Galline da cova
24 ottobre 2002Le galline da cova odierne, sono le discendenti geneticamente modificate di bellissimi uccelli originari delle foreste tropicali del sud-est asiatico, uccelli che volavano tra le cime degli alberi e amavano appollaiarsi ad alta quota. Chiunque abbia studiato i polli emancipati dalle ristrettezze degli allevamenti e’ a conoscenza del loro apparente desiderio di riadattarsi ad una innata predisposizione.
Trenta anni fa’ un pollo pesava un chilo. Gli allevamenti moderni, nella loro incessante ricerca di maggior profitto, producono oggi polli che raggiungono il peso di tre chili in cinquantasei giorni. Se questo non bastasse, gli allevamenti di pollame hanno prodotto una smisurata riserva di questi animali facendo diventare il pollo l’uccello piu’ numeroso sul nostro pianeta.
Gli allevatori considerano le galline da cova come robot, macchine inanimate con l’unico scopo di generare utili. Le galline sono comunemente considerate senza cervello, una specie di scatola vuota senza la minima proprieta’ cognitiva. Per questa falsa credenza, gli allevatori non hanno nessun riguardo per i bisogni biologici e sociali delle galline da cova. Joan Gussow riporta, nella rivista American Journal of Clinical Nutrition, che gli allevatori hanno cercato di creare una gallina geneticamente modificata senza becco, ali, zampe e altre ‘non necessarie’ parti del corpo.
Nel 1933 una gallina produceva 70 uova all’anno. Oggi una gallina da due chili produce una media di 275-300 uova all’anno. Tale incremento e’ stato reso possibile tramite modificazioni genetiche, mangimi, controllo di malattie, industrializzazione e sistemi di confinamento.
Le galline da cova vivono in edifici caldi e afosi dove da 50 mila fino a 125 mila uccelli sono stipati in un solo magazzino, compressi in gabbie costruite con semplici fili di metallo. Come riportato dalla rivista World’s Poultry Science Journal, dei 237 milioni di galline da cova negli Stati Uniti, circa il 98% sono tenute in gabbie e circa il 75% sono cresciute in gabbie fin dal primo giorno. Secondo il ricercatore david Fraser, piu’ galline sono stipate in una gabbia, minore e’ la produzione pro capite e maggiore il tasso di mortalita’. Nonostante cio’, si continuano a stipare nella medesima gabbia il maggior numero possibile di galline perche’ secondo i calcoli, questa rimane comunque la maniera piu’ proficua per gli allevatori. E’ piu’ economico avere una minore resa pro capite ma una maggiore produzione per gabbia. Il motivo e’ semplice: le galline non sono costose, le gabbie lo sono. Sebbene L’apertura alare di una gallina sia 75 cm, normalmente una gabbia di 40 cm X 40 cm contiene da 4 a 6 galline rendendo loro impossibile ogni movimento.
Secondo ricerche pubblicate dalla rivista Poultry Science, e’ ormai accertato che il confinamento e l’immobilita’ contribuiscano all’indebolimento delle ossa delle galline. Nonostante cio’, ogni riguardo per il benessere di questi animali non e’ di nesssuna importanza.
La rivista del settore FeedStuff, dice senza alcun problema che almeno meta’ delle galline da cova soffrono di malformazioni alle gambe. Gli allevatori, sebbene a conoscenza di questo fatto, non hanno apportato alcuna modifica al sistema per alleviare le sofferenze di questi animali.
Le galline cosi’ confinate non possono stabilire relazioni sociali normali e non hanno alcuna protezione da uccelli piu’ aggressivi. Secondo Gail Damerow, autore del manuale ‘Chicken health handbook’, il confinamento e’ la principale causa di incitamento al cannibalismo, comportamento, questo, del tutto estraneo alla natura delle galline. Altri fattori sono stati imputati a questo fenomeno tra i quali l’intensita’ dell’illuminazione, il mangime e gli ormoni. Per ridurre questo problema ed altri danni fisici provocati da beccaggi e risse, gli allevatori tagliano parte del becco alle galline. Questa procedura viene effettuata senza anestesia anche se e’ chiaro che si tratta di una operazione dolorosa per le galline e dovrebbe essere fatta sotto la supervisione di un veterinario. Alcuni strumenti usati per taglare il becco vengono elencati nel manuale di Gail Damerow. Tra questi figurano rudimentali ferri, pistole per applicare il silicone, strumenti simili agli accendini delle macchine ed altri. Tagliare il becco alle galline non diminuisce il loro atteggiamento aggressivo ma rende meno effettivo il danno. Per molti anni l’industria del settore si e’ difesa dalla brutalita’ di questa procedura sostenendo che il taglio del becco era necessario e paragonabile al taglio delle unghie. Bernard Rollin in ‘Farm Animal Welfare’ dice che e’ ormai chiaro che non si tratta di una procedura benigna perche’ causa cambiamenti di comportamento e neuropsicologici negli animali, segno evidente della sofferenza acuta e cronica in questi uccelli. In aggiunta, Bernard Rollin sostiene che il debeccaggio causa danni ai tessuti nervosi che si tramutano in estensivi e dolorosi tumori chiamati neuromi. A tutto questo vanno aggiunte le costanti abrasioni e contusioni causate dall’inevitabile sbattere sui fili metallici delle gabbie e l’esposizione a gas tossici che si sprigionano dalla decomposizione dell’urina.
Un altro problema inerente alla produzione delle uova, e’ il massacro dei pulcini. Le incubatrici industriali sono le rifornitrici degli allevamenti di galline da cova. Qui le uova vengono incubate e covate. I pulcini vengono divisi in due gruppi in base al loro sesso. I pulcini maschi non sono di alcun uso all’industria ovaria. Questi vengono uccisi nella maniera meno dispendiosa, spesso soffocati, affogati o macinati per diventare mangime. Secondo la U.S.D.A. ogni anno vengono cosi’ uccisi ben 200 milioni di pulcini negli Stati Uniti. Tali atrocita’ vengono fatte indipendentemente che il pulcini vengano venduti ad allevamenti con gabbie o allevamenti con galline libere. Anche per le galline ‘free range’, l’uccisione arriva come una fine inevitabile.
Joanne Stefaniak, da The vegan sourcebook