Mangio poco, vivrò 120 anni
6 novembre 2006Le 1.800 calorie che il 43enne Julian Dibbell ha consumato per due mesi, tutti i giorni, sono definite «pericolosamente insufficienti» dagli scienziati del governo Usa che per un maschio della sua età raccomandano una dieta quotidiana tra le 2.500 e le 3.000 calorie. Eppure dopo questa breve e massacrante dieta ipocalorica il giornalista newyorchese ha perso la bellezza di 10 chili, tornando a pesarne 71, come ai tempi del liceo.CAVIA — Dibbell racconta la sua esperienza in un lungo articolo di copertina sull’ultimo numero del settimanale New York dedicato alla cosiddetta «Calorie Restriction Diet» o Cr. «La dieta che pone fine a tutte le diete», la descrive il reporter che si è offerto come cavia per testare il regime alimentare che sta conquistando l’obesa America, contagiando star di Hollywood, uomini d’affari e ricche signore di mezza età. La premessa della Cr, come spiega il sito ufficiale dell’organizzazione non profit Calorie Restriction Society (www.calorierestriction.org) è che «meno uno mangia e più a lungo vivrà». La tesi non è certo nuova. In esperimenti di laboratorio condotti negli anni Trenta, era già emerso come le cavie (sic!) sottoposte a diete snervanti vivono il 50% in più rispetto ai roditori ben nutriti. «L’equivalente — teorizzano i sostenitori del trend — di 160 anni e passa di vita umana».
TEST — In successivi test un identico rapporto dieta-longevità è emerso in ragni, vermi, cani. A dimostrare l’applicabilità della tesi agli esseri umani è stato un gruppo di scienziati guidati dal patologo dell’Ucla Roy Walford che nel ’91 si sono auto-esiliati in una enorme bolla di vetro nel deserto dell’Arizona, vivendo per due anni in un ecosistema autosufficiente che produceva il minimo indispensabile per sopravvivere. Il risultato, raccontato nel bestseller di Walford «Beyond the 120-Year Diet: How to Double Your Vital Years», è clamoroso. «Tutti i componenti della squadra alla fine sono emersi molto più sani e forti di quando sono entrati», dimostra lo scienziato, cartelle cliniche alla mano. Come si spiega? Secondo alcuni è la minaccia della fame a scatenare meccanismi d’auto-conservazione negli animali, uomo incluso. Altri avanzano la cosiddetta «ipotesi del chilometraggio», secondo cui meno benzina significa minor strada da percorrere e quindi durata e performance maggiori per la «macchina cellulare». Quale differenza con l’anoressia? «L’anoressia è un lento suicidio, noi vogliamo vivere il meglio e più a lungo possibile. Studiamo il modo di concentrare molto nutrimento in poche calorie». Mai vantaggi sono anche altri. Una volta superati i lancinanti ed inestinguibili morsi della fame, la dieta ipocalorica migliorerebbe in maniera esponenziale anche la libido dei suoi adepti. Un effetto «miracoloso » perorato dai numerosi aficionados del movimento cr che da anni ne seguono i dettami: diete onnivore, ricchissime in vitamine e proteine ma povere di grassi e calorie, dove zuccheri e carboidrati sono quasi del tutto banditi.
SESSO — «Il sesso per me e Michael non è mai stato tanto intenso», giurano April Smith, sindacalista di Filadelfia e il suo boyfriend canadese Michael Rae, assistente di Aubrey de Grey, direttore degli studi sull’invecchiamento alla Cambridge University, considerato il vero guru del movimento. «Dopo anni di massacrante dieta ipocalorica — spiega la coppia — non abbiamo il colesterolo alle stelle né il sistema endocrino a pezzi che smorzano la vita sessuale dei nostri coetanei di mezza età». Ma non tutti se la sentono di abbracciare per sempre questo stile di vita monastico. «Finito l’articolo, io stesso sono stato felice di ripristinare la mia tradizionale dieta ipercalorica», confessa Julian Dibbell, che ha festeggiato il rientro ai piaceri della tavola con un gigantesco hamburger, formaggi misti, svariati Cuba Libre e un enorme gelato al cioccolato.
[da il corriere della sera, 30 ottobre 2006]