Il Vegan nella religiosità
9 ottobre 2006Per “Vegan” (moderna terminologia anglosassone, anche nota in Italia come “Vegetalismo”) s’intende un modo di vita non violento che esclude il consumo e l’utilizzo di alimenti e di prodotti derivanti non solo dall’uccisione ma anche dalla sofferenza e dallo sfruttamento degli animali. La tradizione religiosa orientale fornisce un’ampia testimonianza circa l’importanza della scelta vegetariana (1) quale “Primo Gradino” indispensabile per il miglioramento spirituale e per l’attuazione della Nonviolenza pratica già a partire dai più basilari atti quotidiani, come mangiare e vestirsi.
Maria Luisa Tornotti, nel suo “La non violenza nella cultura indiana dai Veda a Gandhi ” afferma che “il Giainismo rappresenta il massimo tentativo che sia mai stato messo in atto per ridurre o annullare la violenza”. Da quando l’uomo ha iniziato a industrializzare la sofferenza con la creazione degli allevamenti intensivi di animali per la produzione di carne, pesce, latte e uova, i Jaina si sono spinti ancora oltre, compiendo un passo deciso nella direzione di una Nonviolenza pratica ancor più rigorosa. Da circa un anno i Jaina hanno pubblicato, in India e in U.S.A., uno straordinario volumetto di aggiornamento dottrinale jainista, nel quale viene evidenziata la necessità di abolire il consumo non solo delle carni ma anche di tutti quei prodotti derivanti da grande violenza sugli animali, come il latte, le uova, i formaggi, il burro. Le già severe restrizioni alimentari prescritte dalla Dottrina jainista sono state così sottoposte a una precisa revisione critica nell’ottica di una attualizzazione dell’adesione alla regola aurea dell’Ahimsa (Nonviolenza, Compassione universale).
La grande maggioranza dei gruppi religiosi sovente allenta la propria dottrina al fine di meglio adattarla alle comodità della modernità, alla società tecnologica e al rapido susseguirsi dei cambiamenti sociali e culturali. Coraggiosamente, con la disciplina e la coerenza che da sempre li contraddistingue, i Jaina, in seguito alla creazione dell'”animale-macchina”, stanno adottando, per se stessi e la propria condotta quotidiana, regole sempre più rigorose. E’ così che, attualmente, i monaci Jainisti stanno, per esempio, sostituendo il latte animale (utilizzato in alcuni rituali all’interno dei Templi) con il latte di soia e il latte di riso. A chi si stupisse di ciò, probabilmente non è ancora capitato di vedere o di leggere che cosa accade alle bovine da latte all’interno degli allevamenti intensivi…… Tali restrizioni valgono anche e soprattutto per la dieta quotidiana, sia dei monaci che dei laici. Se scrutiamo la realtà pi? nascosta dell’industria del latte e dell’industria delle uova, vediamo quanto questo modello di comportamento – solo apparentemente estremo o di difficile attuazione – sia, all’atto pratico, l’unico modo possibile per vivere fino in fondo la regola d’oro dell’Ahimsa tutta calata nel nostro tempo. Mi risulta che, attualmente nel mondo, tra tutti gli àmbiti religiosi e spirituali, il Jainismo sia l’unico a indicare così precisamente l’alimentazione Vegan quale massima espressione di una Nonviolenza consapevole, coerente, pienamente vissuta. Al contrario, il passato ci riserva interessanti scoperte. Nei secoli tra il XII e il XV, in Europa, vissero gruppi spirituali (che, in una mia precedente pubblicazione, ho definito “i Veri Cristiani”) che, per seguire fino in fondo il comandamento di Gesù “non uccidere”, eliminarono dalla loro dieta tutti gli animali, e non solo. Si tratta dei Catari, anche denominati: Albigesi – se del sud della Francia -, Bogomili – se dell’est europeo -, Patarini – se dell’Italia del nord -. (2) I testi sacri dei Catari furono distrutti dal fuoco della Santa Romana e Universale Inquisizione, più nota come Sant’Uffizio, che operò un capillare e radicale sterminio di Catari, dal quale non un solo Cataro ebbe scampo: tutti i Catari furono radicalmente sterminati dal fuoco, dalla spada e dalla tortura. Sto parlando di molte migliaia di persone, anche se non sarà mai noto il numero esatto di vittime. Moltissimi documenti sono ancora tenuti segreti in Vaticano, “con un disprezzo degli studi storici pari al disprezzo di allora per le vittime” [G.B. Guerri “Gli italiani sotto la chiesa”]. Si salvarono solo due “Trattati” e tre “Testi Rituali”. Dal “Rituale” di Firenze leggiamo: “……. Farete ancora voto a Dio di non mangiare consapevolmente o volontariamente formaggio, latte, uova, carne di uccelli, rettili, animali ……. ………. Sopporterete, per la giustizia di Cristo, la fame, la sete, gli scandali, la persecuzione e la morte: tutto ciò sopporterete per amore di Dio e della vostra salvezza …….” (3) Dunque, sia pure per motivazioni totalmente differenti da quelle dei Vegan di oggi o da quelle dei Jaina, i Catari abolirono dalla propria dieta anche tutti i prodotti di origine animale.(4) Perché? I Catari, fortemente dualisti, credevano nella reincarnazione: grazie all’amore del Dio buono tutte le anime si sarebbero salvate dopo una o più prigionie in questo mondo materiale (creato dal Dio malvagio, Satana) nel quale le anime erano imprigionate in corpi animali o umani. (5) Questo mondo, secondo la Dottrina catara, era un regno di dolore, anzi era l’inferno vero e proprio [“Non c’è altro inferno se non questo mondo visibile” predicava il cataro Guglielmo Belibasta all’inizio del XIV secolo]. Di conseguenza i Catari suggerivano la continenza per evitare la nascita di nuovi esseri infelici (e, purtroppo, nel loro caso, avevano ragione, visto il destino drammatico al quale tutti loro sarebbero poi stati sottoposti). Si astenevano dal consumo di uova che, se fecondate, avrebbero contenuto un’anima angelica costretta a passare di corpo in corpo per compiere il suo viaggio verso la salvezza: mangiando le uova avrebbero rischiato di contravvenire al comandamento di Gesù “non uccidere”.
Al contrario dei Cattolici, che dicevano [e dicono] no al piacere sessuale ma sì alla procreazione, i Catari dicevano sì al piacere [visto come un dono fatto all’uomo dalla natura e dal Dio buono] ma no alla procreazione. Si astenevano dal consumo di latte e di formaggi, poiché questi alimenti derivano da un rapporto sessuale, visto negativamente perché causa della nascita di nuove creature condannate a una vita misera in questo mondo di dolore. Derivando inevitabilmente da rapporti sessuali, origine di future sofferenze per molte vite, il latte e il formaggio non erano ritenuti alimenti adatti alla realizzazione spirituale. Da questi Veri Cristiani, che accettarono l’estremo martirio piuttosto che rinunciare alla propria fede, ci arrivano esempi (raccolti nei verbali di tortura degli Inquisitori) che, sia pure dettati da motivazioni assai differenti, farebbero impallidire il più spinto protezionismo moderno: nel suo “Manuale dell’Inquisitore” Bernard Guy spiegava come agire per individuare senza dubbio un Cataro: mettere nelle mani del sospettato un gatto o un altro animale e ordinargli di ucciderlo; se costui rifiuterà si avrà la conferma della sua “depravazione eretica” e dovrà dunque essere torturato e bruciato senza ulteriori indugi! Con la loro obbedienza al comandamento di Gesù “non uccidere” spinta a oltranza, i Catari ponevano al centro della loro Dottrina la sacralità della Vita, non solo della vita umana. L’antropocentrismo, infatti, è un frutto tutto clericale e non ha nulla a che vedere con la Parola originale di Gesù che, da numerosi Testi “apocrifi” (con particolare riferimento ai Testi Qumranici) parrebbe tutta informata alla Dottrina degli Esseniti (6), fortemente impregnati di pitagorismo ellenistico, pacifisti e vegetariani.
NOTE
(1) Vegetarismo = alimentazione che esclude le carni di tutti gli animali (carne, pesci, crostacei, molluschi, ecc.) ma generalmente include i loro prodotti, come latte, miele, uova, formaggio, burro, eccetera. Vegetalismo o Vegan = alimentazione che esclude, oltre alle carni di tutti gli animali, anche qualsiasi prodotto derivato (latte, uova, latticini, ecc.). Sia i Vegetariani che i Vegan aboliscono generalmente anche l’uso di pelli per l’abbigliamento e gli accessori.
(2) I Catari (dal greco “Katharòs” = puro) venivano definiti anche i “Perfecti” o i “Puri”. In realtà, tutte queste definizioni venivano attribuite ai Catari dall’esterno, spesso per ironizzare sul loro ascetismo, o con scopi denigratori. Il diffamatore di Catari Alano da Lill, ad esempio, sosteneva che il termine “Cataro” derivava dal latino “catus” = gatto, animale fortemente disprezzato e demonizzato dai cattolici e, al contrario, protetto dai Catari. I Catari, tra di loro, solevano chiamarsi semplicemente “buon cristiano/buona cristiana”, “amico/a di Dio”, “buon uomo/buona donna” o anche solo “cristiano/a”.
(3) E’ interessante notare come, anche nel Jainismo, si trovino raccomandazioni dottrinali sulla necessità di sopportare gli scandali, i giudizi negativi, la derisione, la persecuzione, che potrebbero derivare da una condotta così estrema nella disciplina, nell’autocontrollo, nella protezione delle creature e nel pacifismo.
(4) Forse qualche gruppo albigese si cibava di pesci, poiché all’epoca erano ritenuti affini alle alghe e non al regno animale.
(5) Anche i Padri della chiesa dei primi secoli (influenzati da Platone) credevano nella trasmigrazione delle anime. Fu solo nel 553 d.C., con il secondo Concilio di Costantinopoli, che tale dottrina venne scartata. Il Concilio cancellò dalla Bibbia tutti i riferimenti alla dottrina della reincarnazione, forse per timore che, avendo a disposizione più di una vita, i fedeli sarebbero diventati troppo rilassati nei loro sforzi per diventare perfetti cristiani, pensando di riscattarsi nella vita successiva. Fu una delle prime manipolazioni che, nel corso dei secoli, avrebbero stravolto e falsato il Messaggio originale di Gesù.
(6) Comunità spirituale gnostico-ascetica giudaica (II secolo a.C./73 d.C.). Malgrado i critici cattolici (che si ritengono i soli depositari del messaggio di Gesù e gli unici detentori del copyright evangelico) rifiutino da sempre questa teoria, è evidente che Gesù fosse un Esseno o che comunque avesse assorbito molto dalla spiritualità di questi meditativi; pare che Egli avesse trascorso un lungo periodo, tra i dodici e i trent’anni, presso le comunità essenite.
BIBLIOGRAFIA
“Saman Suttam, il Canone del Jainismo, la più antica Dottrina della Nonviolenza” a cura di Claudia Pastorino e Claudio Lamparelli (Collana Uomini e Religioni – Arnoldo Mondadori Editore) –
“Religion and philosophy of the Jainas” Virchand Gandhi (Editore Nagin J. Shah)
“La centratura del tao” Claudia Pastorino (Edizioni Clandestine)
“La non violenza nella cultura indiana dai Veda a Gandhi” Maria Luisa Tornotti (Cittadella Editore)
“Il Giainismo” Carlo Della Casa (Bollati Boringhieri Editore)
Ringrazio Sergio Revoyera Bovini per l’aiuto nel reperire alcune delle fonti.
[claudia pastorino]