Venezia, ecco le vongole del petrolchimico
27 aprile 2007Il pescatore punta sicuro verso la secca. Getta l’ancora davanti al canale dove le industrie chimiche rovesciano i loro scarichi, si guarda intorno. E poi avvisa: “Adesso facciamo la giostra”. Mette in acqua il motore incastrato su un’asta di ferro, l’elica comincia a mulinare, scava sul fondo sabbioso e strappa via tutto quello che c’è. (…) Il pescatore cala la gabbia in mare e tira su le prime vongole. Sono spesse, gonfie dell’acqua calda di Porto Marghera. In meno di dieci minuti ne pesca quaranta chili. Dopo 6 ore ne porta via due, tre e forse anche quattro tonnellate. Tutte tossiche. Cariche di diossina, di olii per il raffreddamento dei trasformatori elettrici, di pesticidi.
Fra un paio di giorni gli italiani le troveranno in pescheria. Con tanto di marchio di provenienza. Falso. Con tanto di documento fiscale per il trasporto. Falso. Con tanto di certificato sanitario. Falso. Con tanti saluti dai banditi della laguna.
E’ la grande caccia alle vongole al veleno, migliaia di tonnellate smerciate a Milano, a Roma, a Napoli, a Genova, fino in Sicilia. Un fatturato illegale di centinaia di milioni di euro che poi sparisce nei casinò della Slovenia o del Montenegro, in alberghi e beauty farm sulle Dolomiti, in villaggi turistici in Tailandia. Un racket che fa arricchire pochi e appesta tanti. E’ una ciurma di farabutti quella che si spinge nelle zone proibite fra Chioggia e Pellestrina per catturare quelle più grosse, le più contaminate. E’ spaventosa la loro tossicità. (…) Il responsabile di un laboratorio nazionale di chimica racconta: “ La Regione Veneto ha fissato dei limiti di tossicità, dai nostri campioni raccolti nelle acque vicino ai canali industriali abbiamo riscontrato valori anche 45 volte superiori a quei limiti”.
(…) C’è chi le pesca anche nelle acque vietate e poi le riversa nei recinti regolari, allevamenti di aziende “amiche” che ne attestano la lecita provenienza.
[estratto da La Reppubblica del 22 aprile 2007- grazie a Isabella]