San Francesco di Paola, un santo vegan
31 luglio 2006Categoria : Spiritualità e religioni
Tag : cristiani, san francesco di paola, vegan, vegetariani
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Nel precedente articolo dedicato ai vegetariani cristiani ho parlato dei catari. Adesso parlerò di un santo cattolico e dell’ordine nato attorno a lui.
A nessun frate, pertanto, è permesso, contro la presente stabile legge, alimentarsi in qualsiasi tempo dei suddetti cibi pasquali, ossia di grasso: e cioè di carni, di uova, di formaggio, di burro nè di latticini di ogni tipo, nè di loro composti o derivati. E non si permetta di introdurre o far introdurre in convento alcuno di questi alimenti.
San Francesco di Paola nacque in Calabria nel 1416.
Fu votato dai genitori a San Francesco d’Assisi e vestito con un saio francescano per tutto il primo anno della sua vita.
Così ispirato sin dall’inizio da San Francesco di Assisi, ad appena 14 anni, il giovane Francesco si ritirò nei boschi di Paola in solitudine e vi rimase, dormendo in una grotta, mangiando ciò che la natura donava lui spontaneamente con la sola compagnia degli animali selvatici.
Presto però fu raggiunto da 12 eremiti e da numerosi fedeli colpiti dal suo esempio e dal suo carisma.
Da questo primo nucleo sorto intorno a lui ben presto si formò un vero e proprio movimento approvato da Papa Sisto IV nell’anno 1474.
San Francesco di Paola fin dall’inizio della sua vocazione, si attenne ad una dieta rigorosamente vegetaliana escludendo ogni derivato animale.
Ciò potrebbe oggi stupire qualcuno, ma sebbene all’epoca non esisteva il concetto di vegetariano così come oggi noi lo intendiamo, di fatto esisteva il vegetarismo, che allora veniva chiamato semplicemente astinenza.
L’astinenza dalla carne era alle origini del cristianesimo praticata e anzi raccomandata dalla maggior parte dei maestri.
Già Basilio il Grande padre e dottore della chiesa disse: «le esalazioni dei cibi a base di carne adombrano la luce dello spirito».
Il cibarsi di carne infatti era considerato alimento da belve e sulla base dell’esperienza era accertato che impedisse l’esperienza mistica, la contemplazione, che danneggiasse quindi l’anima oltre che il corpo, pertanto secondo molti era impossibile essere uomini di spirito secondo la volontà di Gesù Cristo e mangiare la carne degli animali uccisi.
Presto questa usanza di tutti gli uomini spirituali andò decadendo assieme ai costumi della chiesa per non essere poi più ripristinata salvo rare eccezioni.
San Francesco di Paola si nutrì all’inizio di erbe selvatiche e di frutti, e la comunità che sorse attorno a lui si attenne subito a questo stile di vita.
Quando però i frati divennero più numerosi e nacque un vero proprio ordine, essi iniziarono a coltivare l’orto e a nutrirsi solo di ciò che producevano.
Nel 1506 nacque l’ ordine dei Frati Minimi, e fu scritta per l’ordine una regola approvata dal Papa.
L’astinenza dalla carne era l’irrinunciabile caratteristica dei frati ed entrò nella regola sotto forma di 4° voto di “perpetua vita quaresimale”.
Ma come riferito nella ” Vie et miracles de s. Francoise de Paule di Claude Vivier, San Francesco si nutrì per tutta la vita escludendo non solo la carne, ma anche il pesce, alimento dalla chiesa già da tempo considerato lecito anche in quaresima, mostrando così di non fare alcuna distinzione fra prodotti di origine animale.
Nella Cronica general de l’ordine de los minimos de san Francisco di Paola di Lucas di Montoya (1619) l’astinenza viene elogiata in modo gioioso, oltre che come motivo di perfezione spirituale come naturale attitudine di vita.
In questa fonte si dice che San francesco ” con la liberazione dall’attaccamento al cibo considerato non più come piacere di gola, ma solo come sostentamento del corpo, giungeva a risultati di buona salute e di sano equilibrio fisico e mentale.”
Ancora oggi l’astinenza dalla carne e da tutti i derivati animali costituisce il 4° voto della regola, un voto aggiunto ai tradizionali voti di castità, povertà e obbedienza.
Nessun alimento animale può varcare la soglia del convento.
Gli unici prodotti di origine animale che sono permessi, solo sotto la responsabilità e il permesso degli oblati, sono unguenti a scopo terapeutico e candele.
Così la regola stabilisce:
25 . Tutti i frati di quest’Ordine si asterranno completamente dai cibi di grasso e nel regime quaresimale faranno frutti degni di penitenza si da evitare completamente le carni e quanto da esse proviene. Pertanto a tutti e a ciascuno di essi è assolutamente e incontestabilmente proibito di cibarsi, dentro e fuori convento, di Carni, di grasso, di uova, di burro, di formaggio e di qualsiasi specie di latticini e di tutti i loro composti e derivati.
27 . Si guardino però tutti i frati e gli Oblati di indurre, essi stessi o per interposta persona, il medico a farsi dispensare dalla vita quaresimale per quella pasquale, cioè di grasso: tanto più che è giuridicamente vietato agli stessi medici di consigliare ai malati per la salute corporale ciò che potrebbe convertirsi in pericolo dell’anima. Risultando poi chiaramente che l’infermo si è tanto ristabilito da potersi sostenere con i consueti alimenti quaresimali, dopo ponderata decisione, ritorna al più santo regime della vita precedente, memore della propria salutare professione. A nessun frate, pertanto, è permesso, contro la presente stabile legge, alimentarsi in qualsiasi tempo dei suddetti cibi pasquali, ossia di grasso: e cioè di carni, di uova, di formaggio, di burro nè di latticini di ogni tipo, nè di loro composti o derivati. E non si permetta di introdurre o far introdurre in convento alcuno di questi alimenti.
34 . Restano anche proibiti, per tutti, i pasti consumati di nascosto. Nondimeno gli ospiti siano accolti con cuore gioioso e volto sereno e, secondo la possibilità di ciascun convento, vengano benignamente serviti, con cibi quaresimali solamente, da coloro che il Superiore avrà a ciò incaricato.
Bartolomeo Maggiolo nel cap XIII della ” vita del miracoloso patriarca dei minimi san Francesco di Paola” riconduce l’astinenza della carne praticata dai Minimi alla primaria volontà di Dio espressa nella Genesi.
“prima che il mondo dicadesse dalla sua integrità, non si usava in esso mangiar carne..” …continua dicendo che, gli uomini si contentavano di ciò che produceva la terra e la vita della selvaggina era tranquilla, perché non si era ancora appreso a sostentarsi con la morte degli animali.
Nella stessa opera si descrive un episodio emblematico:
Una carestia colpì gli abitanti di Spezzano, dove il santo si era recato nel 1453 per costruire il 3° convento, e non solo la piccola congregazione di religiosi fu l’unica a non soffrire la fame, abituata come era a nutrirsi in modo parco, ma fu anche in grado di soccorrere i poveri che accorrevano al monastero con i cibi abituali della mensa conventuale: radici, erbe crude e legumi bolliti.
I miracoli e la fama taumaturga di Francesco si diffusero in Europa , al punto che il re di Francia Luigi IX, gravemente malato, ne reclamò la presenza insistendo presso il papa Sisto IV.
Il re morì il 13 Agosto fra le braccia del santo.
Il Papa, trovò utile avere un uomo di carisma presso la corte francese, e san Francesco non poté più ritornare in patria dovendo assolvere delicati incarichi diplomatici.
Morì nel convento di Blessis nel 1507 all’età di 91 anni in un epoca in cui l’età media era molto bassa, le fonti dicono che il suo stile di vita non cambiò mai, non assaggiò mai le pietanze del cuoco di corte e non mangiò mai carne e derivati animali.
Egli accettò un piccolo orto, per poter coltivare e stare in sereno colloquio con Dio e con la natura, secondo la vocazione che un tempo lo portò a cercare refrigerio per l’anima nei frondosi boschi di Paola fra i fratelli animali, gli stessi fratelli che confortarono il suo precursore e ispiratore san Francesco di Assisi, nella sua vita libera nei boschi di la Verna.
Sembra che ancora oggi l’ordine dei minimi mantenga una speciale vocazione all’interno della chiesa cattolica di custodia della natura e di attenzione verso le tematiche ecologiste.