Eyes Wide Shut
10 marzo 2005E’ difficile avere davvero gli occhi aperti quando si vive in un mondo fatto di apparenza.
Le ombre che vedo riflesse sulla parete della mia caverna sono realtà o una proiezione, una deformazione di essa?
La scelta che sto facendo sembra oggi una delle poche cose vere.
Non so ancora bene come organizzare e bilanciare dal punto di vista nutrizionale la mia dieta, ma avendo sempre mangiato pochissima carne non credo incontrerò difficoltà particolari e nemmeno avrò crisi mistiche: per me l’importante è non mangiare carne o qualunque cosa mi derivi dalla morte o dalla sofferenza di qualcuno, a prescindere dal numero di zampe o pinne con cui si muove e, naturalmente dalla specie cui appartiene.
Credo che la mia sia una storia piuttosto comune.
Anche se ho la sensazione che, tendenzialmente, vi siano più veg*ani in città che non nei paesini di campagna, come quello in cui, per esempio, sono cresciuta io – e non solo per ovvie proporzioni numeriche.
La campagna, per antonomasia, conduce vita dai ritmi più lenti e soprattutto, difficilmente mette in discussione i propri secolari riti e le proprie abitudini; la gente di campagna e spesso gente che ha dedicato la propria vita al lavoro duro della terra e anche dell’allevamento, per questioni di sopravvivenza e non certo di business.
Poco denaro, poca cultura e nonostante questo, molto spesso, molto più rispetto per quegli animali che pur alleva per potersene cibare.
Certo oggi non c’è più alcuna necessità reale perché continui ad essere così.. come non è necessaria la caccia, non lo è l’allevamento che sia industriale o, più umanamente, “casalingo”.
Inoltre è oramai piuttosto chiaro quanto qualunque forma di allevamento sia deleteria e assolutamente insostenibile per l’ambiente. La Sardegna, terra che amo e che mi è patria, ha visto e continua a vedere intere porzioni di territorio boschivo andarsene in fumo perché a qualche criminale farebbe comodo poter utilizzare altre terre come pascolo.. e la terra, dal canto suo, si difende spesso come può.. gli animali stessi lo fanno.
Qualche anno fa un’epidemia della cosiddetta lingua blu ha decimato le greggi e, per quanto sia stato uno spettacolo penoso, per questi animali è stato un modo per avere spazio e per le terre una boccata d’ossigeno.
Le terre utilizzate come pascolo in Sardegna non hanno confini e spesso non conoscono proprietà.. nel senso che i proprietari di greggi si comportano esattamente come 100 anni fa.. portano le greggi al pascolo dove capita (comprese le proprietà private) e la sera le riconducono all’ovile.. a quanti di voi è capitato di doversi fermare sulle strade statali per lasciar passare un gregge durante l’estate?
Questo rende certamente la vita di questi animali meno tragica di quella condotta dai bovini all’interno dei capannoni preposti alla produzione, i proprietari ne hanno certo più rispetto perché ogni animale ha un costo elevato ed è un investimento che non riguarda solo la carne che può produrre (parlo degli agnelli) ma anche la lana ed il latte.. essendo un micromondo niente di tutto questo è terribile o esasperato quanto la produzione industriale.. ma è un dato di fatto che gli agnelli sono carne da macello per le feste comandate e non ed i pascoli impoveriscono i terreni tanto da aver causato fino ad oggi una progressiva desertificazione.. destino di tutte le terre adibite a tale scopo.
Pecore e capre distruggono qualunque cosa al loro passaggio. Ma non è certo colpa loro se sono diventate TROPPE.
Gli scompensi nei numeri e nell’equilibrio naturale tra specie animali è sempre stato causato dalla nefasta presenza umana che ha fatto degli erbivori una proprietà e dei carnivori loro predatori specie da proteggere tanto è stato spietato nel tentare di eliminarli (senza andare troppo lontano guardate che terribile destino è toccato e tocca ai lupi italiani, quei pochi rimasti sono protetti da una legge “severa” – severa sarebbe la pena capitale – e multe salatissime ma nonostante questo gli allevatori gli sparano perché preferiscono “eliminare il nemico” piuttosto che farsi rimborsare il valore delle bestie uccise dallo stato che, dicono, gliele paga troppo poco – per quanto ne so il rimborso massimo è di millecinquecento euro a capo).
Insomma, non se ne esce, non c’è un sistema che sia meglio di un altro, che sia moralmente o eticamente giustificabile per fare degli animali, parlo di qualsiasi animale, dei “prodotti da tavola”.
Ma quello che volevo dire era altro.
E riguarda naturalmente la mia esperienza di vita e la mia recente scelta di diventare, davvero, definitivamente vegana.
Lo sono già stata, oramai una decina d’anni fa per motivi quasi esclusivamente salutistici.
Dei controlli medici, diversi e ripetuti a distanza di poco da diversi medici, davano tutti la stessa versione “fibro-adenoma al seno” che in alcun modo – mi è stato ripetuto più volte – poteva regredire da solo. Col tempo sarebbe semplicemente cresciuto abbastanza da poter essere rimosso chirurgicamente.
“non c’è da preoccuparsi, è una forma benigna di tumore, si risolverà tutto senza problemi”…
Già.. peccato che, benigno o no, a 23 anni non solo non avevo nessuna intenzione di farmi aprire, ma mi preoccupavo della “brutta piega” che il mio organismo stava prendendo nel manifestarmi, evidentemente, qualcosa che non andava.
Dei cari amici all’epoca fecero in modo che mi accostassi alla dieta macrobiotica, a quella dissociata ed infine ad una vera e propria dieta vegana.
Ho letto molto, ho ascoltato chi sapeva ciò che io non sapevo ed ho anche cominciato a dubitare dell’assoluta autorità dei “Camici bianchi”.. ho optato, grazie anche ad una ginecologa omeopata, per delle “cure” naturali, e per la comprensione del problema che, ho sempre pensato, andava ben aldilà del sintomo manifesto.
E’ vero.
Dieci anni fa ho cambiato il mio modo di mangiare perché avevo bisogno di guarire ed ero assolutamente convinta che “affamando” il mio tumore avrei avuto la meglio. E che ci crediate o no così è stato. Ci sono voluti mesi, ma alla fine di ottobre di quell’anno altre due visite mediche e l’ecografia dicevano che .. non c’era più nulla.. vabbè il medico diceva anche che “non era assolutamente possibile che si trattasse di un fibroadenoma perché non spariscono così, mi ero sicuramente sbagliata” ..peccato fossi stata visitata da più di un ginecologo e la diagnosi non fosse mia! Strana genia i medici. Attenti a contraddirli perché potreste passare per matti o ipocondriaci!
Per ottenere questo risultato ho fatto quanto in mio potere per aumentare la “qualità” del mio sangue liberandolo il più possibile da scorie e tossine che il mio organismo non era in grado di smaltire.
Ho evitato dapprima solo la carne e per qualche tempo ho notato ( si avvertiva semplicemente al tatto) quanto il fibroma si rimpicciolisse quando “gli toglievo” le proteine animali per ritrovare subito vigore quando cedevo all’abitudine o alla preoccupazione di chi temeva morissi di fame riprendendo a mangiar carne.. non appena mi sono resa conto di questo ho eliminato drasticamente non solo la carne ma anche qualunque altro alimento di origine animale. Nessuna delle proteine introdotte ad un certo punto era più di origine animale.
Ed è stato, preoccupazione a parte, uno dei periodi della mia vita in cui mi sono sentita meglio.. anche se “diversa”.
Purtroppo il tempo, le abitudini della campagna, la cultura o forse la scarsa informazione mi hanno riportato sulla strada dell’ “onnivorismo”, mangiando pochissima carne e ancor meno latticini, memore della tossicità vera di questi alimenti, ma non arrivando mai ad escluderli completamente. Le abitudini sono dure a morire, e la mia è pur sempre una famiglia di campagna che, pur criticando aspramente i sistemi ed i metodi industriali, lo faceva per mera questione qualitativa.
Ma ho avuto anche la fortuna di conoscere l’alternativa.
E la mia innegabile passione per la lettura mi ha portato a frequentazioni letterarie davvero variegate alternando ai romanzi di genere – non sono perfetta – sempre più spesso, letture sull’ecologia e la vivisezione. Forse è stato il mio interesse per la difesa degli animali da affezione, però, a farmi davvero aprire gli occhi oltre alla lettura di un libro che ritengo ILLUMINANTE per chiunque, e ripeto, chiunque voglia avere un’idea chiara di ciò che comporta per la società, la salute umana, e l’ambiente, la produzione industriale di carne. Il titolo del libro è ECOCIDIO e l’autore è J. Rifkin.. quando già la lettura di NO LOGO aveva spianato il terreno a quelli che erano sempre stati i dubbi fondamentali sul modello di sviluppo capitalistico.
Ma, il punto è che per milioni di persone quelli che io consideravo animali INTOCCABILI erano cibo come lo erano per me polli , galline e maiali; certo c’era qualcuno che per me li allevava e li uccideva e ciò che vedevo era solo del buon prosciutto.. ma che differenza fa? Dall’altra parte del mondo c’è qualcuno che tiene degli orsi in gabbie piccolissime per anni con dei ferri arrugginiti infilati nello stomaco per estrarne la bile; gatti e cani chiusi nelle stie al mercato e te li ammazza sotto il naso e te li ripulisce per bene scuoiandoli come si farebbe da noi coi conigli se non fosse che spesso questi animali vengono allevati solo per la loro pelliccia e vengono scuoiati vivi appesi a testa in giù e lasciati morire così, lentamente, tormentati dagli insetti…
Ma pensate a quale orrore possa provare un indiano nel passare davanti ad una macelleria in Italia, lui/lei che considera sacre le vacche se le ritrova squartate e appese alle vetrine o direttamente inscatolate in confezioni famiglia!
(tra parentesi, avete fatto caso che, di ogni specie, le più sfruttate perché fanno figli o uova o latte sono proprio le femmine?)
Il fatto è che a seconda della latitudine ovviamente le abitudini alimentari si sono sviluppate in maniera diversa e non raramente queste sono state influenzate dai precetti religiosi.
Allora perché scandalizzarmi se qualcuno mangia cani e gatti quando io mangio maiali e vitelli??
Le più sfortunate in assoluto sembrano essere le galline, allevate e sfruttate da qualunque popolo e persino ritenute, a torto, degli animali stupidi.
A furia di firmare petizioni per la protezione di questa o quell’altra bestiola “all over the world” sono arrivata velocemente alla conclusione che le differenze culturali non rendono certo più o meno lecito cibarsi di una specie piuttosto che di un’altra.. non è giustificabile l’uccisione di nessun animale per nessuna ragione.
Abbiamo abbandonato la vita nelle caverne da diversi millenni, non abbiamo necessità di difenderci dal freddo con la pelliccia degli animali di cui non abbiamo necessità di nutrirci.. e se in queste millenarie abitudini qualcuno ci vede qualcosa di naturale allora vorrei sottolineare che anche l’omicidio ed il cannibalismo lo sono.. esistono da quando esiste l’uomo!
L’uomo è onnivoro in quanto PUO’ cibarsi di tutto non perché DEVE.
Siamo strutturati in modo da poter far fronte ad ogni evenienza e ad ogni necessità, è il gioco dell’evoluzione.. ma dove sta l’evoluzione se continuiamo a comportarci come dei selvaggi?
Oggi io vivo con una consapevolezza nuova, anzi, più di una, compresa quella che per migliaia di animali ogni nuovo giorno è un giorno di torture, sevizie, soprusi e dolore finchè arriva, liberatoria, la morte.. forse solo chi è stato in un campo di concentramento potrebbe raccontarci cosa si prova.
Chi non rispetta gli animali, non rispetta nemmeno l’uomo; chi tortura e uccide un animale prima o poi sarà capace di farlo anche con un uomo.
In attesa però di consapevolezze che coinvolgano un numero sempre maggiore di persone, io, nel mio piccolo, mi dissocio, prendo le distanze da tutto questo; mi rifiuto di essere, da consumatore (che termine orrendo, degno dei nostri tempi) l’ultimo ingranaggio di questa catena che semina morte, sofferenza, e rende il mondo sempre più inospitale per i miei figli ai quali voglio insegnare che “rispetto” e “amore” sono altro che due belle parole sul dizionario.
Se i nostri figli lo imparassero davvero forse un giorno le guerre non esisterebbero più.
Musilla