La verità su calcio e osteoporosi
20 settembre 2003
Ironicamente, nell’Osteoporosi non si riscontrano che raramente livelli di Calcio più bassi del normale.
L’organismo è programmato per mantenere livelli di Calcemia compresi tra i 9 ed i 10 mg/dl come funzione prioritaria, dal momento che lo Ione Calcio è indispensabile per l’attività muscolare, la coagulazione del sangue e tante altre funzioni vitali.
L’Osteoporosi si verifica anche con i livelli di Calcio normali.
E pertanto:
a) Il livello del calcio ematico non è il fattore determinante l’insorgenza dell’Osteoporosi.
b) Il Calcio ematico circolante non è utlizzabile per la prevenzione dell’Osteoporosi.
Partendo dal presupposto Ortomolecolare che il corpo non commette mai errori, è possibile concludere che il Calcio consumato, di derivazione latto-casearia, non è utilizzabile dall’organismo; d’altronde, se ciò fosse vero, non esisterebbero più le condizioni di Calciodeficienza.
La qualità del Calcio presente nel siero può non essere idonea a rifornire la matrice ossea, ma comunque adeguata a perseguire altre finalità, quali per esempio la coagulazione ematica.
Sebbene l’organismo non sia in grado di utilizzare il Calcio derivante dai latticini, contrariamente a quanto invece sostenuto dal alcune pubblicità del settore che ci stordiscono con notizie false e tendenziose, la carenza di Calcio nella dieta non è la causa dell’Osteoporosi.
A proposito ritengo utile citare McDougall:
“Le verdure contengono sufficiente quantità di Calcio per soddisfare il fabbisogno sia dell’adulto che dell’individuo in accrescimento. Sono attualmente nosologicamente sconosciute carenze di Calcio dovute ad insufficiente apporto alimentare, anche se la maggior parte delle persone non beve latte dopo lo svezzamento”.
Perciò, se nella dieta quotidiana il calcio non manca, diviene ovvio che ben altri fattori sono coinvolti nell’insorgenza dell’Osteoporosi: troppe proteine, o cibi che producono un eccesso di ceneri acide che sovraccaricano le naturali capacità di neutralizzazione e smaltimento degli acidi.
Un organismo che presenti una carenza di sodio sarà costretto a prelevare il Calcio dalle ossa per tamponare l’eccessiva acidità causata dall’esagerato e continuativo abuso di proteine animali (carni, latte ecc.). Il proverbio che afferma “Il latte è la migliore fonte del Calcio” deve essere sfatato, infatti ulteriori studi dimostrano che ciò non è necessariamente vero per gli individui adulti.
La frequenza di Osteoporosi è più elevata nelle popolazioni che consumano ampie quantità di latte rispetto a quelle che non ne fanno uso routinario ad ogni pasto.
Il Calcio, proveniente dai formaggi ed altri prodotti caseari, può entrare nel circolo ematico, normalizzando la lettura ematochimica del siero, però senza fornire quel Calcio utilizzabile per qualità sia per l’effetto tampone che per fornire la matrice ossea.
D’altro canto, non è possibile fornire sufficiente quantità di Calcio ed altre sostanze per prevenire l’Osteoporosi se il consumo di proteine è troppo elevato. Latticini e derivati, vegetali a foglia verde e supplementi a base di Calcio, acque fortemente mineralizzate, non potranno fornire Calcio utilizzabile per l’organismo, nè controbilanciarne il devastante effetto dell’eccesso di proteine nella dieta.
Il latte come tabù dal punto di vista alimentare, una volta considerato l’”alimento perfetto”, panacea per tutti i mali, pare irrimediabilmente avviato al tramonto.
Fin dal 1965, per la precisione, alcuni colleghi della John Hopkins medical School scoprirono che una larga parte dei soggetti che presentavano disturbi gastro-duodenali e colitici non tolleravano il latte, o meglio non riuscivano a metabolizzare il lattosio, uno zucchero complesso che si trova per l’appunto nel bianco nettare.
La mucosa dell’intestino tenue non riesce ad assorbire le voluminose molecole del lattosio ed è perciò costretta a trasformarle in monosaccaridi, o zuccheri semplici, glucosio e galattosio, per poterle smontare e convertirle in energia, tramite l’azione chimica, indispensabile, di un enzima denominato Lattasi.
Questo enzima però può essere deficiente nel 75% degli individui di razza negra e nel 20% di razza bianca e pigro nella maggioranza dell’umanità.
In pratica, se questi individui, con forte deficienza dell’enzima lattasi, bevono una tazza di latte, mangiano un gelato, un dolce fatto con il latte o bevono perfino il cappuccino del mattino, non essendo in grado di metabolizzare il famoso lattosio, lo accumuleranno in quantità abnorme negli intestini, provocando fermentazione, metabolismo e flatulenza.
La conseguenza di questo disagio sarà un ulteriore rigonfiamento ed edema dell’intestino che per rimuovere lo “sgradito” ospire (il lattosio) evacuerà le feci in forma liquida o diarroica.
Nella globalità degli individui dopo lo svezzamento si riduce progressivamente la capacità di manipolare il famoso lattosio; basti pensare che solo il 5% delle popolazioni orientali tollerano tale polisaccaride.
L’apporto del latte è fisiologico nella prima fase della vita dell’individuo, che raddoppia il suo peso nell’arco di circa 6 mesi, dopodichè la produzione di latte anche nella madre viene spontaneamente ridotta.
Da questo momento in poi il latte, o meglio la capacità di digerire il lattosio, comincia ad essere “dimenticata” dalle cellule intestinali, in base all’imperativo biologico della legge filogenetica che sancisce che “è la funzione che sviluppa l’organo” e di contro, aggiungeremo noi, se l’organo, in questo caso l’intestino, spontaneamente, non riesce più ad amministrare adeguatamente l’assorbimento del lattosio, vorrà dire che è giunto il momento di smetterla di somministrare latte o derivati (formaggi specialmente) ai nostri figli, o ancor peggio ai nostri nonni e bisnonni a tutti i costi.
[Adolfo Panfili – Medico Chirurgo – Specialista Medicina Ortomolecolare – da Leadership Medica, mensile di scienza medica e attualità]