali e mangiarli rientra nell’ambito psicologico di ciò che nel 1957 Leon Festinger definì dissonanza cognitiva. La più nota versione di dissonanza cognitiva è espressa nella favola di Fedro, La volpe e l’uva, nella quale la dissonanza fra il desiderio dell’uva e l’incapacità di arrivarvi, conduce la volpe alla conclusione che «tanto l’uva è acerba». È dissonanza cognitiva anche, ad esempio, quando qualcuno disprezza esplicitamente i ladri, ma compra un oggetto a un prezzo troppo basso per non intuire che sia di provenienza illecita. Secondo Festinger, per ridurre questa contraddizione lo stesso individuo potrà o smettere di disprezzare i ladri (modificando quindi l’atteggiamento), o non acquistare l’oggetto proposto (modificando quindi il comportamento).
Lo stesso avviene nei confronti degli animali.
Un italiano mangia in media 90 chili di carne all’anno, con un aumento del 200 % dal 1960 ad oggi, ma può arrivare a spendere migliaia di euro l’anno per le cure del proprio animale domestico.
Ci prendiamo cura degli animali, li proteggiamo, li tuteliamo e tuttavia li mangiamo con altrettanta veemenza.
Sul paradosso della carne ha pubblicato un interessante studio il dottor Steve Loughnan, dell’Università di Melbourne. Nelle sue ricerche riporta i risultati di alcuni esperimenti realizzati per comprendere le complesse strategie psicologiche che gli individui mettono in atto per mangiare carne, nonostante le paradossali affermazioni a favore degli animali.
Una contraddizione risolvibile? Secondo i ricercatori solo in due modi.
Il primo è quello di non consumare carne e diventare quindi vegetariani o meglio ancora vegani. Il secondo è quello di abbassare il livello dei diritti attribuiti agli animali: uccidere un animale è sicuramente meno problematico se pensi che non abbia gli stessi diritti dell’uomo. Un processo possibile perché i carnivori credono che gli animali non abbiano la stessa capacità dell’uomo di percepire complessi stati emotivi e cognitivi.
I vegetariani, al contrario, attribuiscono una ricca vita emotiva e complessi stati mentali agli animali, rinonoscimenti che li inducono a rigettare l’idea di ucciderli per consumarne la carne. In questa prospettiva metacognitiva, gli animali sono esseri senzienti, in grado di provare piacere e dolore, per cui vanno loro accordati diritti morali esattamente come agli esseri umani.
In alcuni esperimenti descritti da Loughnan, si spiega che i carnivori risolvono la questione facilmente, passando dal dispiacere dell’uccisione di milioni di animali al piacere di mangiare la carne cotta, modificando le loro credenze. In un esperimento, soggetti che avevano precedentemente mangiato carne, nel test successivo, apparentemente non legato al primo, dichiaravano che gli animali avessero meno diritti degli uomini.
In un altro esperimento, prima di scegliere se mangiare carne bovina o frullato di banana i soggetti dovevano rispondere ad un questionario sui diritti morali della mucca. Chi rispondeva negativamente alle domande preferiva mangiare carne e sentiva meno sensi di colpa.
Stefano Momentè