Quando la Bibbia è interpretata come un manuale di cucina
17 giugno 2004
“Dio disse: ti do tutte le piante che portano seme ovunque sulla Terra e ogni albero da frutto che produce semi, questi saranno il tuo cibo”.
Queste parole tratte dalla Genesi (1:29), per qualcuno sono una regola di vita e di cucina. In America l’ultima tendenza infatti è la dieta religiosa. Che significa qualcosa di più che non mangiare carne il venerdì o digiunare in Quaresima, come insegnano a catechismo e in parte ancora i cattolici praticanti fanno anche in Italia.
Qui si tratta di applicare al quotidiano ciò che le Sacre Scritture dicono a proposito di alimentazione, un po’ come fanno i musulmani più convinti quando praticano l’halal. Sia ben chiaro, la Bibbia non è un ricettario: non indica dosi, tempi di cottura o abbinamenti. Ci sono però qua e là passi in cui è possibile trovare qualche riferimento al cibo, tutti da interpretare. Già, da interpretare. Con ciò che può derivarne in termini di bizzarrie.
Una delle diete bibliche più gettonate è la “dieta alleluja” di tale reverendo George Malkmus, che riferendosi al testo della Genesi sentenzia: «Il Signore ci ha dato tutto quello che ci serve per mangiare», vale a dire solo frutta e verdure. No a tutti i prodotti animali, dalle carni alle uova ai latticini, unica eccezione il miele. A colazione un cucchiaino di elisir d’erbe, a metà mattina un bicchierino di succo di carote, a pranzo verdura o frutta fresca non cotta, a cena una bella insalatona di lattuga e verdure varie con l’unico piatto cotto della giornata (patate al forno, riso bollito, verdure lesse); per concludere in bellezza, un bel bicchiere di succo di mela o pera prima di andare a dormire. In sostanza, nella “dieta alleluja” solo il 15% di quello che si mangia può non essere crudo.
Su questa falsariga si muovono altre diete di ispirazione religiosa, ovviamente made in Usa. Meno integralista la “dieta del Creatore” di Jordan Rubin, il quale non chiude del tutto la porta a cibi di origine animale, ma bandisce quelli pompati con ormoni e il latte pastorizzato.
Don Colbert, un medico della Florida, ha invaso le librerie americane coi suoi libri sui rimedi consigliati dalla Bibbia a proposito di asma, febbre, tiroide e candida. Finora dice di averne venduti 4 milioni di copie. E a proposito di alimentazione, era uscito qualche mese fa con “What would Jesus eat?” (Cosa avrebbe mangiato Gesù?, ndr). La sua crociata si dirige non solo contro i cibi derivati dagli animali ma anche contro quelli che hanno subito un processo di trasformazione. «Se vuoi veramente seguire Cristo in ogni aspetto della tua vita, non puoi trascurare come mangi» sentenzia Colbert, ma come un critico nota: «Pane italiano, maionese, ketchup, pasta e altri ingredienti delle ricette non esistevano al tempo di Cristo».
E questi non sono che alcuni dei dietologi che hanno imboccato la strada del digiuno ispirato dall’Altissimo. Ma queste diete funzionano o no? I diretti interessati giurano di sì, tanto che, con una buona dose di benevolenza, qualcuno li ha pure ribattezzati “i messia della salute”. Di certo usano un testimonial pubblicitario molto persuasivo, che consente loro di fare buoni affari. A loro parziale e indiretto sostegno, i medici del Simpess (Società Italiana di Medicina delle Persone Sane e della Salute), che in un recente convegno hanno umanamente dichiarato: «Se vogliamo star bene dobbiamo stringere la cinghia», senza scomodare il Padre Eterno.
[da Libero del 14 giugno 2004 – Massimo Mencaglia]