Cancro, la carne sul banco degli imputati
12 giugno 2003Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il 30-40 per cento di tutti i tumori potrebbero essere evitati con una “buona dieta” che limiti fortemente il consumo di proteine animali
MILANO – Da trenta anni l’oncologia mondiale studia il rapporto tra cibo e cancro. I dati confermano che il 30-40 per cento dei tumori si potrebbero evitare se uomini e donne nei paesi ricchi si nutrissero in modo diverso. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità i casi di cancro potrebbero aumentare del 50 per cento con 15 milioni di nuovi casi entro il 2020. Sul banco degl’imputati il consumo esagerato di carne e proteine animali e una dieta troppo ricca di calorie, di zuccheri semplici, insieme al fumo e alle infezioni.
“Nei paesi occidentali ricchi, nel corso dell’ultimo secolo ci si è progressivamente discostati dalla dieta tradizionale: cibi che un tempo erano mangiati soltanto occasionalmente, come molti alimenti di origine animale, a cominciare della carne ma anche dal latte, oppure non erano conosciuti, come lo zucchero e le farine molto raffinate, sono diventate un nutrimento quotidiano” afferma Franco Berrino, direttore del dipartimento di medicina preventiva e predittiva nonché responsabile del Servizio di Epidemiologia dell’Istituto dei Tumori di Milano. “Questo modo di mangiare ha contribuito grandemente allo sviluppo di malattie quali l’obesità, il diabete, l’ipertensione, l’aterosclerosi, l’infarto, l’osteoporosi, e molti tipi di tumori tra cui quello dell’intestino, della mammella e della prostata”.
La strategia della prevenzione dei tumori passa quindi anche da una “buona dieta”. Già nel 1997 il World Cancer Research Fund e l’American Institute for Cancer Research avevano dettato le proprie raccomandazioni per uno stile nutrizionale ‘anicancro’. Al primo posto, con rammarico per i carnivori più ostinati, si raccomandava si scegliere alimenti prevalentemente di origine vegetale, con un’ampia varietà di verdure e frutta, di legumi e di cereali in chicchi o sotto forma di pane, pasta o polenta integrale. L’uso abituale della carne rossa è invece fortemente sconsigliato. Da evitare anche il consumo di carni o pesci cotti a elevate temperature, alla griglia o affumicati.
“Il problema” spiega Berrino “non è tanto convincere la popolazione a cambiare modo di mangiare, il problema è il cambiamento di tutto quello che ruota attorno al pianeta cibo, a cominciare dagli interessi economici della produzione e della distribuzione”. Certo è che secondo i diversi studi è altissima la percentuale di tumori che potrebbe essere evitata attraverso una buona alimentazione. Si parla di una percentuale superiore del 50 per cento per i casi di tumore al colon e retto, stomaco e esofago, mentre nei casi di mammella e cavo orale le indagini più ottimistiche ipotizzano una riduzione del 50 per cento con una alimentazione più “naturale”.
[da Il Nuovo dell’11 giugno 2003 – Rosanna Ostuni]