L'AIRC e la disinformazione
5 febbraio 2010Sabato 30 gennaio l’AIRC ha rinnovato l’iniziativa “Le arance della salute”, distribuendo il libretto informativo intitolato I pro e i contro della dieta vegetariana, che intende essere una guida per chi ha già fatto questa scelta alimentare e un mezzo per incentivare il consumo di vegetali, valido alleato nella prevenzione tumori.Come esortazione a consumare più cibi vegetali è un testo abbastanza convincente, mentre è un po’ meno severo nello spingere ad una riduzione dei cibi animali, soprattutto quelli meno salutari come carne rossa, carni conservate, formaggi stagionati e grassi animali. Non è invece un buon incentivo al convertirsi alla dieta vegetariana: mettendomi nei panni del lettore profano ho la sensazione che i benefici di questo tipo di dieta – dichiarati, ma non enfatizzati – non giustifichino i rischi di carenza, anzi sembra che si debbano fare chissà quali calcoli di fisica quantistica per sopravvivere con una dieta vegetariana.
Come guida è un dossier incompleto e di scarsa attendibilità. Mancano alcune nozioni di base di nutrizione vegetariana: per esempio non si raccomanda di abbinare ad alimenti ricchi di ferro vitamina C, che ne favorisce l’assorbimento, mentre alcune sostanze lo inibiscono, come i tannini presenti nel tè e caffè, i fitati presenti nella crusca e legumi non ammollati, il calcio dei latticini; non si menzionano i cereali integrali, più proteici di quelli raffinati, ricchi di sostanze nutritive e fibre e con un indice glicemico più basso; tra le fonti di omega-3 non appare l’olio di lino spremuto a freddo, che ne contiene quasi il 60%; non si parla di iodio, di cui sono ricche le alghe. Si riscontrano alcune inesattezze, la più importante riguarda la vitamina B12: i prodotti a base di soia fermentata e il lievito di birra non sono fonti affidabili. Inoltre l’autore dei testi sembra non avere chiaro il concetto che i vegetariani, per definizione, non mangiano le carni di nessun animale, nemmeno il pesce.
I diversi modi di dire vegetariano
La parte che merita più attenzione è il paragrafo I diversi modi di dire vegetariano (riportato anche sul sito: www.arancedellasalute.it/ricette-salute.asp) dove vengono descritti i vari tipi di vegetarismo e se ne da un breve giudizio: la dieta latto-ovo-vegetariana e latto-vegetariana escono abbastanza bene da questa analisi, mentre quella vegana, macrobiotica, crudista e fruttariana sono letteralmente denigrate.
Dubito che l’autore del testo sia una persona informata, in grado di pianificare una dieta vegetariana o vegana, penso piuttosto che si sia basato su luoghi comuni e nozioni sorpassate di decenni, perché la quantità di amenità è molto alta:
– Non è vero che la dieta latto-ovo-vegetariana è bilanciata e quella vegana no. E’ vero che ogni dieta – anche e soprattutto quella onnivora – può essere bilanciata o sbilanciata e ci sono degli accorgimenti per rendere non solo adeguata, ma anche sana o ottimale un dieta interamente vegetale. Il grosso errore è confrontare le diete veg*ane sbilanciate con quella onnivora “da manuale” che ben pochi seguono.
– I benefici del pesce sono essenzialmente dovuti agli acidi grassi omega-3, che possono essere reperiti facilmente nei vegetali quali semi e olio di lino, noci e alghe, senza introdurre proteine animali, grassi saturi e inquinanti tipici del pesce (soprattutto quelli al vertice della catena alimentare). l’ALA è convertito dall’organismo in EPA e DHA, difficilmente introducibili con i cibi vegetali.
– E’ vero che alcuni vegetariani neofiti (e improvvisati) tendano ad eccedere con i formaggi per compensare la carenza di proteine che genitori apprensivi o medici poco informati paventano, ma comunicare agli italiani l’idea che la dieta vegetariana sia a rischio di eccesso di grassi animali è un’assurdità: le diete vegetariane sono a base vegetale. Gli studi sulle persone evidenziano nei vegetariani un minor introito di grassi saturi e colesterolo e una minore incidenza di malattie cardiovascolari, obesità e diabete.
– L’autore è disinformato sulle motivazioni che spingono ad evitare le uova: ci si oppone ai crudeli metodi di allevamento (gabbie grandi come un foglio A4, taglio del becco) e la soppressione sistematica dei pulcini maschi (tritati vivi o gasati), oltre al fatto che l’uovo è ricchissimo di colesterolo.
– Non viene spiegato perché la dieta vegana non sarebbe bilanciata, è una affermazione tautologica.
– La carenza di vitamina B12 non è un rischio, ma una sicurezza qualora non si preveda di inserirla nella dieta con integratori o alimenti fortificati. I vegani sono molto attenti a queste cose, semmai il rischio lo corrono i latto-ovo-vegetariani e gli onnivori che non consumano abbastanza derivati animali (e tutte le persone sopra i cinquant’anni) che credendo di essere al sicuro, non fanno controlli specifici.
Si potrebbe obiettare che è più naturale assumere B12 da carne e derivati animali piuttosto che da un integratore.
La cobalamina è prodotta esclusivamente da microorganismi che contaminano l’acqua e il terreno e vivono nel nostro intestino (dove però il fattore intrinseco non arriva), gli animali selvatici la assumono bevendo acqua contaminata e vegetali non lavati, poi la accumulano nel corpo, soprattutto nel fegato. Gli animali d’allevamento ricevono, insieme ai mangimi, vitamina B12 di cui la loro dieta è carente (bevono acqua microbiologicamente pura, come noi), così alla fine mangiamo integratori indirettamente. I bovini riescono ad assorbire una moderata quantità di B12 dal loro complesso sistema digerente, dove abitano batteri.
L’integratore di cobalamina può essere prodotto con un solo metodo: allevando batteri (su un substrato di melassa).
L’allevamento di batteri ha zero ripercussioni sull’ambiente, mentre l’allevamento di animali ha un impatto devastante.
L’integratore di vitamina B12 non è un medicinale, ha zero effetti collaterali, mentre un abuso di derivati animali ha un effetto molto negativo sulla salute in termini di malattie croniche.
– Il ferro è un nutriente critico in tutti i tipi di dieta e la dieta vegana è tipicamente ricca di questo nutriente, e anche di vitamina C, che favorisce l’assorbimento del ferro. Gli studi non evidenziano maggior incidenza della carenza di ferro nei vegani.
Né sulla pagina web, né sulla guida, si fa alcun riferimento a studi o posizioni ufficiali, a tal proposito riporto la posizione ufficiale dell’American Dietetic Association sulle diete vegetariane:
“E’ posizione dell’American Dietetic Association che le diete vegetariane correttamente pianificate, comprese le diete totalmente vegetariane o vegane, sono salutari, adeguate dal punto di vista nutrizionale, e possono conferire benefici per la salute nella prevenzione e nel trattamento di alcune patologie. Le diete vegetariane ben pianificate sono appropriate per individui in tutti gli stadi del ciclo vitale, ivi inclusi gravidanza, allattamento, prima e seconda infanzia e adolescenza, e per gli atleti.”
[Position of the American Dietetic Association: Vegetarian Diets. J Am Diet Assoc. 2009;109: 1266-1282.]
A proposito di dieta vegetariana come prevenzione delle più comuni malattie croniche:
“I risultati di una rassegna basata sull’evidenza hanno mostrato che la dieta vegetariana è associata a una riduzione del rischio di morte per cardiopatia ischemica. I vegetariani evidenziano, inoltre, livelli inferiori di colesterolo legato alle lipoproteine LDL e di pressione arteriosa, nonché ridotti tassi di ipertensione e di diabete mellito di tipo 2 rispetto ai non-vegetariani. I vegetariani tendono ad avere un ridotto indice di massa corporea (BMI) e ridotti tassi di tutti i tipi di cancro. Le caratteristiche di una dieta vegetariana che possono ridurre il rischio di malattie croniche includono ridotte assunzioni di acidi grassi saturi e colesterolo, e più elevate assunzioni di frutta, verdura, cereali integrali, frutta secca, prodotti della soia, fibre e fitocomposti.”
La posizione dell’American Dietetic Association contraddice nettamente quanto sostenuto nel libretto dell’AIRC. Siccome in ambito scientifico due esperti su una stessa materia dovrebbero arrivare alla stessa conclusione (o almeno simile) ci troviamo davanti a due possibili soluzioni: uno dei due non è esperto, oppure uno dei due è in cattiva fede.
Chissà se prima o poi si troverà la voglia di informare correttamente la popolazione su come prendere in mano la propria salute con la giusta prevenzione, facendo parlare dei veri esperti, invece che servire gli interessi dell’industria alimentare e riempire gli ospedali di malati cronici, da curare con costosi medicinali.
[da http://www.promiseland.it/view.php?id=3444 – davide 80]