L'antropocentrismo cattolico uccide la coscienza
4 febbraio 2002
Ogni grande religione segue un sentiero diverso per andare verso lo stesso Dio: l’Islamismo segue il sentiero della sottomissione, l’Ebraismo quello della legge, il Buddismo quello della liberazione, l’Induismo quella della identificazione, lo Zoroastrismo quello della rettitudine, il Giainismo quello della nonviolenza, il Confucianesimo quello dell’armonia ecc.
Il Cristianesimo segue il sentiero dell’amore ma limita questo sentimento alla sola specie umana.
Da un’analisi di antropologia morale se ne deduce che ogni crimine, di cui l’uomo è capace di macchiarsi, viene dall’insensibilità del suo cuore, dall’incapacità della sua coscienza di condividere la condizione dell’altro e soprattutto dal disprezzo del valore della vita in senso lato. La visione antropocentrica della cultura cristiana ha profonde ripercussioni sulla coscienza della gente perché tende a spegnere la naturale repulsione dell’essere umano verso la violenza e reprime la compassione dell’animo umano e quindi preclude all’uomo lo sviluppo della sfera emotiva che è il sentimento più nobile dell’animo umano che può consentire la realizzazione di un mondo migliore.
Chiunque s’intenerisce alla vista di un coniglietto, un agnellino, un pulcino. Le persone si accostano con spontanea tenerezza agli animali, cercano di accarezzarli e nessuna persona dotata di sensibilità avrebbe mai il coraggio di uccidere un animale per divorarne le carni perché sente avversione all’idea del sangue, della sofferenza, sente compassione e fugge alla vista della sua uccisione perché intuisce che questo è un fatto brutale, crudele, ingiusto. Infatti se ognuno dovesse uccidere con le proprie mani l’animale credo che tutta l’umanità (eccetto i preti e i macellai) sarebbe vegetariana.
Ma la gente, nonostante riconosca l’ingiustizia dell’uccisione di un animale si rassegna ipocritamente alla realtà dei fatti con profonda ed egoista incoerenza. La gente mette a tacere la coscienza trovando giustificazione nella religione cristiana che legittima, giustifica, anzi sprona ad uccidere e mangiare la carne degli animali.
Si verifica un fatto assurdo quanto crudele Se una persona, dotata di sensibilità d’animo, sente pietà per il povero animale che sta per essere ucciso e pensa in cuor suo “non è giusto uccidere,” il prete non esalta la nobiltà del cuore, la sensibilità d’animo, la compassione, la misericordia manifesta di quella persona, al contrario dice “non avere pietà, colpisci, calpesta il tuo cuore, rinnega il tuo sentimento, strappa dal tuo petto la dolcezza, fai scorrere il sangue, uccidi e mangia, perché così ha stabilito Dio. Non solo. Mentre è considerato grave affondare la lama di un coltello nel ventre di un uomo, la stessa azione su un vitello è cosa voluta da Dio. Spezzare la spina dorsale ad un uomo è un’azione crudele ma spezzare la spina dorsale ad una volpe per prendere la sua pelliccia è legittimata dalla Chiesa cattolica. Cucire la palpebre ad un bambino appena nato per sperimentare lo sviluppo dei sensi alternativi è un fatto mostruoso ma se la stessa cosa fatta ad un cucciolo di cane è auspicata dalla Chiesa cattolica. Se gli animali sono stati creati per i benefici dell’uomo e tutto questo è voluto da Dio, allora il Dio dei Cristiani non è un Dio d’amore e di misericordia ma un Dio sanguinario e crudele, indifferente alla sofferenza delle sue stesse creature.
Il prete diviene in questo modo non il tutore della virtù, non il servitore della vita, non il difensore della compassione ma il fautore della violenza, dell’insensibilità verso il dolore altrui e del disprezzo di tutto ciò che non è essere umano: questo preclude lo sviluppo della sfera morale e spirituale e inclina l’uomo ad accettare e convivere con l’idea della sottomissione del più debole al più porte, del fine che giustifica i mezzi.
Se da una parte nel cristianesimo vi è il seme di un amore più grande, quello di pregare per i propri nemici (anche se questo concetto era già presente nel pensiero di Krishna 3000 anni aC.) dall’altro vi sono i germi dell’odio e del disprezzo per il fatto che limitando il sentimento dell’amore alla sola specie umana rende incapace l’essere umano di sviluppare nella sua coscienza la pietà e la compassione nei confronti del suo stesso simile.
Il danno viene da lontano, da quando Dio in Genesi 4,3 preferisce il sacrificio cruento di Abele all’offerta dei frutti della terra di Caino. La storia della Bibbia è costellata di sangue, olocausti e massacri comandati dallo stesso Dio e si conclude con il sangue di Gesù sulla croce il quale sacrificio avrebbe dovuto porre fine ad ogni espressione cruenta dell’uomo, almeno verso il suo stesso simile. Invece non solo l’orda di sangue e di morte (prima con il Vecchio Testamento a causa del varco che si doveva aprire il popolo eletto per meritarsi la terra promessa e poi nel Nuovo Testamento con la necessità di convertire le popolazioni infedeli) si è perpetuata nei confronti dei primi cristiani ma soprattutto nella tirannica espansione del cattolicesimo a danno dei dissidenti con centinaia di milioni di morti in una lunga scia di sangue e di terrore che è arrivata fino al secolo scorso.
In tutta la Bibbia non vi è un solo esplicito riferimento al rispetto degli animali come esseri senzienti e non come beni materiali dell’uomo. Anzi se vi è una sporadica apertura in tal senso non viene dalla voce Dio ma dell’uomo. Lo stesso David (bandito e predatore sanguinario) quando l’Angelo del Signore stava sterminando il popolo dice:”Io ho peccato, ho agito da iniquo, ma queste pecore che hanno fatto?” (Sam. 24,17)
Se la Chiesa ritiene legittimo il consumo di carne e proseguire nella sua politica antropocentrica, se autorizza i fedeli ad esprimersi in modo disumano nei confronti degli animali essa trae insegnamento non solo dal V.T. ma dagli episodi del Nuovo in cui Gesù dimostra se non disprezzo indifferenza verso le creature non umane con la pesca miracolosa, il miracolo dei pani e dei pesci, gli spiriti malvagi che Gesù fa entrare in un branco di porci che si precipitano nel burrone, quando dice:”Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini.” all’albero di fico che fa seccare perché non trova frutti in un periodo fuori stagione, ecc. Non solo, quando Gesù, parla con la donna cananea in Mt. 15,24 sembra che il suo salvifico messaggio non doveva essere esteso a tutta l’umanità ma solo alle “pecore perdute della casa di Israele.”
Ma la colpa ricade principalmente sulla Chiesa che non si apre alle mutate esigenze dello spirito umano, che non asseconda l’evoluzione della coscienza: resta invece ancorata su posizioni inconfutabilmente devastanti per la coscienza (e non solo) dell’uomo perché sarebbe troppo gravoso per i suoi stessi rappresentanti rinunciare al piacere della carne e accettare l’idea che gli animali non sono cose, esseri inferiori ma nostri fratelli di viaggio, con la nostra stessa dignità e il nostro stesso diritto al rispetto e alla vita.
[franco libero manco]