Qualche elemento di controinformazione
28 aprile 2002Una parte del mondo scientifico e’ ancora in difficolta’ nei confronti di una scoperta relativamente recente, e che sembra scuotere uno dei dogmi della biologia.
Tutti i microorganismi, e tra questi tutti gli agenti infettivi precedentemente conosciuti, includono nella loro struttura, per quanto semplificata essa sia, come nel caso dei virus, un quantitativo pur minimo di materiale genetico (DNA o RNA), su cui risiede il “progetto” dell’ organismo stesso.
Si e’ invece scoperto che una serie di malattie che colpiscono il sistema nervoso, come la malattia di Kreutzfeldt-Jakob, una forma di “demenza senile” dell’ uomo, ed il tanto (in realta’ troppo poco) discusso “morbo della mucca pazza”, sono da attribuirsi ad una semplice proteina (una glicoproteina) che, priva di materiale genetico, e’ capace di autoreplicarsi, di causare
danni di tipo degenerativo ed irreversibile alle cellule nervose, di passare da uno organismo all’ altro, di differenziarsi in ceppi riconoscibili (Collinge et al. 1996, Prusiner 1996).
Questa evanescente particella e’ stata battezzata “prione” da Stanley B.Prusiner, il suo scopritore, e tuttora maggiore esperto sull’ argomento, che lavora come professore di Neurologia e Biochimica presso la School of Medicine dell’ Universita’ della California, a San Francisco.
I prioni hanno un’ altra sconcertante caratteristica: la comprovata capacita’ di infettare organismi di specie diverse da quella del soggetto di provenienza (attenzione, non necessariamente TUTTE le specie diverse: un problema e’ proprio stabilire quali).
Se a questo aggiungiamo la grande variabilita’ dei tempi di incubazione (si parla di anni e decenni), tanto piu’ lunghi in caso di contagio interspecifico (fra specie diverse), ogni invito alla prudenza appare piu’ che legittimo.
Sembra inoltre doveroso dare e diffondere informazioni corrette, in modo che ciascuno sia messo in grado di valutare personalmente le poche certezze ed i moltissimi problemi aperti sull’ argomento, e orientare liberamente e consapevolmente la propria condotta.
La malattia da prioni piu’ diffusa e’ probabilmente la “scrapie” degli ovini (una sorta di “pecora pazza”). Scoperta negli anni ’20, e’ presente ormai ovunque ed e’ abbastanza conosciuta da poter costituire un modello per lo studio della BSE (Bovine Spongiform Encephalopathy: la “mucca pazza”). Non sembra trasmissibile direttamente all’ uomo, ma si teme che gli ovini attualmente infetti possano essere divenuti serbatoio di ceppi di BSE (Page 1996).
I prioni dunque, sono gli agenti infettivi di malattie trasmissibili. Ma la loro capacita’ non si ferma qui. Risultano infatti responsabili anche di malattie ereditarie, e di malattie sporadiche associate a mutazioni somatiche, cioe’ ad alterazioni del codice genetico delle cellule colpite (e’ da questo tipo di alterazioni che possono originarsi anche malattie devastanti come il cancro).
Il meccanismo
I diversi modi con cui gli atomi di una molecola possono disporsi nello spazio, per mezzo di rotazioni attorno ad uno o piu’ legami (fra quelli che uniscono gli atomi costituenti la molecola stessa), si chiama conformazione. Due molecole che differiscano solamente per questa caratteristica si definiscono isomeri conformazionali o conformeri. Le proteine sono molecole fondamentali di tutti i sistemi biologici conosciuti. Sono composte da catene di costituenti base (amminoacidi), le quali possono avvolgersi con due modalita’ (conformazioni) principali denominate alfa-eliche e foglietti beta. Le due modalita’ possono anche riguardare zone diverse della stessa molecola.
Queste nozioni consentono di comprendere un’ ulteriore caratteristica basilare dei prioni, che permette di costruire un modello capace di spiegarne le altre proprieta’.
I prioni sono isomeri conformazionali di costituenti proteici normali (detti PrP, abbreviazione di prion protein) delle cellule nervose degli organismi studiati (Kaneko et al. 1995, Prusiner 1995, Westaway et al. 1995).
Le forme normali risultano presenti in tutti i mammiferi esaminati compreso l’ uomo (Prusiner 1995) nonche’ nel pollo (Hornshaw et al. 1995). Non se ne conosce la funzione ed esistono motivi per dubitare che ne svolgano una essenziale (Bueler et al. 1993).
Le forme infettive sembrano avere la capacita’, anche in provetta, di proliferare trasformando le forme normali in loro conformeri pericolosi (Borman 1994, Prusiner 1995).
Questi ultimi possono a loro volta sia reiterare il processo dando luogo ad un meccanismo di amplificazione, sia accumularsi e ledere le cellule nervose, una volta raggiunta una sufficiente concentrazione (Prusiner 1995).
L’ accumulo sembra essere lento ma inarrestabile, in quanto le forme prioniche risultano resistenti alle proteasi (enzimi preposti ad una delle fasi di demolizione delle proteine, nell’ ambito di complessi programmi di “riciclaggio” dei materiali cellulari) e non vengono riconosciute dal sistema immunitario dell’ ospite (Let. cit.).
Inoltre i tessuti infetti, pare possano conservare parte dell’ infettivita’ anche dopo incenerimento a 360 øC (Brown et al. 1990).
La malattia puo’ iniziare in tre modi. L’ organismo inizia a sintetizzare la forma pericolosa al posto di quella normale, perche’ portatore di un’ alterazione genetica ereditata: in tal caso si hanno le malattie ereditarie come l’ insonnia familiare fatale dell’ uomo.
Lo stesso processo viene avviato da un’ alterazione genetica sporadica che insorge nel corso della vita, ma non e’ stata ereditata: questo avviene per la malattia di Kreutzfeldt-Jakob, che puo’ colpire l’ uomo in eta’ senile; il 10-15% dei casi e’ pero’ ereditario, ed una piccola frazione e’ iatrogena (trasmessa accidentalmente nel curare altre patologie, con trapianti o strumenti contaminati).
Il prione modificato viene assunto dall’ esterno, per contagio. Questa eventualita’, accertata da tempo per lo scrapie e’ l’ unica che puo’ rendere ragione dell’ andamento epidemico osservato per la BSE.
In tutti i casi parte il lento processo di amplificazione e accumulo, che si conclude con la fase conclamata, associata alla sintomatologia derivata dalla degenerazione delle cellule nervose.
Si tratta quindi di sapere quando e come avviene la trasmissione da un organismo all’ altro.
L’ ipotesi piu’ diffusa e’ l’ ingestione di tessuti infetti. Le conoscenze sulla scrapie ovina, l’ andamento epidemiologico della BSE, ed alcuni risultati sperimentali ed osservativi suggeriscono pero’ di prendere in considerazione anche altri meccanismi, alternativi o concorrenti: la trasmissione per via placentare (Foster et al. 1992, Kirkwood et al. 1992, Tamai et al. 1992, Wilesmith et al. 1992, Anonymous 1994, Lacey e Dealler 1994, Wilesmith 1994), la trasmissione diretta (Pattison 1964, Brotherson et al. 1968, Kirkwood e Cunningham 1994), l’ inquinamento di stalle, pascoli, ricoveri frequentati da animali ammalati (Palsson 1979). Inoltre l’ infettivita’ sembra iniziare prima della fase conclamata, durante la fase asintomatica dell’ incubazione.
L’ epicentro del terremoto BSE
E’ da qualche decennio che in zootecnica si usa spesso integrare la razione con le cosiddette farine di carne, ottenute come sottoprodotti della lavorazione degli animali macellati. Carcasse di ovini infetti, avrebbero preso questa via ed innescato e diffuso l’ attuale epidemia fra i bovini.
La zootecnia inglese presenta alcune peculiarita’ che forniscono una chiave interpretativa del suo insorgere nel Regno Unito (Anon. 1996b):
* compresenza sul territorio di ingenti quantitativi di capi ovini e bovini;
* presenza endemica di scrapie ovina;
* lavorazione delle carcasse senza fare uso dei solventi organici ed a temperatura particolarmente bassa (
* razione bovina composta ordinariamente fino al 5% di prodotti cosi’ ottenuti.
D’ altra parte le previsioni fornite dal MAFF (Ministry of Agriculture, Fisheries, and Food) del Regno Unito sembrano sottostimare ottimisticamente l’ andamento osservato dell’ epidemia di BSE, andamento che invece potrebbe essere in accordo con le ipotesi di trasmissione placentare, diretta, e causata da inquinamento ambientale. Secondo una circostanziata previsione di Dealler e Kent (1995), tra 1.1 e 3.2 milioni di capi potrebbero essere coinvolti nel periodo 1994-2001. Attualmente comunque risultano essere 160000 i capi morti od abbattuti nelle fase conclamata fino a tutto il 1995.
I rischi
Allo stato attuale delle conoscenze e’ estremamente difficile ottenere risposte rapide ai molti interrogativi, perche’ non esiste alcuno strumento di diagnosi precoce (Ikegami et al. 1991, Mohri et al. 1992, Groschup et al. 1994, Oberdieck et. al. 1994, Katz et. al. 1995). Per sapere se un certo campione di tessuto e’ infetto e’ necessario iniettarne un estratto in un topo e attendere circa due anni gli eventuali sintomi. Si possono dimezzare i tempi usando topi geneticamente modificati (Collinge et al. 199) ma nessun controllo immediato e’ oggi possibile, se non sui tessuti cerebrali manifestamente danneggiati.
Attualmente le specie a cui e’ stata trasmessa la BSE sembrano essere 16, e la malattia e’ stata diagnosticata in 11 paesi (Lacey 1993, Bradley 1994, Kaaden et al. 1994). L’ infettivita’ interspecifica per via orale dell’ encefalopatia spongiforme e’ stata messa bene in evidenza in seguito ai molti decessi conseguenti alla somministrazione di carni bovine o ovine infette ad animali dei giardini zoologici (Jeffrey e Wells 1988, Kirkwood et al. 1990, Willoughby 1992, Peet e Curran 1992, Lacey 1993).
Per quanto concerne i rischi per la popolazione umana, sono da valutare i 10 casi di individui, tutti del Regno Unito e tutti eta’ inferiore a 42 anni (27 anni di eta’ media) che hanno contratto un’ encefalopatia spongiforme simile alla CJD, ma non associata alle caratteristiche anomalie del corredo genetico delle cellule attaccate (Anon. 1996c, Will et al. 1996), a cui, secondo Prusiner (1996) se ne sono ultimamente affiancati altri 5.
E’ poi interessante osservare che l’ ACDP (Advisory Committee on Dangerous Pathogens 1994) del Regno Unito ha prodotto un rapporto sulla possibilita’ di contagio da parte degli operatori professionalmente coinvolti nella manipolazione di tessuti infetti, che richiama quanto pubblicato negli USA molto tempo prima (Chatigny e Prusiner 1980): le TSE (Transmissible Spongiform Encephalophaty) umane vengono definite tutte infettive e ad alto rischio, la scrapie ovina non infettiva fino a prova contraria, e per quanto riguarda la BSE e le rimanenti TSE si richiede di considerarle infettive e rischiose fino a prova contraria.
Vengono poi date dettagliate indicazioni (ACDP 1994) circa le precauzioni da prendersi negli ambienti di lavoro, indicazioni che contrastano fortemente con le rassicurazioni date al consumatore dai Ministeri dell’ Agricoltura e della Sanita’ inglesi (Anon.1996a, 1996b, 1996c).
In ambito europeo si puo’ notare che la normativa EC definisce il cervello come “carne” (Beef), non come “frattaglie” (Beef offal); conseguentemente nei prodotti alimentari lavorati a base di carni bovine possono facilmente e legalmente essere incluse parti (Cervello, midollo spinale, e tutte le cosiddette “frattaglie”), che invece, in altri contesti normativi, sono ritenute ad alto rischio, anche per quanto riguarda la sola manipolazione (Dealler e Lacey 1990).
[Stefano Alessandri – da”Speciale Mucca Pazza” di Macroedizioni.it]