La dieta vegetariana scelta da oltre sei milioni di italiani
3 novembre 2005Niente carne e pesce e per i più rigorosi via anche latte uova e latticini. Sono sempre di più gli italiani che scelgono la dieta vegetariana: «tre milioni nel 2002, secondo un sondaggio Eurispes, il doppio due anni dopo, stando ai dati AcNielsen», afferma Carmen Somaschi, presidente dell’associazione vegetariani italiani (Avi) che conta circa seimila soci e il cui sito ogni mese viene visitato da 25 mila persone, vale a dire una media di 700-800 click al giorno. E, allora, per soddisfare le esigenze di quello che ormai è un piccolo esercito, l’associazione oltre ad aver dato vita a un network di ristoranti vegetariani sta lavorando da qualche tempo a una proposta di legge per garantire il menù verde in tutte le mense pubbliche, scuole comprese. Una proposta che «nell’ultimo convegno è stata lanciata addirittura a livello europeo», dice Somaschi. Arrosto vegetale per il pranzo domenicale e un panino con gli affettati ma di soia per quando si ha più fretta: il menù vegetariano non vuol dire, dunque, doversi rimpinzare solo di frutta e verdura o essere costretti a passare ore davanti ai fornelli per preparare elaborati manicaretti, con il vantaggio di mandare giù «meno calorie di un pasto tradizionale e cibi più sani», spiega il presidente del comitato scientifico dell’Avi Riccardo Trespidi. Sì, perché «l’impressione dei medici vegetariani a livello mondiale è che la carne in futuro sarà paragonata al fumo della sigaretta – dice Trespidi – dal momento che i grassi saturi sono responsabili di una serie di patologie, dal diabete al cancro». Proprio i grassi saturi, però, «sono sempre meno presenti anche nella carne bovina grazie ai nuovi metodi di allevamento», spiega Marcello Ticca, libero docente e specialista in scienze dell’alimentazione. A lungo, comunque, sulla dieta vegetariana hanno pesato i dubbi della comunità scientifica, preoccupata che un’alimentazione selettiva potesse portare a carenze soprattutto di ferro, calcio e vitamina B12. Un «mito sfatato recentemente», dice Trespidi, dall’American Dietitic Association che ha rilasciato il passaporto di validità alla dieta vegetariana, «a prescindere dall’età». Non solo, fare a meno di carne e pesce «allunga la vita», afferma Trespidi, «di almeno quattro o cinque anni rispetto a un carnivoro occidentale, che fa un uso quotidiano di proteine animali». Tutto bene, dunque, a patto però, sottolineano gli specialisti dell’alimentazione, di avere una conoscenza adeguata di come mescolare gli alimenti in modo da garantire all’organismo l’energia necessaria. Con i «giusti accostamenti», afferma il professor Pietro Antonio Migliaccio, «si può evitare di andare incontro a carenze, perché legumi e cereali sono in grado di rappresentare una buona sintesi proteica» e non a caso sono chiamati «la carne dei poveri». E per ovviare a uno dei rischi principali, quello legato alla mancanza della vitamina B12, «che non è presente nel mondo vegetale – prosegue Migliaccio – si possono utilizzare gli alimenti arricchiti e nei casi estremi ricorrere alla vitamina sintetica». Gli unici che «potrebbero avere qualche problema sono i bambini – spiega Ticca – dal momento che i vegetariani mangiano quantità notevoli e i piccoli stomaci non sempre sono adatti». Se è vero, poi, che «un menù vegetariano presenta dei vantaggi», per ottenerli «non c’è bisogno di escludere la carne», precisa il professore: «è sufficiente un abbondante uso di prodotti vegetali come predichiamo da sempre e che è la caratteristica della dieta mediterranea». Insomma, «non c’è motivo di mettere sul banco degli imputati la carne, anche se chi vuole farne a meno lo può fare, perché qualsiasi alimento può essere sostituito». Ma cosa spinge una persona a modificare la propria alimentazione? Il fatto, che oggi, «il cibo è sempre più cultura e sempre meno necessità», spiega lo psichiatra e psicoterapeuta Alessandro Meluzzi, e in «un’epoca in cui siamo satolli e in cui la sovralimentazione è diffusa i vantaggi del vegetarianesimo sono indiscutibili».
[da La Gazzetta del Sud del 3 novembre 2005 – Ileana Urso]