Un mese di cibo al fast food
12 febbraio 2004
NEW YORK – L’idea è nata per caso il Giorno del Ringraziamento di due anni fa. «Avevo finito l’annuale abbuffata del Thanksgiving a casa di mia madre e per digerire mi ero sdraiato a guardare la Cnn – racconta il 33enne regista Morgan Spurlock -.
Rimasi colpito dalla storia di due teenager newyorchesi che avevano querelato McDonald’s per averle rese obese. Il gigante del fast food si difendeva, insistendo che i suoi menu sono sani e nutrienti. Decisi di metterlo alla prova».
Da quel giorno e per un mese intero, il longilineo Spurlock – un metro e 89 di altezza e 83 chili di peso – ha mangiato solo nei ristoranti McDonald’s, seguito da tre dottori incaricati di monitorare la sua salute e da una cinepresa che ha immortalato ogni tappa dell’esperimento. Il risultato è «Super Size Me»: un documentario che ha vinto un premio come miglior regia al prestigioso Sundance Festival, aprendo un rovente dibattito sui giornali e in tv.
«Per 30 giorni ho fatto colazione, pranzo e cena solo con Big Mac, uova McMuffins, pollo e patatine fritte annaffiate dalle smisurate caraffe di coca, che da McDonald’s sono la norma – incalza Spurlock – ho trangugiato 5.000 calorie al giorno, come la maggior parte dei miei compatrioti, ingrassando 14 chili in un mese».
L’aumento di peso si è rivelato il minore dei mali. «Ho completamente perso ogni desiderio sessuale, il colesterolo mi è balzato da 165 a 230, la pressione è salita alle stelle e a detta dei medici i grassi saturi mi hanno trasformato il fegato in paté». «Il test della funzione epatica si è rivelato il più scioccante di tutti – conferma il dottor Daryl Isaacs – era completamente anormale».
E se ciò non bastasse, il povero Spurnock è anche caduto in depressione. La sua fidanzata, una salutista che lavora come chef in un ristorante vegetariano, si è detta «disgustata» dalla metamorfosi. «Non voleva neppure baciarmi perché avevo il viso coperto di chiazze di fegato. Per non parlare poi dell’enorme buzzo, mai avuto prima in vita mia: un’esperienza davvero paurosa».
Una delle regole dell’esperimento: se l’inserviente di McDonald’s gli avesse offerto di ingrandire (super-size) la sua ordinazione, lui sarebbe stato obbligato ad accettare, senza lasciare neppure una foglia di insalata nel piatto. Naturalmente né lui né i suoi dottori erano preparati al livello di danno provocato dalla «Mcdieta» sul suo corpo.
E sulle sue abitudini sociali. «I ristoranti di fast food uccidono i rapporti interpersonali – prosegue Spurlock – entri, mangi veloce veloce e te ne vai, senza interagire mai con i tuoi commensali. Ricordo che, da piccolo, in America si cenava ogni giorno in famiglia: un’esperienza unica e corale».
Il tono del film è comico ma il messaggio è serissimo in un’America dove, secondo uno studio del Centers for Disease and Control di Atlanta, le donne hanno aumentato del 22% il loro valore calorico rispetto al 1971, gli uomini quasi del 10%. Il titolo del documentario si riferisce proprio alla pratica, usata da McDonald’s – ma anche dagli altri fast food – di ingigantire le porzioni. Un trend che ha fatto lievitare il numero di calorie di un contorno di patatine da 200 nel 1960 alle odierne 610.
Ciò spiega come mai oltre il 60% della popolazione Usa è sovrappeso mentre il 20% degli adulti e il 15% dei bambini sono obesi. Per McDonald’s il documentario non è stato però la catastrofe di pubbliche relazioni che alcuni avevano profetizzato. Neppure il primo caso americano di mucca pazza ha intaccato i profitti del colosso, che anzi nel mese dopo lo scandalo di Bse sono aumentati del 19%. Forse ci vuol ben altro per invertire questo inarrestabile trend.
L’Organizzazione mondiale della Sanità ha invitato le nazioni a limitare la pubblicità di fast food diretta ai bambini, proponendo loro diete con meno zucchero che però sono energicamente osteggiate dalla potente industria zuccheriera e dal governo Usa. Nel timore di querele collettive come quelle che hanno messo in ginocchio i produttori di tabacco, le lobby del fast food hanno sponsorizzato una proposta di legge, attualmente in esame al Congresso, che impedirebbe agli obesi di far causa a ristoranti e aziende alimentari.
Ma Spurlock non si perde d’animo. «Sto attivandomi affinché il mio film venga mostrato presto in tutte le scuole, dalle elementari in poi – spiega – voglio che le nuove generazioni capiscano che ci stiamo ammazzando da soli. Mangiando». E ha già in mente un seguito, altrettanto esplosivo: un documentario sugli abusi e le bugie dietro la dieta Atkins che impazza in Usa.
[Corriere della Sera – 12 febbraio 2004 – Alessandra Farkas]