Contro l'effetto serra mangiamo vegetale
26 aprile 2008Uno studio di due ricercatori della Carnegie Mellon University, pubblicato nel numero di aprile 2008 della rivista scientifica Environmental Science and Technology, mostra che “comprare locale” ha un’importanza limitata, per risparmiare gas serra, mentre è molto più “potente” la scelta di consumare cibi vegetali anziché animali, consentendo un “risparmio” fino a 8 volte maggiore.Gli studi sul “consumo sostenibile” offrono ai consumatori un numero sempre crescente di informazioni relative all’impatto sull’ambiente in generale, e sul clima in particolare, delle loro scelte di consumo. Molti di questi studi hanno concluso che l’impatto dei singoli individui è dovuto a tre fattori principali: il cibo, l’energia usata in casa, e i trasporti.
I ricercatori della Carnegie Mellon, Christopher Weber e Scott Matthews, affermano che di questi tre fattori, quello del “cibo”, cioè di che cosa ciascuno sceglie di mangiare, è il più “potente”, perché:
– è quello che in termini quantitativi ha il maggior impatto.
– Ha il maggior livello di scelta personale, perché non dipende dalle normative, dalla disponibilità di mezzi pubblici o di fonti di energia alternative, ecc. Sul che cosa mangiare il singolo consumatore ha pieno potere.
– Si può applicare già subito, non è a medio o lungo termine come possono esserlo altri aspetti che implicano cambiamenti nelle infrastrutture, nei beni disponibili, nella tecnologia usata.
Tra i vari consigli sul come scegliere il cibo, negli ultimi anni si è fatto strada quello di “mangiare locale”: nel 1995 è stato coniato il termine “food-miles”, che potremmo tradurre come “km-cibo”, che misura quanto il cibo viaggia dalla sua produzione al consumatore finale. Maggiore sono i “km-cibo” di un dato alimento, maggiore è il suo impatto negativo sull’ambiente, e il consiglio è quindi quello di consumare cibi prodotti il più vicino possibile, per risparmiare km-cibo.
Lo studio di Christopher Weber e Scott Matthews ha voluto però misurare quanto davvero impatta sul risultato finale il viaggio dal produttore al consumatore, rispetto ai costi totali (in termini ambientali) di produzione del cibo, per capire se conviene davvero puntare sul “consumare locale” o piuttosto su altri aspetti. Il loro studio ha quindi considerato l’intero ciclo di vita della produzione dei cibi, dalla produzione delle materie prime, al trasporto, fino all’arrivo sulle nostre tavole e ha calcolato in particolare l’impatto sull’effetto serra di tutti questi passi.
Il risultato, pubblicato ad aprile 2008 sulla rivista Environmental Science and Technology, è stato che le emissioni di gas serra (non solo di CO2, ma di tutti i gas che contribuiscono all’effetto serra) associate al cibo sono dominate dalla fase di produzione, che contribuisce per l’83%, piuttosto che dal trasporto delle materie prime, che contribuisce per l’11%, o dal trasporto finale dal produttore al consumatore, che contribuisce solo per il 4% (ed è questo che viene considerato nel calcolo dei km-cibo).
Il che significa che “comprare locale” può contribuire solo per un 4-5% al risparmio nell’emissione di gas serra. Risparmi davvero rilevanti si ottengono solo scegliendo invece i cibi che, nella fase di produzione – che è quella che impatta davvero – sono più “convenienti”, cioè i cibi vegetali.
*Gas serra emessi per la produzione di cibo*
In questo grafico (vedi pagina http://www.nutritionecology.org/it/news/news_dett.php?id=491 ) possiamo chiramente vedere quanto l’effetto serra causato dalla produzione di carne, uova e latticini (i cosiddetti “cibi animali”) sia maggiore di quello causato dalla produzione di vegetali. Carne e uova impattano sul totale per il 40%, i latticini per il 18%, i cereali per l’11%, la frutta e i vegetali per l’11%, le bevande per il 6%, gli oli per il 6% e rimane poi un 8% di “altro”.
Carne, uova e latticini sono responsabili di oltre la metà delle emissioni di gas serra per la produzione di cibo, quasi il triplo di quelle derivanti dalla produzione di cereali, frutta, verdura (gli ingredienti di base dell’alimentazione vegetariana).
*Misuriamo i km-cibo*
I ricercatori hanno anche calcolato i km-cibo per le varie categorie di alimenti e scelte di consumo. Per dare una definizione applicabile alla vita di tutti i giorni a questi risultati, hanno calcolato i “km equivalenti” dei vari tipi di scelta, cioè i km che si dovrebbero fare in auto per produrre la stessa quantità di gas serra ottenuti invece dalla produzione o dal trasporto del cibo. O, per dirla in un altro modo, i km che si “risparmiano”, in termini di gas serra, decidendo di comprare i prodotti locali, e quelli che si risparmiano scegliendo invece certi tipi di cibo al posto di altri.
Ed ecco i risultati.
In una famiglia media, scegliendo di comprare solo prodotti locali per un anno intero, si “risparmiano” 1600 km.
Scegliendo di mangiare cibi esclusivamente vegetali anche per un solo giorno la settimana, si risparmia già di più, 1860 km.
Scegliendo di mangiare cibi esclusivamente vegetali per tutto l’anno, si risparmia molto di più, quasi un ordine di grandezza: 13.000 km.
Il che significa che l’alimentazione 100% vegatale è otto volte più potente di quella “locavora” (cioè che prevede solo consumi di prodotti locali), in termini di risparmio di emissioni di gas serra.
*Non solo gas serra*
Va notato che il consumo diretto di alimenti vegetali, piuttosto che la produzione di vegetali da usare come mangime per animali da cui si “ricavano” i “cibi animali” (carne, latte, uova), è benefico per l’ambiente non solo per prevenire l’effetto serra, ma anche per molti altri aspetti che questo studio non ha preso in considerazione: sono tante le ricerche e i dossier di istituzioni sovrannazionali che mostrano come con un’alimentazione a base vegetale, o per lo meno con una drastica diminuzione del consumo di alimenti animali, si possa alleggerire moltissimo la nostra “impronta ecologica” sul pianeta.
Questo nuovo studio sui gas serra ne è solo l’ennesima riprova.
Preparando i nostri piatti con ingredienti vegetali anziché animali si può risparmiare, nel processo di produzione, fino al 90% dell’energia e dell’acqua, oltre il 90% dei vegetali coltivati e delle terre coltivabili, per non parlare della drastica riduzione nell’uso di sostanze chimiche (fertilizzanti, erbicidi, pesticidi) e dell’eliminazione del problema enorme dello smaltimento delle deiezioni degli animali d’allevamento (sotto forma di liquami altamenti inquinanti).
*Conclusioni: sì locale, ma ancora di più vegetale!*
Questi dati non devono servire a concludere che non sia importante “consumare locale”: ogni abitudine positiva per il risparmio energetico, anche se impatta in modo blando, è giusta e va sostenuta. Ma i risultati dello studio ci dimostrano che, se è giusto seguire questa “buona norma”, a maggior ragione è giusto e importante imparare una sana abitudine che ci fa risparmiare molto di più, fino a 8 volte tanto: l’abitudine a diminuire il più possibile il consumo di carne, latte, uova – fino anche all’eliminazione totale, perché maggiore è la diminuzione, maggiore è il guadagno per l’ambiente.
Fonte:
Christopher L. Weber and H. Scott Matthews, Food-Miles and the Relative Climate Impacts of Food Choices in the United States, Environ. Sci. Technol., 16 Apr 2008
[da ssnv.it]