In Cina anche cucina vegetariana
13 gennaio 2006Chissà se ricordate che i fiori si possono anche cucinare? Oltre all’ammirazione estetica nei giardini, possono infatti essere trasformati in piacevoli delicatezze. Naturalmente la Cina, dalla lunga tradizione culinaria, non è seconda a nessuno in quest’arte. Nel corso di una recente visita al ristorante di Pechino Gongdelin, ho intervistato per voi un cuoco d’eccezione, Dong Yao, chef di primo livello nazionale ed esperto di cucina vegetariana, che mi ha illustrato fra l’altro una sua ricetta floreale, eccola: prendete una papaya, fate una serie di fori nella parte alta creando un coperchio estraibile ed eliminate i semi al suo interno. Preparate poi dello zucchero in cristalli, del miele, un pò di sale, delle bacche di osmanto e dei petali di rosa, crisantemo giallo e loto, lavati per 12 ore in acqua fresca e poi fatti seccare, in modo da eliminare ogni nocività. Mettete l’insieme nell’incavo della papaya e fate cuocere al vapore per circa 5 minuti. Servite il tutto ricoprendo la papaya del suo coperchio. Il piatto è adatto soprattutto alle donne, agli anziani ed ai bambini. Come vi sembra? Forse in Italia è difficile trovare i petali di loto, a differenza della Cina, dove il fiore ricopre le superfici dei laghi coi suoi meravigliosi petali rosa o bianchi, simbolo fra l’altro della purezza ed illuminazione. Basta ricordare che il Budda, sia in Cina che nel resto dell’Asia, è sempre raffigurato seduto a gambe incrociate su un fiore del genere.
Secondo l’illustrazione di Dong Yao, Il ristorante Gongdelin è molto legato alla tradizione buddista, il nome infatti significa “Foresta dei meriti”, di significato religioso. Si tratta della filiale del ristorante omonimo di Shanghai, fondato nel 1922 nella città da un monaco della vicina Hangzhou per favorire i buddisti, notoriamente vegetariani. Nel 1984 il governo centrale invitò a Pechino alcuni cuochi del ristorante, sempre per favorire i clienti vicini al Buddismo. Insieme al Gongdelin, venne anche creata nella capitale la filiale di un altro famoso ristorante di Shanghai, il Laozhengxing.
In Cina la cucina vegetariana ha una lunga storia legata al Buddismo, ma anche al Taoismo: il primo propone il rispetto di tutte le forme di vita e quindi probisce l’uccisione e il consumo di animali e pesci, suggerendo un’alimentazione pura e leggera, favorevole alla maturazione dello spirito. Il Taoismo invece, per la sua ricerca dell’armoniosa coesistenza fra uomo e natura, della salute, della lunga vita e addirittura dell’immortalità, avanza da millenni l’utilizzo oculato di erbe ricostituenti, ricordiamo a questo punto la famosa e mitica pillola dell’immortalità, da cui la ricchezza della dietetica cinese legata alle erbe.
Mentre nel mondo la cucina vegetariana ha sempre più seguaci, con i cibi organici al primo posto ed una sempre maggiore consapevolezza della necessità di una vita semplice e vicina alla natura, la Cina non si è mai staccata da questa tradizione, specie a livello degli intellettuali, che nei secoli hanno trovato nella natura conforto dalle turbolenze della vita politica e di corte. In merito, lo chef Dong Yao del Gongdelin mi ha ricordato che i clienti del ristorante sono soprattutto intellettuali, colletti bianchi, imprenditori e naturalmente seguaci del Buddismo. Gongdelin è stato storicamente il primo ristorante vegetariano fondato nella capitale, mentre una decina di anni fa hanno cominciato a comparirne altri, che tuttavia spesso non si distinguono per la correttezza degli ingredienti usati e dei metodi di cottura, ma per la bizzarria delle ricette, senza alcun rapporto con l’atmosfera e lo spirito del Buddismo. Gongdelin invece è la meta ufficiale dei banchetti dell’Associazione nazionale buddista cinese, le cui delegazioni sono accolte in sale decorate con riproduzioni dei famosi dipinti murali delle Grotte di Dunhuang, nei deserti dell’ovest della Cina, e statue buddiste. In questa atmosfera raccolta, è facile inebriarsi della cucina vegetariana del posto, per la gioia del palato e dello spirito… Per fare un esempio, i medaglioni gialli col carattere verde Fo, ossia Budda in cinese, circondati da petali rosa di loto, sono un vero spettacolo: realizzati con della zucca gialla ed altri vegetali, ognuno dei medaglioni è sormontato dal carattere Fo ritagliato in foglie di loto, una vera delicatezza. Il lavoro richiesto è molto delicato e naturalmente il costo è corrispondente, anche se in paragone i prezzi del Gongdelin sono popolari. I piatti del Gongdelin utilizzano come materie prime vegetali, frutta, funghi, erbe e radici ricostituenti e vari tipi di soya e formaggio di soya. Inoltre non manca il latte, per la sua ricchezza di vitamine, garantendo così un’alimentazione completa. Per fare un esempio, nei Rotoli del cielo, Tianzhu suzhai, l’ involucro è realizzato con un foglio di soya sottile, mentre il ripieno comprende vegetali e latticini, fra cui formaggio, per il piacere di cinesi e stranieri. Alla vista, gli involtini paiono effettivamente ripieni di ricotta! E’ interessante notare che i nomi delle portate hanno sia riferimento a termini buddisti che a piatti normali di carne e pesce, per fare un esempio, i “18 Arhat”, un’insieme di verdure e funghi, il pollo al curry, la carpa in agrodolce, i gamberetti saltati, naturalmente tutti rigorosamente vegetariani…
I funghi sono sia selvatici che artificiali, per certe ricette sono necessarie specie rare, come il fungo testa di scimmia (Hericium erinaceus), in cinese Houtoumo, che cresce nelle foreste Da e Xiaoxinganling, nel nord-est della Cina, ed ha proprio l’aspetto della testa di una scimmia dorata ed un alto valore nutritivo, al punto che è chimato “Re dei funghi”. Questo cresce sotto gli alberi, e cosa straordinaria, un albero può ospitarne un solo esemplare, ma se se ne trova uno, sicuramente sotto un albero vicino se ne troverà un altro, perchè crescono solo in coppia. Con questo tipo di fungo lo chef Dong Yao realizza piatti come il “Jingang huofang”, ossia la Pastiera del protettore della legge, tipica terminologia buddista, che consiste in una struttura quadrata di vegetali, fra cui primeggia la zucca bianca, con germogli di bambù e una varietà di funghi, fra cui porcini e la testa di scimmia. La zucca bianca dal punto di vista della medicina tradizionale cinese, elimina le infiammazioni e favorisce la minzione, ed è particolarmente indicata per i diabetici. Il piatto richiede ben quattro ore di preparazione, con cinque diversi tipi di cottura. Il “Baiguo luhui” comprende bacche di Gingko, che aiutano a disintossicare i polmoni, e aloe, che purifica la pelle, quindi è specialmente indicato per le donne. I cosiddetti “Spiedini di carne ovina” hanno esattamente l’aspetto di quelli veri ed anche il gusto, dovuto al fungo testa di scimmia: avendoli gustati personalmente, posso garantire che il sapore un pò amaro, anche per la presenza di semi di sesamo, è del tutto simile a quello della carne ovina.
Lo chef Dong Yao ha alle spalle una ricchissima carriera: insignito nel 2002 del titolo di Chef di livello nazionale, è di etnia mancese ma nato a Pechino, ed ha lavorato per anni nei famosi ristoranti della cucina imperiale Fanshan e Yushan, specializzandosi in cucina vegetariana di corte. Ricordo a questo punto che il Fanshan è famoso non solo per la sua cucina, trasmessa in origine da cuochi di corte alla caduta dell’impero, ma anche per la superba sede, un complesso imperiale sull’isola Qiongdao, nell’attuale parco di Beihai. La cucina imperiale è un compito riservato a pochissimi, perchè richiede fra l’altro una profonda e continua ricerca sulle materie prime e sui metodi originali, che lo chef Dong Yao ha effettuato anche passando giorni interi alla biblioteca nazionale. La cucina vegetariana di corte richiede materie prime molto rare e costose, con una lavorazione raffinata e molti sprechi, quindi non può comparire nel menu del Gongdelin, rivolto al normale pubblico. Egli ha diretto più volte la preparazione del fastoso Banchetto Mancese-cinese, che conta ben 108 portate e che se correttamente realizzato, richiede ben tre giorni per essere consumato. I cinesi d’oltremare lo apprezzano molto, perchè come vedremo ha anche un significato di rispetto per gli antenati e di ricerca delle radici. Naturalmente in passato era riservato alla corte ed era praticamente un rito: attualmente gli ospiti sono accolti da 24 coppie di ragazze vestite nei costumi mancese e cinese, una volta seduti in una sala apposita, è loro servito tè verde di alta qualità, come il Biluochun, insieme a frutta secca e fresca e frutta candita. Poi si passa ad un tè di diversa qualità, come in Europa si cambia il vino, quindi gli ospiti si lavano le mani e accendono incensi e fanni inchini all’imperatore e agli antenati, passando solo dopo alla sala riservata al pranzo vero e proprio, sedendo in posti rigorosamente assegnati. Le portate non sono servite contemporaneamente, ma prima presentate e poi suddivise in porzioni dalle inservienti. Gli otto antipasti freddi sono presentati in un unico contenitore di lacca, estratti con un mestolo d’argento e poi suddivisi nelle ciotole degli ospiti. La prima portata calda era un tempo la zampa d’orso, ora proibita dalla legge per la tutela degli animali pregiati, inoltre non poteva mancare la zuppa di nidi di salangana, dall’alto valore nutriente: i nidi sono realizzati con la saliva dall’uccello quando sta per partorire, che contiene spesso resti di pesciolini, quindi la zuppa non compare nella cucina vegetariana. Attualmente l’intero processo è stato ridotto a una quindicina di portate, di cui un quinto vegetariane, da consumarsi in un’unica volta. La lavorazione è comunque sempre molto raffinata. Facciamo l’esempio del formaggio di soya, la base del famoso “Yipin doufu”, ossia doufu di primo grado, un piatto in apparenza semplice come ingredienti ma che richiede una tecnica molto complessa. Il doufu fresco viene suddiviso in due strati con all’interno un ripieno di alta qualità, e decorato con motivi sulla parte superiore, quindi è cotto al vapore. Il piatto chiamato “Bao Pingan”, ossia garanzia di pace, ha anche come base il formaggio di soya. Infatti in Cina c’è il detto che “il formaggio di soya e il cavolo garantiscono la salute”, perchè non provocano eccessivo calore, inoltre la soya ha un alto valore nutritivo ed è facilmente assimilabile. Nel piatto “Bao Pingan”, ossia garanzia della pace, il successo dipende dal brodo, che integra semplici elementi come il cavolo ed il formaggio di soya, con un ottimo colore e sapore speciale. Il brodo è una delle caratteristiche della cucina imperiale, ossia ingredienti eccellenti che ne nobilitano altri comuni.
Ritornando alla cucina del Gongdelin, Dong Yao ammette di possedere parecchi segreti di lavorazione, che ha trasmesso solo ai suoi due migliori studenti. Egli è stato per tre mesi in Svizzera anni fa per delle dimostrazioni e, cosa straordinaria per un cinese, ha sviluppato un grande amore per i formaggi locali oltre ad apprendere certe tecniche di cottura europee. Tornato in Cina ha iniziato a consigliare caldamente ai suoi studenti di inserire il formaggio nelle portate, visto il suo valore nutritivo e la sua buona integrazione con le verdure.
Quanto al futuro del ristorante, purtroppo l’area dove si trova, ossia la parte sud del quartiere di Qianmen, nel sud di Pechino, una tradizionale zona commerciale, sarà ristrutturata e trasformata in verde pubblico, così da collegarsi con le aree verdi sottostanti dell’Altare del divino agricoltore e del Tempio del cielo. Quindi il ristorante dovrà cercarsi una nuova sede, cosa non facile visti i prezzi attuali del mercato immobiliare della capitale. Considerata la limitata clientela, ossia intellettuali, colletti bianchi e laici e religiosi buddisti, gli introiti attuali non sono così alti, il che costituisce una sicura difficoltà. Dong Yao ha ricordato che recentemente Quan Suzhai, una vecchia casa che produce conserve di soya, di fecole speciali e verdure è stata costretta a chiudere per problemi di gestione ed anche per il ridotto amore dei locali per i piatti semplici, vista l’imperante predilezione per carne, pesce e dolci di tutti i tipi, per cui gran parte della popolazione della capitale, anche i bambini, è ormai obesa. Ritengo comunque che dopo un certo periodo di pazzie con carne grassa e torte alla crema, i frugali cinesi torneranno alla loro cucina tradizionale e alle loro verdure, ripristinando il peso forma e la salute…
[da cri-online – di gabriella bonino]